Giornalisti a distanza: una proposta per educare all’informazione interculturale
Questo periodo a casa possiamo trasformarlo in un’occasione preziosa, proponendo ai ragazzi di scuola media alcune attività per educare all’informazione che favoriscono l’apprendimento interculturale.
Ci troviamo in un tempo piatto per quanto riguarda la mobilità reale e altrettanto dinamico in termini di virtuale, che per gli insegnanti, gli educatori, gli stessi genitori, vuol dire: fermarsi insieme agli adolescenti a osservare e raccontare l’attualità e ciò che ci sta succedendo per la prima volta utilizzando linguaggio e strumenti social, ciò che più contraddistingue la quotidianità dei giovani. Il fatto che il coronavirus non distingua culture e frontiere ci consente di confrontare la realtà italiana con quella di uno o più Paesi. A tal proposito, i docenti di lingua straniera possono apportare un grande contributo formativo a questa esperienza didattica. Alla fine del percorso, che sia di una o più lezioni e al di là di come l’insegnante deciderà di impostare il proprio programma a distanza, ci sarà sicuramente più consapevolezza da parte di tutti – alunni, insegnanti, e anche genitori – su come stare al mondo. Parliamo di un mondo che, osservato più da vicino, ci sembrerà essere molto più piccolo di quel che immaginiamo perché ormai è ovunque e ce l’abbiamo in casa, a portata di click.
Fantasia, ingegno e intuizione per sopravvivere alla crisi
La filosofia e la storia ci ricordano spesso che i momenti difficili servono a dare spazio alla fantasia, all’ingegno, all’intuizione, per sopravvivere alla noia e alla tristezza. Così se ci guardiamo intorno, in uno spazio vicino o lontano che sia, ci rendiamo conto di quante risorse abbiamo e di quanto sia bello essere “essere umano” nella varietà dei talenti che riusciamo a mettere in campo e che, a loro volta, mischiandosi e unendosi tra loro creano una miriade di novità.
Si tratta di vere inedite opportunità per riscrivere e ripensare un altro nostro vivere in un’ottica transculturale, dove ogni singola cultura occupa un posto nella risoluzione di un problema, quale può essere appunto un’emergenza globale come questa. Rivestendo un’importante funzione sociale, ogni Paese va a beneficio degli altri – anche dei non connazionali, ovvero di coloro che sono portatori di saperi diversi – per la realizzazione di un bene comune.
Il periodo critico che sta bussando alle porte della nostra anima ce lo sta insegnando ogni giorno: stanno venendo fuori punti deboli e di forza della società globale di cui siamo profondamente intrisi. Nel recente quotidiano stiamo già assistendo a un cambio di direzione “umana”, ma non ce ne stiamo accorgendo. La solidarietà di molti Paesi – nel trasmettere agli altri esperienza e know-how attraverso la professionalità di medici e ricercatori – come la Cina o la stessa Italia nei confronti degli altri Stati europei, oppure altre forme di sostegno e vicinanza da parte di nazioni che non sono pienamente o per nulla colpite dalla pandemia, ne sono una chiara dimostrazione. Fortunatamente questa cooperazione spontanea, non preventivata a tavolino da summit o conferenze internazionali, ha messo a tacere anche il Signor Razzismo. Forse, con il contagio del Covid-19, stiamo capendo proprio tutti che dobbiamo cominciare a parlare esprimendoci in termini di persona e non distinguendoci tramite la nazionalità di provenienza. Almeno per combattere il virus e per le tante sfide che ci attenderanno nel post, questo non è un dato rilevante.
Per il resto, è ora di guidare i giovani – a scuola come a casa e nei luoghi da loro frequentati – affinché siano protagonisti del presente, responsabilizzarli ad un autentico senso civico che non sia solo teoria, ma soprattutto pratica. Greta e il movimento Friday for Future ci hanno ampliamente dimostrato che, ultimamente, laddove non erano arrivati i grandi, i piccoli sono riusciti a fare la differenza dando un vero cambio di rotta. E forse, questa potrebbe essere una seconda occasione da cogliere, seppur nella sua tragicità epocale caratterizzata da un’inesorabile resilienza e in cui la sofferenza dei singoli è diventata dolore collettivo.
