Tra didattica a distanza e meringhe: un’opportunità per la scuola
Quanto sono belle le meringhe, ci avete mai fatto caso? Pochissimi ingredienti, albumi e zucchero a velo, danno vita a piccole o grandi meraviglie dalle indiscutibili caratteristiche: candidamente lucide, leggere come nuvole, tocco di classe decorativo indiscusso in pasticceria.
Avete mai provato a farle? In tutti i ricettari vengono considerate preparazione “facile”, ma solo quando ti cimenti nella loro produzione scopri che non è affatto così: montare i due ingredienti fino a raggiungere la giusta consistenza è sfiancante, ti richiede una forza muscolare e una resistenza da guinness dei primati – sia che lavori a mano, sia che ti lasci aiutare da uno sbattitore elettrico – senza mai fermarti e soprattutto senza mai cambiare verso, altrimenti il composto impazzisce.
Una volta raggiunto il faticoso traguardo del vedere una soffice nuvola bianca è il momento di infornare e anche lì, apparentemente, la cosa è facile, poi scopri che le delicate prelibatezze zuccherose hanno bisogno di cuocersi lentamente: due ore a temperatura non elevata, altrimenti si bruciano, si spaccano e tutta la fatica fatta per prepararle va letteralmente in fumo. Dunque un dolce facile facile per mani esperte o per persone che da tempo e non con pochi fallimenti si sono, con audacia, cimentati nel realizzarle. Ma un dolce dalle mille insidie per chi (lo ammetto: come me) in pasticceria non è neanche al livello principiante. Eppure, avete presente la soddisfazione di vedere lentamente le vostre belle meringhe prendere la giusta forma e colorazione, dopo la fatica e la paziente attesa?
Dalla didattica di classe alla didattica a distanza
In questo tempo di quarantena in cui la scuola ha dovuto cambiare modalità operativa, passando dalla didattica in classe alla didattica a distanza, è un po’ come se noi tutti operatori della più capillare agenzia educativa del nostro Paese, fossimo stati trasferiti in pasticceria e chiamati a cimentarci con la produzione di meringhe.
Insomma: la didattica a distanza è una gran bella meringa! Occorrono ingredienti apparentemente semplici, eppure che fatica realizzarla. Il risultato non è immediatamente garantito, anzi è garantito solo dopo essere passati attraverso la frustrazione dell’errore, lo sconforto del non essere capace, del sentirsi soli nella realizzazione di un qualcosa che, improvvisamente, da decorazione diventa fulcro.
“Tutti i nodi vengono al pettine” mi ha scritto un’amica e collega molto cara qualche giorno fa, mentre provavamo a raccontarci il nostro stato d’animo, la nostra fragilità in questo tempo nuovo in cui, invece di fermarci come ci impone l’emergenza sanitaria, sembra quasi che ci sia stata un’improvvisa accelerazione del fare, ma senza che quel fare sia stato riempito di senso. Un fare improvvisato che nei primi giorni di emergenza era giustificato, ma che, oggi che l’emergenza si è fatta nuova quotidianità, non può non essere supportato da una riflessione seria, ricca di senso e che sia capace di andare oltre gli stessi nodi che inevitabilmente stanno venendo fuori.
L’opportunità di far fiorire l’umano
L’irrazionalità nel fare è come il mescolare gli albumi al contrario facendo impazzire il composto. Andare avanti, andare avanti senza riempire di senso ciò che stiamo facendo, ci fa correre il rischio di non trovare proprio niente quando torneremo in classe. Per questo è importante far emergere lo scopo, oggi più che mai deve contare il fine. Non si tratta di ingozzare di informazioni, non si tratta di andare in overdose tecnologica, per dimostrare che siamo i più bravi. È il tempo di chiedersi se stiamo mettendo “vino nuovo in otri vecchi o vino d’annata e antico in otri nuovi”.
È grande l’opportunità di far fiorire l’umano nella sua specificità, perché, come diceva Becker, “l’essere umano infatti è l’animale che crea senso”. Perciò, se non facciamo questo, tradiamo la nostra natura impedendo ai nostri figli di avere un futuro. Il presente è pesante ed è in questo presente che dobbiamo andare in profondità a cercare i valori per cui vale sempre vivere.
La didattica a distanza non è un male, il male sta nel non cogliere l’occasione di evolverci non tecnologicamente, ma come uomini e donne, qualunque ruolo sociale occupiamo: che siamo insegnanti, dirigenti, genitori, operai, medici, infermieri o netturbini.
La scuola non è solo la fabbrica del sapere; la didattica a distanza è una meringa, cioè una decorazione bella, buona e utile, ma comunque una decorazione, e per questo bisogna ora più che mai non reinventare la didattica, ma reinventare l’umano per l’umano.
Possiamo uscire dalla logica del produrre per entrare nella logica dello stare per andare in profondità, grandi e bambini, nessuno escluso. Allora, il genitore che chiede più compiti forse dovrà fare i conti con la sua genitorialità senza delegarla ad altri; gli insegnanti più rigidi e smaniosi di produrre dovranno fermarsi e scoprire che non insegnano senza entrare in relazione empatica con i loro studenti e con le famiglie; i dirigenti impareranno che la leadership non è uno scherzo, che bisogna allenarsi a guidare gruppi piccoli e grandi, creando relazioni vere, giorno per giorno, non semplicemente col fine di essere giudicati ma per saper creare valore in qualunque situazione si troveranno a lavorare. Gli alunni grandi e piccini, infine, scopriranno che per imparare bisogna desiderare.
Svuotare, non riempire, per essere leggeri come l’uccello che vola
Desiderare: forse dobbiamo tornare tutti a sentire la mancanza. Svuotare, non riempire, stare leggeri come una meringa, non farne una scorpacciata col risultato di sentirsi più pesanti che dopo un pranzo luculliano. Paul Valéry diceva: “Si deve essere leggeri come l’uccello che vola, e non come la piuma”.
La tempesta è arrivata non solo per stravolgere le nostre abitudini, ma per darci la possibilità di ripartire domani più consapevoli che la scuola ha bisogno di mettere a sistema non solo tecniche e mezzi, ma un nuovo modo di stare in relazione, antico eppure nuovo.
In un tempo in cui tutto si è inceppato non lasciamo inceppare l’umano.
a cura di Lucia Suriano
Lucia Suriano è docente nella scuola secondaria di primo grado. Ha iniziato a ricercare e sperimentare modalità e strumenti che realizzino il vantaggio dell’Educare alla felicità (in ambito educativo scolastico). Ribalta stereotipi e falsi miti educativi per una scuola capace di includere realmente tutti partendo dalla potenza della fragilità. Nel suo ultimo libro, “Lasciarsi ribaltare. La Scuola è aperta a tutti” (edizioni la meridiana, 2020), racconta di una scuola diversa, dove la logica dell’in cattedra incontra la logica del corridoio per farsi davvero inclusiva di tutti gli studenti.
Sul legame tra educazione e umano, ti consigliamo “Educare alla meraviglia. Reinventare la Scuola, reinventare l’umano” di Matthew Fox (edizioni la meridiana, 2017).