Come parlare ai bambini di SLA: la favola del Principe Blu
Quando hanno avuto inizio i nostri incontri di gruppo per riflettere sulla stesura della favola del Principe Blu, ispirata alla vita e alla malattia di Gaetano Fuso, si era appena fermato tutto a causa del Covid.
Il coinvolgimento delle psicoterapeute nella realizzazione del libro “Il Principe Blu e la Stregaccia Levaforze Ammazzamuscoli” (edizioni la meridiana, 2022) ha avuto l’obiettivo, fortemente voluto da Giorgia, che la storia, nel mettere in risalto la forza dei legami e dei sogni, desse nello stesso tempo visibilità ai vissuti dei bambini, aiutandoli a sentirsi compresi nell’affrontare situazioni di malattia, e agli adulti, siano essi genitori, famigliari o educatori, la possibilità di trovare dei modi ‘per dire’ ciò che è difficile anche pensare.
Il fatto che questo progetto sia diventato operativo proprio in un momento storico così difficile quale quello della pandemia apre a significati ancora tutti da esplorare. Il mondo bloccato e terrorizzato a causa di un virus è lo scenario nel quale ha preso vita il nostro lavoro di supervisione/elaborazione intorno ai contenuti emotivi della favola di Gaetano. Come se la sua storia, in quel momento, potesse simbolicamente, seppur in modi diversi, riguardare il vissuto di molti di noi… Avevamo tutti bisogno di contrastare il senso di smarrimento e di credere in qualcosa, di ‘sognare’ una storia che potesse tenere insieme Catastrofe e Speranza, fine ed inizio, due facce della stessa medaglia. Ci siamo incontrate, per causa di forza maggiore, in uno spazio virtuale, in orari insoliti e con connessioni a volte difficili… Anche lo sforzo di tollerare il limite e l’impotenza del mezzo e dei modi, ha consentito al gruppo stesso di sperimentare parte dei vissuti contenuti nella storia.
Una favola per parlare ai bambini di SLA
L’entusiasmo nel leggere la bozza della favola condivisa da Giorgia si è subito accompagnato ad un senso di responsabilità anche nei confronti di tutti i bambini che incontrano così da vicino la malattia. L’esperienza di alcune di noi coinvolte nel progetto ‘Resilienza a domicilio’ insieme alle competenze di alcune socie della Cooperativa Sociale Psifia, specializzata in età evolutiva e nella presa in carico delle crescite traumatiche, ha rappresentato l’impalcatura mentale ed emotiva necessaria a sorreggere il pensiero e a tutelare il ‘diritto alla verità’ per i bambini quando i venti della sofferenza e del dolore soffiavano forti e spingevano la mente ai confini dell’angosciante limite dell’intollerabile.
‘Il genere umano – e soprattutto un bambino, aggiungiamo noi – non può sopportare troppa realtà’, leggiamo in un verso di T.S. Eliot, ma allo stesso modo allontanarsi troppo da questa, negandola, può causare altra sofferenza insieme ad una profonda solitudine.
In alcuni momenti del lavoro, soprattutto nei passaggi più delicati della storia, la sensazione era di stare in una piccola stanza occupata da tanti oggetti fragili e preziosi; era necessario muoversi e muoverli per farli emergere ma bisognava essere molto delicati: flussi di pensieri e articolati confronti ci hanno aiutato a definire ponti e connessioni tra blocchi e difese al fine di ricostruire una storia intorno a quanto accaduto, il più possibile fedele e vicina alle emozioni e vissuti dei protagonisti.
Un lavoro in team per uno strumento che vada in aiuto a bambini e adulti al confronto con la malattia
Abbiamo lavorato in sinergia e in un continuo ricercato equilibrio che ci ha richiesto a volte di sostare nel ‘vuoto’ per rispettare i tempi interni di comprensione e per evitare il rischio di razionalizzare i vissuti, in modo che la favola potesse avvicinarsi a ‘piccole dosi’ ma in modo autentico al sentire dei bambini che incontrano la malattia ma che non hanno ancora un apparato psichico ben attrezzato per contenere e capire tutto quello che sta accadendo.
Ci siamo a lungo confrontate su alcuni passaggi e/o parole della storia dove si potevano nascondere stereotipi legati alla sofferenza, segnali di meccanismi di difesa degli adulti ancora prima che dei bambini. Proprio da questi può scaturire la diffusa convinzione: “È troppo piccolo per ricordare e capire”, un pensiero che serve a noi adulti quando siamo tanto spaventati per parlare e per reggere le reazioni di rabbia e di tristezza dei bambini.
