Passare il tempo a casa con i figli: regalarci il tempo dell’abitare
Ci siamo ritrovate e ritrovati d’un colpo con le scuole chiuse per decreto e, senza che potessimo immaginare una pausa così lunga in mezzo all’anno scolastico, abbiamo i figli a casa.
Non siamo mica abituati a questa presenza! Nanetti sgambettanti di pochi anni, fanciulle delle primarie o adolescenti, loro sono (quasi tutti) ben felici di assentarsi dalla routine del banco, mentre i genitori e soprattutto – sappiamo che è così – le mamme devono inventarsi qualcosa per… intrattenere? Tenere a bada mostri urlanti? Far fare attività? Cercare di non impazzire? Dallo sconforto all’ironia, ne abbiamo già viste di tutti i colori in poche ore.
Calma: stiamo parlando dei nostri bambini e stiamo parlando della nostra casa: sono o no le persone che amiamo di più e il luogo a cui più desideriamo tornare? Varrà la pena rifletterci un po’ su.
Regalarci il tempo dell’abitare
La casa, analizza Ivan Illich all’inizio degli anni ’70, ha cambiato radicalmente volto con la modernità industriale. Nella società vernacolare o premoderna, la casa era il cuore dell’esistenza, spazio produttivo chiave, luogo di formazione (ricordiamoci che la scuola nasce l’altro ieri) tanto per i ricchi come Leopardi, che avevano la loro biblioteca e le istitutrici (ricordate Jane Eyre?), quanto per artigiani che avevano, si dice non a caso, casa e bottega nello stesso posto. Era il luogo in cui ci si amava, si nasceva, si attraversavano le malattie e si moriva. Ed era il luogo in cui la solidarietà del vicinato, esattamente come il pettegolezzo, entrava e usciva dalla porta sempre aperta. La casa così vissuta ha resistito fino alla fine degli anni ’70 nelle provincie e nel Sud, ma velocemente è cambiata la società, il mondo del lavoro, e anche come si sta in casa.
L’appartamento nasconde nella parola il suo essere “a parte”, separato, isolato nella costruzione verticale della palazzina. La presenza del garage fa salire il valore immobiliare, come la vicinanza ai mezzi di trasporto e alle arterie stradali, a tradire la funzione di luogo di raccordo e “ricarica” notturna (proprio come il cellulare) della risorsa umana lavoratore. La casa di giorno è vuota, in città persino a pranzo, di pomeriggio vi compaiono bambini e tate oppure resta di nuovo vuota per le tante attività strutturate dei piccoli altrove, e solo a sera si rianima, per poche ore o momenti prima del silenzio notturno.
Tanto agognata per riposarsi, quanto esecrata come prigione, la casa oggi non è un luogo in cui viviamo, ma una stazione di posta tra le mille corse che ci affannano. Persino i bambini, sì, gli abitanti per eccellenza della casa, ci stanno solo quando sono malati.
Non è un bel vivere.
E di colpo, da qualche giorno, ecco che la casa torna prepotente a dirci che esiste ancora e noi non sappiamo cosa farci in questo luogo, con i bambini per di più!
È un’ottima occasione per passare il tempo a casa con i figli e regalarci il tempo dell’abitare, per guardare le nostre stanze, camminarci, sederci, osservarne i colori, il taglio della luce delle finestre che forse ci troviamo a vivere in queste ore del giorno sì e no la domenica. Abbiamo tempo, sì, se abbiamo potuto assentarci dal lavoro, e possiamo permetterci di fare un lungo respiro e uscire da quel terribile mood che ci porta ad avere fretta e ad accelerare ogni nostra azione.
I bambini ci aiuteranno, sono loro i nostri migliori alleati, sempre. E allora iniziamo da loro e con loro, che hanno energia di cui nutrirci, hanno iniziativa e curiosità e, ora più che mai, vorranno usarla con noi, i loro amatissimi genitori. Perché non cominciare proprio dalla casa, allora?
Se ci sta prendendo l’ansia di trovare qualcosa da fare insieme per far passare un tempo che improvvisamente è diventato interminabile, ecco davanti a noi il primo campo di azione e di esplorazione: casa nostra! Possiamo conoscerla (ebbene sì), possiamo prendercene cura, possiamo rallegrarla, possiamo renderla una casa a misura di bambino.
Come passare il tempo a casa con i figli? Alla scoperta delle attività quotidiane
Innanzitutto, i bambini sono ottimi aiutanti nelle faccende domestiche: è arrivato il momento, per i maschietti quanto per le femminucce (di tutte le età, in modo adeguato), di prendere scopa e paletta o aspirapolvere (aveva 3 anni e mezzo mia figlia quando mi chiedeva spontaneamente “mamma, posso aspirapolverare?”), di rifare il letto dopo aver arieggiato le stanze, di innaffiare le piante sul davanzale. Non ci sono piante? Beh, è il momento di comprarne qualcuna! Il pellegrinaggio al fioraio, la scelta di una pianta colorata come piace a loro, l’acquisto dei pochi attrezzi che possono servire e il rinvaso sarà uno spasso e racconterà di come il luogo dove passeremo tanto tempo possa diventare più nostro, più bello, più caldo.
