Il Covid è. La testimonianza di Giovanna Degni, infermiera, sul Covid-19
Covid è un ospite scomodo, un mostro che si impone. Dipende poi come decide di farti visita e da come e quanto decide di distruggerti, oppure di darti una lezione.
Non importa chi tu sia, puoi essere un meccanico, un medico, un infermiere, operaio, puoi essere di colore, puoi essere uno qualunque: lui vaga, cammina tra la folla, non osserva, non comprende, ti sbatte addosso senza domandarti scusa. Non ascolta.
Può decidere di levarti il fiato, o semplicemente di accarezzarti l’anima per spaventarti.
E ti ritrovi sola in letto d’ospedale con tubi e macchinari appiccicati addosso, o ore, giorni in simbiosi con il letto o il divano, un saturimetro al dito, il vomito, i dolori ovunque… e la paura!
Ti curano il corpo, ma non la psiche. E quando decide di andare via da te, per provare un altro corpo, resti lì basita, smarrita, vorresti ricevere comprensione, tempo… ma tutto questo non c’è.
Gli effetti del Covid sul corpo si curano con la chimica e, per qualcuno che ci crede, associando rimedi naturali, perché il Covid ti leva le forze, ti disattiva i polmoni, ti fa perdere peso, ti toglie la bellezza dell’assaporare cibi e profumi.
Colpisce parti di te e della tua carcassa. Del tuo profondo, dell’anima. Non si presenta, non chiede permesso. Il mostro ti destabilizza, perché non sai mai come decida di svilupparsi dentro di te, cosa farne di te. Ma nessuno, se non pochi, bada all’effetto psicologico, al trauma che ne deriva. Ti devi aiutare da solo. Qualsiasi percorso abbia deciso di donarti il Covid, sei da solo, devi risolverti le tue paure, il tuo trauma. Da solo.
Sì, perché quando passa tutto e torni ad essere negativo, per il mondo sei abile e arruolato. Ma, in realtà, non funziona proprio così. Il Covid ti mette le spalle al muro e ti ritrovi tu, con te stesso, ad affrontare paura, demoni, riflessioni. Tu e il Covid, in una stretta relazione. Il Covid ti mostra, anche, da chi sei circondato, e non è un gran bello spettacolo. Il Covid ti leva il sonno, ti leva le forze, ti annienta la mente, ti colpisce gli occhi, forse per aprirteli o difenderti?
Occorre supporto: c’è chi è più fortunato e lo ha, chi lo è meno e si trova, solo, a cercare soluzioni per uscire dalla paura e dal panico. Sì, perché il panico inizia quando ti comunicano che sei positivo.
Il Covid ti trasforma, è inutile negarlo. T’impone di ammettere le tue debolezze, di buttarle fuori. Inutile fare gli eroi per la paura di essere giudicati. Rabbia compresa, senza filtri. Si esaspera tutto, ma è tutto anche più nitido.
Poi pensi però a quanto si è stati fortunati, a sopravvivere a un virus killer: sai che avrebbe potuto ucciderti ma con te è stato magnanimo. Un maestro severo, che ti fa fare i compiti in classe, ti mette alla prova e ti mostra gli ostacoli da superare.
Cerchi di trasformare la consapevolezza in forza, la speranza in arma. Rivedi tutto, quando hai il Covid in corpo. Ma resta, sempre, che se il corpo lo curi, la psiche rimane sempre un passo indietro. Non siamo solo corpo, siamo corpo, mente e spirito.
Cerchi di aprirti, di spiegare che le gambe non vanno e l’astenia incombe, che il fiato ancora è un po’ corto, che ti riempi di farmaci, che pensi e ripensi a come vieni trattato dal mondo circostante che non crede, perché ti vedono in piedi, perché sorridi e, allora, va tutto bene. Ma non va tutto bene.
Eppure della psiche nessuno se ne occupa: devi essere forte, non devi mostrare disagio, debolezza, né difendere la tua situazione, il tuo corpo, la tua mente. Perché altrimenti sei un lamentoso, e quindi devi stare sul pezzo.
Il Covid è una corsa ad ostacoli, fatta di sensi di colpa, perché se ti ammali tu, lo regali alla famiglia, il virus; padri, madri, paure da superare, muri che ti osservano, mentre nella foresta dei tuoi pensieri c’è il terrore.
Sono diventata grande a furia di calci e sberle, donatemi da chi ha voluto farmi male. Come il Covid, un mostro invisibile che ci ha provato, a farmi male, ringrazio anche i maestri “cattivi”. Peccato però che nessuno ti prepari al tuo dolore, al tuo disagio, a gestire la paura, a contenere gli attacchi emotivi, rabbia compresa, ma tutti ti insegnino che devi essere forte. Non devi cedere e, se soffri, devi tacere e dare. Tanto nessuno si occupa di te, del tuo vissuto e di quanto il mostro acutizzi i tuoi fardelli. A volte penso sia meglio vivere nell’ignoranza.
Il Covid ti annienta tutto, che tu sia con una CPAP o in casa, in attesa dello svolgersi degli eventi, senza un supporto, solo con te stesso.
Vince chi non prova, è credibile solo chi è stato in ospedale, mentre chi è in piedi e cerca aiuto viene messo alla gogna. La mente va a chi è morto di Covid, agli amici, a chi il tubo lo ha provato. E quando ti comunicano che sei positiva, piangi, perché temi il peggio e a nessuno importa.
Ti dicono “passerà”. Ti dicono “stai tranquilla”. Mentre tu ti senti abbandonata. Ti senti fragile anche se in ospedale non ci sei finita… Ma vorresti ascolto perché il Covid è anche un po’ la goccia che fa traboccare il vaso del vissuto personale. Mille pensieri ti passano per la testa, mentre lì fuori c’è chi cerca di gestire il tuo rientro in società, come un robot senza anima, senza nulla, senza quel pizzico di pazienza e umanità.
E a volte pensi che gettarti da un ponte sia la miglior scelta.
Ho mostrato la mia debolezza in questa situazione perché, dopo anni di tenuta su tutto, ho lasciato andare ciò che tenevo imprigionato. Perché non è giusto dire che andrà sempre tutto bene; no, non siamo nati per fare tutto, gestire tutto, ognuno ha il proprio sentire, il proprio vissuto, c’è chi è più forte in un campo e chi meno, e le emergenze insegnano anche a mostrare le debolezze.
Il Covid mi ha lasciato un’astenia che non conoscevo, ma nessuno ci crede e, se mostri debolezza, sei segnato nel libro nero; se decidi che devi prenderti cura di te, sei un mostro, da mettere in un angolo.
Il Covid ti distrugge in primis la psiche. Ricostruirla richiede tempo, attenzioni, e soprattutto ascolto. Siamo un’umanità di senza.
Giovanna Degni
Giovanna Degni è infermiera. La sua testimonianza come personale sanitario impegnato in prima linea nell’emergenza causata dal Covid-19 è tra quelle presenti nel libro “Il guaritore infetto. La cura ai tempi del coronavirus” di Nadia Muscialini.
Immagine: Reminiscenza archeologica dell’Angelus di Millet di Salvador Dalì (1935)