Umiliazione nell’educazione: lettera aperta al ministro Valditara
Caro ministro Valditara,
è una settimana speciale per la classe che seguo da tre anni: è la settimana delle giornate di sospensione dalle attività didattiche di cinque studentesse che una decina di giorni fa si sono rese protagoniste di gravi comportamenti scorretti in un’ora di lezione.
Il provvedimento disciplinare, come da regolamento di istituto, è la logica conseguenza di azioni che le alunne hanno riconosciuto come comportamenti pericolosi e scorretti durante una lunga e approfondita riflessione avvenuta in classe e con le rispettive famiglie.
Ogni provvedimento disciplinare deve avere finalità educativa, così il consiglio di classe per questa occasione ha stabilito – seguendo il principio di gradualità – che ciascuna delle ragazze dovesse trascorrere un giorno di sospensione dalle attività didattiche in presenza, approfittando dello stop per realizzare un lavoro extra scolastico da presentare all’intera classe al rientro con la finalità di insegnare qualcosa di nuovo a tutti, insegnanti inclusi.
Questa giornata comminata come sanzione avrebbe potuto trasformarsi in una semplice giornata di vacanza autorizzata. Invece le alunne protagoniste, accompagnate da scuola e famiglia, sono state messe nella condizione di riabilitarsi agli occhi degli altri compagni, delle famiglie, dei docenti, ma soprattutto agli occhi di loro stesse.
Una piccola esperienza di “riparazione del danno” nella quale gli adulti, insegnanti e genitori, hanno realizzato concretamente il principio di alleanza scuola-famiglia, rendendo possibile il processo di crescita di cinque ragazzine che hanno commesso degli errori.
Mentre nella mia esperienza concreta di scuola accade questo, nella stessa settimana è balzata agli onori della cronaca la Sua affermazione, in qualità di Ministro dell’Istruzione e del Merito, circa il valore dei “lavori socialmente utili” ma soprattutto del “valore educativo dell’esperienza dell’umiliazione”.
Venerdì, ultimo giorno di questa settimana tutta in salita, subito dopo aver assistito alla realizzazione del terzo dei “lavori” prodotti dalle studentesse, ho chiesto alla classe di guardare insieme il video in cui il Ministro esalta il valore dell’umiliazione. Ho lasciato ascoltare il discorso senza introdurlo e senza commentarlo. Parlava di loro ed è giusto che i ragazzi esprimano le proprie opinioni circa ciò che riguarda la loro vita, mi sono detta.
Inizialmente i ragazzi e le ragazze erano molto incuriositi e positivamente colpiti dalle parole del Ministro, poi, quando hanno ascoltato il passaggio sull’umiliazione, hanno iniziato ad avere reazioni.
«Prof, ma è uno scherzo?»
«Chi è questo che sta parlando e dice queste cose?»
Li ho calmati e ho chiesto loro di provare a dare ordine alle idee e riflessioni che questo discorso aveva generato. Ha preso la parola una delle ragazze più vivaci, nonché protagonista dell’azione che ha determinato il provvedimento disciplinare.
T. con estrema lucidità mi ha detto: «Se lei e il consiglio di classe ci aveste umiliato, io dopo la sospensione non solo avrei rifatto quello per cui ho ricevuto la sospensione, ma le garantisco che, ferita, avrei fatto molto peggio, forse cento volte di più. Invece voi professori non avete fatto questo, ci avete messo nelle condizioni di capire che avevamo esagerato e non avete mai offeso la nostra dignità di persone, anzi ci avete consentito di fare una cosa bella per noi e gli altri, sentendoci così importanti nonostante l’errore.»
Io credo che la riflessione di cui si è fatta portavoce T. sia una meravigliosa testimonianza di quanto la parola “umiliazione” debba essere lontana dai processi educativi anche e soprattutto da quelli più complessi, poiché di solito i comportamenti aggressivi, dirompenti, lesivi e pericolosi si originano proprio in contesti umilianti.
Dunque l’umiliazione non può essere una soluzione a ciò che essa stessa genera. Non può esserlo e non lo è.
Caro ministro Valditara, la prego di perdonarci se con umiltà, ma profonda convinzione, le diciamo che su questo tema dovrà rivedere la sua posizione, riparando il danno provocato e la certa “bocciatura” da parte dell’intero mondo scolastico che lei stesso dirige.
Lucia Suriano
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Lucia Suriano è docente nella scuola secondaria di primo grado. Ha iniziato a ricercare e sperimentare modalità e strumenti che realizzino il vantaggio dell’Educare alla felicità (in ambito educativo scolastico). Ribalta stereotipi e falsi miti educativi per una scuola capace di includere realmente tutti partendo dalla potenza della fragilità. Per edizioni la meridiana è autrice di Educare alla felicità. Nuovi paradigmi per una scuola più felice (2016) e Lasciarsi ribaltare. La Scuola è aperta a tutti (2020).
Immagine: Francis bacon in turbulence di Leo Wijnhoven (2020)