I bambini non aspettano altro che prendersi cura dei viventi, dà loro gioia, li occupa con una concentrazione festosa e piena di stupore. E le piante saranno nuove presenze, nuove compagnie nei nostri giorni, di cui occuparsi quotidianamente imparandone le necessità, i gusti (sì, anche le piante hanno gusti), quale luce prediligono, cosa le fa crescere in salute. Un piccolo grande compito giornaliero che bambini e bambine apprezzeranno tanto.
Fare le faccende con i piccoli è l’occasione di imparare a fare qualcosa che li accompagnerà tutta la vita. Spesso li alleggeriamo perché hanno già da fare tante cose, studiare in primis, o perché non ci fidiamo di loro e preferiamo fare noi velocemente e via. Oppure attacchiamo predicozzi noiosissimi sulle camerette disordinatissime degli adolescenti. Bene, ora il tempo c’è: regaliamo loro queste conoscenze fondamentali, perché sapersi amministrare è un’arte che si può imparare anche a 3 anni e perfezionarla sempre. Ma, senza, restiamo degli imbranati che domani, magari lontani da mamma per università o lavoro, non sapranno accendere una lavatrice.
Lavatrice a 3, a 6, a 11 anni?! Beh, sì, si tratta di pulsanti e di una sequenza logica di poche azioni. Davvero pensate che un bambino non ci riesca, se noi lo affianchiamo? Si divertirà un sacco, anzi. E avrà quel godimento unico che dà gestire un processo e vedere la macchina avviarsi per merito suo.
Siamo noi che dobbiamo abituarci e consentire ai piccoli di fare tutto quello che facciamo noi (che non sia pericoloso, ovviamente), non solo perché non sappiamo come riempire il tempo in questi giorni, ma per far loro un regalo a lungo termine: saper gestire le loro vite.
Vale anche per la cucina, come regina della casa, e dei pasti, cuore mai passato di moda della vita familiare. È il momento giusto per decidere insieme i menu, fare la spesa e cucinare. No, non con ruoli gregari, proprio da protagonisti. Indossiamo una bella divisa da chef e partiamo! Ah, non avete una divisa da chef? Poco importa: una bandana bianca o colorata in testa e un grembiule sono più che sufficienti. E se avete voglia di creare, con un foglio di carta possiamo inventarci un cappello da chef di tutto rispetto. Possiamo personalizzarlo, colorarlo, metterci il nome e cominciare: zucchine, carote, patate sono lì ad aspettare di essere affettate e messe in pentola. Insieme alla farina e lo zucchero di una torta, insieme alle mele per lo strudel, insieme alle arance da spremere.
La casa: un luogo da riscoprire
E se poi vogliamo partire alla ricerca della casa, specie con i più grandetti, ricordiamo che là, in un cassetto, c’è l’album delle foto di famiglia, quello dove mamma e papà erano piccoli e… come erano vestiti strani!
Ogni stanza ha i suoi segreti, la sua luce, i suoi odori e colori: andiamo alla scoperta di quello che percepiamo in ogni stanza, di cosa ci piace fare al suo interno, di come possiamo abbellirla in questo tempo un po’ preoccupato. Una targa di cartoncino colorato della forma che più ci aggrada può nominare sulla porta ogni stanza. Metterci a disegnare la piantina della casa proprio come fanno geometri e architetti, a matita o al computer, può essere divertentissimo per i ragazzi e ci rimette in contatto con questo luogo tanto desiderato quanto bistrattato.
I bambini non aspettano altro che imparare, sono programmati per questo, e non c’è niente di meglio della quotidianità per apprenderla pieni di allegria nel luogo più caro: non sprechiamo questa occasione preziosa. Dopo puliremo, riassetteremo, raccoglieremo il cacao caduto fuori dalla ciotola e le gocce di olio finito fuori dalla padella, i ritagli di carta colorata e i pastelli in giro sul pavimento. Lo faremo insieme e scopriremo che il tempo per vivere la vita insieme ai bambini è il tempo più bello che ci sia, scopriremo che presto li lasceremo andare via con nostalgia di quello che la vita quotidiana ci toglie ogni giorno. Approfittiamone adesso.
a cura di Gabriella Falcicchio
Gabriella Falcicchio è ricercatrice e docente presso il Dipartimento di Scienze della Formazione, Psicologia, Comunicazione dell’Università di Bari. È referente regionale del Movimento Nonviolento e formatrice su nonviolenza e conflitti. Redattrice di Azione nonviolenta e membro della comunità di ricerca di Educazione Aperta, collabora con svariate riviste a tema pedagogico. I suoi filoni di ricerca sono legati alla tradizione del pensiero nonviolento, la nascita rispettata e l’educazione nei primi anni di vita, il rapporto con i viventi, le culture della terra e gli stili di vita ecologici.
Con edizioni la meridiana ha pubblicato “Profeti scomodi, cattivi maestri. Imparare a educare con e per la nonviolenza” (2018).