Scuole all’aperto: soddisfare il bisogno di natura dei bambini con l’outdoor education
Immaginate se la scuola riaprisse a settembre cambiando completamente paradigma e facendo un passo “fuori dalla porta” (out-door), per scongiurare definitivamente l’appiattimento sullo schermo della didattica dell’emergenza.
Sappiamo che i bisogni relazionali, emotivi e di conoscenza dei nostri ragazzi non trovano più risposte in un modello di scuola vecchio di tre secoli. E quello che ci sta mostrando la didattica a distanza è che la scuola non può essere solo trasmissione passiva dei saperi, nozionismo e voti sulla pagella. Per non parlare dell’acuirsi delle disuguaglianze sociali ed economiche che crea tra gli alunni.
Il “deficit di natura”
Come spiega il maestro Paolo Mai, fondatore de L’Asilo nel Bosco di Ostia, le caratteristiche di una scuola che non funziona sono evidenti a tutti: lezioni frontali, voti, spazi educativi poco stimolanti, un rapporto educatore/bambino di uno a venticinque, suddivisioni in materie del sapere, programma rigido, poco spazio al movimento e poco tempo per giocare, ritmi stressanti, poca comunicazione e collaborazione tra famiglie e docenti, egemonia di alcune discipline.
D’altronde la scuola tradizionale cura nei minimi dettagli un’educazione claustrofobica perdendo di vista quanto l’ambiente esterno (da quello appena fuori dall’aula a quello intorno alla scuola) potrebbe offrire a tutti i campi d’esperienza, sia per la scuola dell’infanzia che per la primaria.
Nello stesso tempo va ricordato il “deficit di natura” evidenziato da Richard Louv[1], ovvero una progressiva alienazione dalla natura perché i bambini si trovano a non poter manifestare la loro naturale vivacità. Questo porta tra le altre cose disamore nei confronti dell’ambiente, un minore utilizzo dei sensi e un maggior tasso di malattie fisiche ed emotive.
Senza andare lontano, nelle Indicazioni Nazionali per la Scuola dell’Infanzia e per il Primo Ciclo di Istruzione del 2012 si legge:
“Acquisire competenze significa giocare, muoversi, manipolare, curiosare, domandare, imparare a riflettere sull’esperienza attraverso l’esplorazione, l’osservazione e il confronto tra proprietà, quantità, caratteristiche, fatti.”
Cosa meglio del parco giochi della natura può soddisfare questi bisogni?
Scuole all’aperto: le proposte per soddisfare il bisogno di natura dei bambini
La buona notizia è che sono tante le proposte di scuola già collaudate e sperimentate, anche in risposta ai problemi infettivi diffusisi all’inizio del ‘900 come le “open air school” nel Regno Unito, o “école de pleinair” in Francia, che si potrebbero attuare da settembre garantendo il distanziamento fisico.
Infatti, l’idea del fare scuola in out-door è convinzione che s’intreccia da tempo con l’evoluzione del pensiero pedagogico. Ne sono testimonianza le scuole all’aperto froebeliane, le esperienze e le riflessioni delle sorelle Agazzi e di Maria Montessori, le testimonianze di scuola di Mario Lodi, Loris Malaguzzi e Lorenzo Milani. Cito solo alcune delle esperienze italiane già in atto da diversi anni:
- La rete delle scuole all’aperto
- L’Asilo nel Bosco
- Scuole Montessori
- Scuole Reggio Children
- Scuole Waldorf
Stiamo parlando di una scuola che valorizzi al massimo le opportunità di star fuori con l’outdoor education (OE). Ovvero, concepire l’ambiente esterno in sé come luogo di formazione (Roberto Farnè, 2014), uno spazio suggestivo privilegiato di esperienze formative, a partire da quello più prossimo: il giardino della scuola o il suo cortile. Questo non significa stare solo all’aperto, ma innescare dei processi di formazione veri e propri.
Molteplici ricerche confermano i benefici dell’OE:
- dal punto di vista socio-relazionale l’attività all’aperto procura benessere, perché allevia lo stress, rasserena, diminuisce la disposizione al conflitto e stimola lo sviluppo del senso di autonomia e indipendenza dall’adulto, grazie all’aumento di distanza che gli spazi aperti consentono;
- dal punto di vista cognitivo incrementa la concentrazione, l’attenzione spontanea, la riflessione, il ricordo delle conoscenze e il loro transfert;
- dal punto di vista emotivo si evidenzia un migliore sviluppo dell’immaginazione e del senso di meraviglia.
Come evidenzia Anders Szczepanski[2], l’ambiente può avere un effetto profondo sui bambini grazie alla loro maggiore plasticità; infatti, i bambini che hanno un contatto giornaliero con la natura hanno punteggi più elevati nei test di concentrazione e autodisciplina, giocano in modo più variegato, hanno più capacità di linguaggio e collaborazione. L’outdoor education favorisce, inoltre, la riduzione dei comportamenti antisociali e devianti nei contesti scolastici (Wattcho e Brown, 2011).
