Ritrovare il contatto con la natura a partire dalla scuola
In tempi non lontani gli effetti nocivi degli interventi dell’uomo sull’ambiente erano prevedibili, perché limitati nel tempo e nello spazio, mentre oggi con la globalizzazione le conseguenze sono tanto remote da essere difficilmente controllabili in termini previsionali dalla mente umana.
Non riusciamo a percepire la minaccia del caos climatico, per esempio, perché, pur essendo consapevoli che fenomeni estremi potranno accadere, non ne realizziamo la misura e le conseguenze. Per questo è importante maturare, come spiega Jones[1], la consapevolezza che agire sia indispensabile a non pregiudicare l’esistenza presente – e di chi ancora non è nato – e che questa responsabilità non ricade solo su scienziati, politici e tecnici, ma riguarda tutti i soggetti. Come a dire che per garantire un futuro ai bambini di oggi su questo pianeta dobbiamo fare in modo che la transazione ecologica non sia un semplice passaggio a tecnologie innovative, ma la costruzione di nuova consapevolezza.
Dobbiamo organizzarci per ritrovare il contatto con la natura e mettere in campo quelle trasformazioni culturali profonde e condivise dalla gran parte della popolazione che consentano di costruire una comunità in transizione, capace cioè di affrontare con coraggio e resilienza le sfide dell’Antropocene.
Per esempio dobbiamo sforzarci di applicare soluzioni che già esistono e sappiamo funzionare, come i modelli economici alternativi al consumismo, che migliorano la qualità della vita, generando maggiore benessere e felicità per tutti i popoli del mondo, o le produzioni di energie alternative.
Non si tratta di accumulare nuove conoscenze. Come dice da tempo Greta Thunberg: “L’unica cosa che ci resta da fare è svegliarci e cambiare”.
Cambiare a partire dalla scuola
Capire è cambiare. Pertanto, se la scuola è il luogo della costruzione del pensiero critico, è da qui che è necessario partire per ritrovare il nostro contatto atavico con la natura, l’innata biofilia dei bambini, e costruire i nuovi abitanti del pianeta. (Per approfondire i bisogni delle nuove generazioni, leggi: “iGen: chi sono e di cosa hanno bisogno i nuovi bambini e ragazzi di oggi?“)
Sappiamo che ciò che avvicina gli individui alla propria naturalità – riuscendo a farli sentire simpaticamente simili alla natura e quindi suoi amici – è proprio il contatto diretto e intimo con l’ambiente che ci sta intorno; un contatto che rende possibile un incontro profondo e commosso con il tutto, dove il sé non si sente più limitato a parte del tutto, né limitante per la natura, ma può avvertire la propria unità con ciò che lo circonda, restituirne la bellezza e partecipare alla meravigliosa esperienza della res cogitans e res extensa riunite nella sintesi.
La scuola: il luogo ideale per ritrovare il contatto con la natura
D’altronde per i bambini l’amicizia con la natura è cosa innata. Eppure crescendo l’adultizzazione interviene a rompere l’equilibrio e tiene separati la mente dal corpo, il corpo dalla terra. Richard Louv[2] parla di “deficit di natura”, una progressiva alienazione dalla natura che conduce, tra le altre cose, disamore nei confronti dell’ambiente, minore utilizzo dei sensi e maggior tasso di malattie fisiche ed emotive.
La scuola, che dovrebbe operare per compensazione, vive oggi la grande opportunità di promuovere un cambiamento nella società restituendo la natura ai bambini. Per far questo ovviamente non bastano le poche ore di Educazione Civica introdotte di recente dal Ministero dell’Istruzione, e non sono sufficienti neppure alcuni incontri episodici di educazione ambientale nelle scuole, le poche uscite didattiche durante l’anno o qualche pomeriggio trascorso all’aria aperta.
È necessario attuare proposte coraggiose, in cui l’immersione nella natura, selvatica o meno, sia il fondamento di un’esperienza pedagogica che pone al centro il bambino, le sue competenze, e mantenga intatta la sua capacità di incuriosirsi, esplorare, meravigliarsi e vivere sempre nuove avventure. Ed è un’immersione necessaria anche per gli adulti: solo da esperienze autentiche possono nascere motivazioni forti per cambiare le cose.
In natura facciamo esperienza dell’aria, dell’acqua, del suolo, degli animali e delle persone intorno; scopriamo nuovamente di avere un corpo e che corpo e terra sono la nostra casa. L’outdoor education, che mette al centro la relazione tra uomo, ambiente e gli altri esseri viventi, potrebbe essere l’orientamento pedagogico per sentirsi finalmente a casa.
a cura di Ilaria D’Aprile
[1] Jones, 1990.
[2] Louv, L’ultimo bambino nei boschi, Rizzoli, Milano, 2006.
APPRENDERE CON GIOIA
Outdoor education nei cortili scolastici
di Ilaria D’Aprile
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Ilaria D’Aprile, laureata in Scienze Forestali e Ambientali presso l’Università di Bari e con Master in Educazione Ambientale per la promozione di uno sviluppo sostenibile presso l’Università di Bologna, è presidente di ESSERE TERRA ed esperta in educazione alla sostenibilità. Realizza progetti di formazione per insegnanti e studenti curiosi.
Con edizioni la meridiana, sui temi dell’educazione ambientale, ha pubblicato anche “Abbecedario verde. Salvare la Terra partendo dalla scuola” (2011).
Immagine: di Annie Spratt su Unsplash.