Ricominciare ad educare ai tempi del Coronavirus
Paura, preoccupazione, disorientamento, confusione, ansia, angoscia, panico. Una catena di sentimenti sta attraversando la specie umana. Quella specie che grazie al timore del pericolo si salva. Ora la gente è frastornata da una paura che può divenire “epidemia di a-relazionalità” poiché il Covid19, invisibile agli occhi, sta divenendo l’emblema della fragilità del genere umano.
Aver paura del nuovo virus è doveroso poiché è un nemico che non conosciamo come si comporti. Subdolo e potente entra nei nostri corpi, vi si insinua e ci infetta. Alcuni soccombono. Lui, trionfante, continua a diffondersi a modo suo e con sue strategie di sopravvivenza gira per tutto il mondo.
Entrare nel panico o negare la gravità della situazione è segnale dell’immaturità umana. Dobbiamo unirci compatti per difenderci dalla sua invasione. Dobbiamo rinunciare ai nostri piccoli egoismi per farvi fronte. Dobbiamo cambiare abitudini per contenerne i danni. Soltanto il gregge potrà infatti contenerne i danni, ma dobbiamo divenire gregge compatto!
Un’umanità slegata
Ma Covid19 trova un’umanità slegata, poco incline al sacrificio, convinta che ogni individuo possa agire come gli pare e piace. Così molti, troppi, fanno finta che non stia avanzando e diffondendosi. Negano cioè la realtà. Cosa che magari fanno normalmente, ma che in questo momento mette tutti in grave pericolo. L’emergenza sanitaria, sociale e psicologica dunque è necessaria per aiutare a capire chi non vuole e non può capire che il comportamento che ci è richiesto va a favore di tutti. Dobbiamo sacrificarci per l’Altro. Chi sarà in grado di fare questo passaggio, questa trasformazione, questa rivoluzione sentirà calmata nel suo animo la paura che deriva dall’impotenza verso il Covid19. Troverà allora la strada che potrà mettere in salvo la sua e molte altre vite.
È necessario rimanere accanto all’Altro in modi nuovi, per non farlo precipitare nella paura che porta a comportamenti disfunzionali. Di fronte alla paura si risponde con la vicinanza. Non quella fisica, ma quella emotiva.
Bisogna rinunciare ai propri desideri in nome del benessere altrui. Di fronte al desiderio si deve saper rinunciare. Anche se fa male o procura del mal stare. Ognuno deve fare la sua parte.
È quindi utile rimanere uniti e compatti contro il virus che ci sta assalendo. Non delegare solo alle strutture sanitarie il compito di salvarci. Oggi dobbiamo collaborare comportandoci come ci viene suggerito.
Obbedire all’autorità è un modo di essere controcorrente. Molti non sono pronti a far proprio il dettame altrui poiché pensano di potersi fare delle regole a proprio uso e consumo.
Di questo dobbiamo ringraziare l’educazione mancata. Potremmo invece usare questo momento di allarme sociale e di assenza della scuola prestazionale per ricominciare ad educare.
Ripartire dai fondamenti dell’educazione per ricominciare ad educare ai tempi del Coronavirus
Non sarà semplice né per i genitori né per i docenti poiché va affrontata l’idea che siamo forti, invincibili, liberi di fare come ci pare e piace.
Bisogna dunque riprendere in mano i fondamenti dell’educazione.
Non sarà una nozione in meno che renderà meno competenti i nostri figli e i nostri allievi. Quelle sono accessibili ai più in molti modi. Sarà invece una grande lezione imparare a stare dentro a delle regole, comprendere come il senso di responsabilità verso l’altro sia necessario per poter vivere e sopravvivere tutti assieme. Credo che se il mondo adulto non saprà compiere questa svolta, dando l’esempio ai giovani, avremo perso un’importante occasione.
Leggere e commentare articoli dove c’è chi va in montagna pur vivendo in zona rossa, chi fugge nottetempo verso il sud pur vivendo in zone ad alto rischio, chi fa il virologo pur non avendone competenza, chi crede di poter dire la sua contro tutti…
Sì, credo che la lezione da impartire è che le regole sono le regole, che il limite è il limite. Analizzando come lo si percepisce, vive e affronta.
Ognuno con i mezzi che ha e che può usare non tanto per impartire “lezioni” quanto per ascoltare turbamenti. La rivoluzione sta nel non dire e nel dare retta.
Cambiare le nostre abitudini: un esercizio creativo
Ben vengano quindi tutte le forme di relazione personale o virtuale che aiutino i bambini ad apprendere dalla realtà attuale questa rivoluzionaria lezione. Potrebbe uscirne una generazione meno centrata su di sé, meno onnipotente ed egocentrica. Piccoli gesti di vicinanza, allora, diventano grandi lezioni. Collegarsi via internet o via posta (esiste ancora) con gli alunni, con i nipoti, in mini-gruppi di ragazzini, dunque, per sollecitare parole che mettano in evidenza come ognuno viva la sua dimensione di paura. Con foto, temi, pensierini, disegni, storie, video che raccontino il momento attuale. Per farsi raccontare come ognuno affronta il Covid19 e la nuova realtà che ci viene proposto di vivere.
Niente baci, niente contatti, niente raduni, ecc.: stanno cambiando le nostre abitudini. Non siamo in attesa di riprenderle. Usiamo questa occasione per modificarne molte, se non tutte. Niente scuola non vuol dire vacanza, vuol dire prepararsi a tornare in modo diverso, almeno consapevoli che non possiamo – nessuno escluso – fare come vogliamo, che non siamo i più potenti esseri del mondo. Dobbiamo difenderci però da “lui” con armi che non conosciamo o che sperimentiamo da molti anni troppo poco.
Oggi dobbiamo condividere la fatica di regolare il tempo in autonomia. Agende svuotate significano riorganizzazione del tempo che non è sospeso, ma è veramente una nuova opportunità per dialogare. Ascoltandoci e ascoltando.
Cerchiamo di inventare nuove connessioni e non andiamo supplendo all’assenza della vita scolastica con “imitazioni di scuola” impossibili e inefficaci. Se fosse possibile questa sostituzione, la scuola davvero non servirebbe.
Bloccati dal Covid19 libereremo forze creative per tornare a dare valore al pensiero e al sentire altrui, ai sentimenti e alle emozioni. Chissà che sia un’occasione per una nuova educazione sentimentale, civica, umanizzante.
a cura di Paola Scalari
Paola Scalari è psicologa, psicoterapeuta, psicosocioanalista ed esercita a Venezia. Docente in Psicoterapia della coppia e della famiglia e supervisore alla Scuola di Specializzazione in Psicoterapia della COIRAG Istituto di Milano e di Tecniche di conduzione del gruppo operativo nella consociata ARIELE Psicoterapia di Brescia. Da anni è consulente, docente, formatore e supervisore di gruppi ed équipe di associazioni, enti ed istituzioni che operano nei settori sanitario, sociale, educativo e scolastico.
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Immagine: Wassily Kandinsky, Composizione VIII