Fare outdoor education: in quali spazi e in quali forme?
D’altra parte, i dati statistici sulla presenza di aree verdi nei cortili scolastici rispetto al numero di alunni delle scuole italiane sono allarmanti. Nei comuni capoluogo in media ci sono circa 8,5 m2 di verde per alunno. Una cifra che varia tra le diverse aree del Paese a discapito del Sud Italia (circa 6 m2). Questo mette in evidenza un fatto: per rispondere alle esigenze di distanziamento fisico, bisognerà aprire nuove strutture scolastiche rimaste chiuse per il calo demografico, oppure spazi aperti sia pubblici che privati. Ciò significa a sua volta che a settembre le lezioni si sposterebbero in aule didattiche decentrate nel territorio, che diventa esso stesso ambiente educativo: piazze, musei, campi, spiagge e boschi… tutto quello che è possibile raggiungere a piedi oppure in treno. Anche il più sperduto paesello italiano può rivelarsi una grande opportunità per imparare la storia, la geografia e la letteratura direttamente sul territorio.
Va sottolineato che l’educazione all’aperto non esclude le lezioni al chiuso, ma piuttosto amplia l’offerta formativa.
In questa direzione va il documento, firmato nei giorni scorsi da dieci sigle del Terzo settore, con le proposte per chiudere l’anno e riaprirlo a settembre, costruendo una scuola inclusiva. Nel documento, tra le altre cose, si suggerisce la costruzione in modo diffuso di “Reti ad alta intensità educativa” attraverso la piena attuazione dell’autonomia scolastica, riconoscendo la scuola come principale agenzia educativa dei territori con una forte apertura verso l’esterno e stabilendo rapporti con quei soggetti del Terzo settore, come le guide turistiche e ambientali, che già collaborano con gli Istituti. Inoltre, nel documento si propone di stipulare un vero e proprio patto educativo di corresponsabilità in cui gli adulti educatori (insegnanti, cittadini, amministratori, ragazzi delle scuole superiori) si riconoscono nel conseguimento dello stesso obiettivo: creare una scuola grande come il mondo.
Per fare OE, infine, è importante non improvvisare, in modo che i docenti siano pronti a sfruttare al meglio questa opportunità. Pertanto occorre organizzare da subito la formazione, stipulando un accordo con quei soggetti che hanno già avviato questo tipo di sperimentazione. In Italia sono più di 150 le realtà di educazione in natura già avviate e che potrebbero offrire un contributo in tal senso.
Il ritorno alla natura con le scuole all’aperto: una necessità fondamentale per il futuro
Qualunque scelta il Comitato di esperti del Ministero dell’Istruzione valuterà per il ritorno a scuola degli studenti, una cosa emerge in maniera chiara: il ritorno dei bambini alla natura è fondamentale per la costruzione del nuovo abitante della Terra, cioè una persona consapevole, in grado di prendere in mano la propria vita e di gestirla secondo il proprio talento; una persona più equilibrata, curiosa e con maggiori capacità empatiche e di risolvere problemi.
Questo cambiamento sarà possibile solo se il bambino avrà chiaro di far parte di una comunità, di essere in prima persona responsabile persino dei delicati equilibri del pianeta e che il proprio impegno sia necessario per la sua stessa sopravvivenza. E l’outdoor education, che mette al centro la relazione tra uomo, ambiente e gli altri esseri viventi, potrebbe essere l’orientamento pedagogico per rinsaldare il legame atavico tra uomo e natura.
a cura di Ilaria D’Aprile
[1] Cfr. Louv R., L’ultimo bambino nei boschi: salvare i nostri figli dal disturbo da carenza di natura, Rizzoli, 2006.
[2] Szczepanski A., Outdoor Education. Authentic Learning in the Context of Urbanand Rural Landscape, 2006.
Ilaria D’Aprile, laureata in Scienze Forestali e Ambientali presso l’Università di Bari e con Master in Educazione Ambientale per la promozione di uno sviluppo sostenibile presso l’Università di Bologna, è presidente di ESSERE TERRA ed esperta in educazione alla sostenibilità. Realizza progetti di formazione per insegnanti e studenti curiosi.
Con edizioni la meridiana ha pubblicato “Abbecedario verde. Salvare la Terra partendo dalla scuola” (2011) e, sul tema dell’Outdoor Education, “Apprendere con gioia. Outdoor Education nei cortili scolastici” (2020).
Immagine: La foto è tratta da una raccolta di esempi di scuole all’aperto, diffuse nei primi decenni del ‘900 nel Nord Europa per scongiurare la diffusione dell’epidemia di tubercolosi. Per saperne di più clicca qui.