Uno dei momenti di maggiore confronto in gruppo ha riguardato il ruolo della Strega/malattia nella favola, prima relativamente alla parte scritta e poi anche nella traduzione in immagine curata dall’illustratrice Eleonora Luceri. Abbiamo richiesto al gruppo un atto di fiducia quando, con caparbietà, abbiamo voluto evitare che al personaggio malefico venisse affidato il ruolo stereotipato del cattivo/mostro, contento della sofferenza altrui, e che su di lui venissero veicolati tutti i sentimenti negativi. Spostandoli sulla strega e dando solo a lei il ruolo di rappresentarli, temevamo il rischio che quei sentimenti proiettati all’esterno ritornassero da fuori al bambino con un senso di accanimento verso la sofferenza, disumano e minaccioso. Il messaggio, spaventoso per la mente dei piccoli, avrebbe impaurito e basta, facendo crescere il senso della vendetta ma non aprendo il pensiero a possibilità di riconoscimento ed elaborazione. Era importante, invece, accompagnare i bambini a riconoscere dentro di sé la rabbia scatenata dalla situazione, sentimento che, se negato, può trovare la strada del rancore verso la vita e dell’odio verso qualcuno/qualcosa per essere espresso, alimentando la pericolosa e così diffusa polarizzazione tra buono/cattivo.
Intorno alla stesura della favola tutto il gruppo di lavoro (le co-autrici, Giorgia Rollo e Paola Pasquino, noi psicoterapeute Maristella Taurino, Roberta De Lorenzis e Giovanna Mancini, l’illustratrice, Eleonora Luceri) ognuno con il suo ruolo, ha contribuito a tessere, nell’arco di due anni, una tela fatta di sostegno, di ascolto reciproco, anche di silenzio quando il dolore era troppo assordante. Una rete di relazioni che ha funto da cornice/contenitore per questa fiaba così intensamente reale, teatro del vissuto di molti bambini e per questo ‘fisiologicamente terapeutica’.
Aiutare i bambini a riconoscere e comprendere le emozioni negative in famiglia o a scuola
Riconoscere e comprendere la complessità dei vissuti dei bambini e accogliere anche le loro emozioni negative è qualcosa di molto difficile anche per i contesti educativi più attenti e disponibili, siano essi famigliari e/o scolastici. Le difese dal dolore riguardano tutti, grandi e piccini: questa non è una colpa ma una condizione umana che, se riconosciuta e non giudicata, può spingere gli adulti a ricercare modi e strumenti per affrontare le proprie resistenze trasformandole in risorse. In quest’ottica l’utilizzo nella scuola della fiaba, per il modo in cui è stato elaborata e scritta, rappresenta anche uno strumento di formazione, di crescita personale per gli insegnanti e di valore professionale e umano nel fornire loro un’occasione di relazione autentica con i bambini che si confrontano con la malattia e di comprensione delle loro dinamiche emotive, così intimamente legate all’apprendimento cognitivo. Nello stesso tempo rappresenta un nuovo modo per ‘fare prevenzione’ e, dando voce a ciò che emotivamente non si conosce, offrire strumenti di resilienza a tutti i bambini.
Il libro quindi continua l’ardua impresa di Gaetano Fuso, il Principe Blu, di trasformare un dolore impensabile in possibilità di crescita. È quindi una favola viva, perché in divenire continuo, perché ciò che non termina vive sempre, prosegue e continua a trasformarsi nelle riflessioni di gruppo e nei pensieri ed emozioni di chi la leggerà. Parla per questo ai bambini ma anche agli adulti, per aiutarli ad essere compagni di solitudine sul bordo delle ferite invisibili o delle ‘cicatrici preziose’, come le definisce Giorgia, perché l’importante è che il dolore non resti muto.
a cura di Roberta De Lorenzis, Maristella Taurino, Giovanna Mancini
Roberta De Lorenzis è psicoterapeuta infantile, socia della Cooperativa Sociale Psifia.
Maristella Taurino è psicoterapeuta socia della Cooperativa Sociale Psifia e vincitrice del bando “Resilienza a domicilio”.
Giovanna Mancini è psicoterapeuta e vincitrice del bando “Resilienza a domicilio”.
Il loro contributo è stato fondamentale nella scrittura e nella pubblicazione della favola Il Principe Blu e la Stregaccia Levaforze Ammazzamuscoli ideata da Giorgia Rollo, scritta da Paola Pasquino e illustrata da Eleonora Luceri.
Immagine: l’illustrazione che accompagna l’articolo è realizzata da Eleonora Luceri, parte del libro “Il Principe Blu e la Stregaccia Levaforze Ammazzamuscoli”.