Educare all’informazione durante un’emergenza sociale
Partiamo da un esercizio facile facile e di pubblica utilità da svolgere nel proprio piccolo.
Chiediamo ai nostri ragazzi di guardare i siti e i profili social come quelli del governo, ministeri interessati, della regione e/o comune in cui vivono; istituzioni affini tipo ospedali, ASL, quotidiani online, etc.; oppure degli stessi rappresentanti nazionali e/o locali più “mediatici” (es. presidente del Consiglio, presidente della propria regione, sindaco, assessori, medico di famiglia, esperti, giornalisti, personalità credibili conosciute sul web, etc.) per raccogliere documenti, linee guida o altro materiale (video, audio, immagini, etc.) che spieghino le regole e i comportamenti da adottare per prevenire il contagio da coronavirus.
Facciamo verificare se sulle stesse pagine web o su altri portali italiani queste informazioni sono state tradotte anche in altre lingue. Gli studenti faranno dunque una sorta di rassegna stampa delle notizie ufficiali diffuse da chi fa comunicazione istituzionale: potranno così informarsi e scegliere il canale o i canali più efficaci sul tema, indispensabili per restare aggiornati, e fare da tramite per la propria famiglia o gli amici, anche attraverso le chat di gruppo. Una volta tornati tra i banchi di scuola, il tutto potrebbe servire a stilare eventuali “istruzioni per l’uso” per ogni altra evenienza, anche con carattere di urgenza, con l’obiettivo di:
- rendere i ragazzi responsabili del proprio operato come studenti e come cittadini, portavoci di comunicazioni importanti destinate all’opinione pubblica;
- comprendere l’affidabilità delle fonti in modo da smascherare le tante fake news che circolano in rete.
In generale, la didattica di questo laboratorio privilegia la peer education[1]. Ogni alunno infatti apprenderà lavorando secondo lo schema:
singolo (valorizzazione della propria individualità) → gruppo (condivisione delle idee del singolo con i compagni di classe e docente/i di riferimento) → scuola (promozione di quanto realizzato) → collettività (conoscenza messa in rete).
L’unione dei talenti e delle abilità di ciascuno, combinata con un appropriato uso delle varie app, in primis quelle di videoconferenza e/o di creazione di prodotti audiovisivi, ne evidenzierà metodo e risultati.
La proposta per educare all’informazione a distanza
Destinatari:
La proposta si adatta particolarmente alle classi di scuola media (prime, seconde e terze).
Modalità di interazione:
Per la raccolta del materiale abbiamo due possibilità. Assegnare un argomento uguale per tutti (o diverso per ogni studente), oppure lasciare che i ragazzi siano liberi di sceglierlo.
Alcuni esempi di argomenti possono essere:
- Tutte le informazioni che spiegano i comportamenti da adottare (lavare le mani, non toccare bocca, naso, occhi, etc.)
- Cosa fare o non fare in caso di sintomi
- Utilità sui servizi disponibili sul territorio (numeri di telefono per persone anziane, bisognose o con particolari necessità, etc)
- Altri ed eventuali spunti
La fase successiva alla ricerca sarà far creare agli stessi ragazzi degli spot di qualsiasi tipo sul tema prescelto (testi, video, audio, fumetti, disegni, etc.), meglio se multilingue, in modo da rendere il messaggio istituzionale più fruibile e “a misura di giovani, lingue e culture”. Una variante al tema è lavorare anche su altri target di età: bambini e/o anziani, che necessitano un linguaggio ancora più semplificato e diretto, o persone diversamente abili (es. non vedenti, sordomuti, etc.) che potrebbero avere difficoltà a capire e/o reperire le informazioni ufficiali. L’idea di realizzare queste pillole informative multilingue in real-time, visti anche i continui aggiornamenti da parte delle istituzioni, permetterebbe agli studenti:
- di essere presenti in quel network internazionale che ormai, attraverso l’uso dei social, costituisce la loro quotidianità
- di valorizzare le competenze linguistiche coinvolgendo soprattutto i ragazzi bi o tri-lingue per via delle proprie origini
- studiare e imparare mettendosi al servizio della collettività. Il prodotto finale infatti potrebbe poi essere messo sul sito e/o canali social della scuola a disposizione di tutti e condivisibile come buona pratica scolastica e non.
Svolgendo il lavoro da casa, il coinvolgimento dei genitori e/o di altri membri della famiglia, vicini o lontani che siano (le app permettono comunque uno scambio), specie se di altre culture, è davvero prezioso.
Obiettivi:
- Analizzare notizie e messaggi di comunicazione sociale
- Coinvolgere i familiari nell’attività
- Confrontare e accertare la veridicità delle fonti
- Creare materiale di pubblica utilità (testi, audio, video), anche in più lingue
- Educare per un’etica dell’informazione in un’ottica transculturale
- Essere coinvolti nell’attualità
- Facilitare e trasferire agli altri i messaggi istituzionali
- Promuovere la cooperazione
- Raccontare la realtà
- Rafforzare il senso di appartenenza ad una comunità attraverso il contributo dei singoli
- Riflettere sul valore della vita e il concetto di umanità
- Scoprire le fake news
Suggerimenti e creatività:
- Per una rapida ricerca suggeriamo ai ragazzi gli hashtag più popolari tipo: #coronavirus, #iorestoacasa; i docenti di lingua straniera, per esempio, potrebbero indicarne i corrispettivi negli altri Paesi. È possibile che molti studenti li conoscano già, specialmente quelli in italiano. Tuttavia, in entrambi i casi, invitare a trovarne di nuovi in rete sarà per loro un bel gioco. Una variante sul tema da investigare è scegliere qualsiasi altro argomento che approfondisca il vivere in questo particolare momento storico (es. cosa si fa per aiutare i nonni o le persone sole?).
- L’attività sopra esposta di verificare le notizie ufficiali o cercare materiale informativo sulle fonti istituzionali potrebbe essere riproposta dagli insegnanti di lingua straniera per far esplorare le realtà internazionali che interessano la propria materia mettendole a confronto con quella italiana. Iniziare dal contesto Europa è già un buon punto di partenza.
- Benché questo laboratorio sia stato pensato per ragazzi di scuola media, riadattato al target ben si presterebbe anche per studenti di primaria e superiori.
a cura di Silvia Rizzello
[1] La peer education (o educazione tra pari) si riferisce ad attività formative svolte, appunto, tra pari, cioè persone della stessa età, status, livello culturale, ecc.
Silvia Rizzello è giornalista freelance, mediatrice interculturale e docente in didattica dell’italiano per stranieri. Laureata in Scienze della Comunicazione, è ricercatrice per il Centro Studi e Ricerche Idos – Dossier Immigrazione. Ha collaborato e lavora per diversi progetti ed eventi in ambito educativo, ambientale e socio-sanitario sui temi dell’accoglienza e delle diversità culturali. Tra le sue pubblicazioni: “Il Bruco Arlecchina torna in Cina” (Tau Editrice, 2018) e “Favola agrodolce di riso fuorisede” (Kurumuny, 2016). Nel 2015 ha vinto il premio “Giornalista di Puglia Michele Campione” per la cronaca. Per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2019, voluta da Papa Francesco con il titolo “Non si tratta solo di migranti”, ha scritto la storia per bambini “Le Finestre dei Vicini” (Rivista Migranti Press, giugno 2019).
Dedicato ai temi dell’educazione all’informazione e all’interculturalità nella scuola, ha pubblicato “A scuola il mondo conta. Percorsi e attività di mediazione e comunicazione interculturale” (edizioni la meridiana, 2018).