Le obiezioni all’educazione emotiva a scuola
Genitori e insegnanti spesso si sentono messi in crisi di fronte alla necessità di educare alle emozioni i loro figli e studenti. Le obiezioni all’educazione emotiva a scuola sono infatti numerose e svariate. Così come molteplici sono le obiezioni, altrettanti sono, però, i benefici dell’educazione emotiva.
Secondo lo psicologo e pedagogista Mario Polito, queste preoccupazioni sono determinate dalla necessità – che l’incontro con l’educazione emotiva genera – di rivalutare per intero i processi formativi odierni: da un lato i docenti sono invitati a riflettere sulla loro essenziale funzione di educatori e dall’altro emerge l’esigenza di contrapporre la scuola alla prepotente funzione aziendalistica che ne vuole fare esclusivamente una filiale del mercato del lavoro.
Quali sono le principali obiezioni all’educazione emotiva a scuola?
Nel suo volume Educare il cuore. Strategie per una comunità che si prende cura delle nuove generazioni, Mario Polito raccoglie una serie di difficoltà e preoccupazioni relative all’educazione emotiva, tratte da incontri con insegnanti e genitori, fornendo loro una risposta. Ne raccogliamo alcune:
- L’educazione emotiva è una moda.
Mario Polito definisce l’educazione emotiva come “una necessità formativa che finora è stata trascurata e che adesso è necessario valorizzare”. Più che una moda, le pratiche di apprendimento socio-emotivo costituiscono un’esigenza che si è sempre avvertita nell’ambito scolastico, ma che solo di recente è stata riconosciuta come tale. Consentire agli studenti di coltivare non solo le rispettive capacità tecniche, logiche, linguistiche, ma anche quelle interiori ed emotive, permetterebbe di avviare la trasformazione della scuola di cui le nuove generazioni hanno bisogno.
- Nell’educazione emotiva gli insegnanti devono essere arrendevoli e accondiscendenti e si perde il senso di autorità.
Più che accondiscendenti, quando si educa alle emozioni bisogna essere esigenti e richiedere che ogni studente sviluppi al meglio i propri talenti. C’è allora ancora posto per l’autorità, ma non quando questa è semplice esercizio di potere che non rispetta la dignità di bambini e ragazzi. Al contrario, l’autorità deve essere uno strumento al servizio della cura degli studenti, utile a far comprendere l’esistenza di limiti e regole e la necessità di rispettarli per una positiva convivenza con gli altri.
- L’educazione emotiva non rispetta l’autodeterminazione.
All’obiezione che insegnare le emozioni porta gli studenti ad essere condizionati nel loro sentire privato, Mario Polito risponde che l’educazione emotiva non insegna, ma presenta. L’obiettivo delle pratiche di apprendimento emotivo non è trasmettere un concetto affinché venga memorizzato, ma “insegnare a leggere i contenuti emotivi” man mano che li si incontra. In questo modo, gli studenti acquisiscono consapevolezza del proprio bagaglio interiore e ottengono gli strumenti per poterlo esprimere in libertà.
- L’educazione emotiva non si può applicare alle materie scientifiche.
Per insegnare, qualunque sia la disciplina, servono passione ed entusiasmo: un docente che non affronta la sua classe facendo perno su queste due emozioni non è un buon docente. Trasmettere l’amore per la propria materia è un ottimo punto di partenza – che non esclude le scienze e la matematica – per canalizzare le emozioni degli studenti verso un più facile apprendimento.
Per approfondire leggi anche “Educazione emotiva e apprendimento: esiste un legame?”
EDUCARE IL CUORE
Strategie per una comunità che si prende cura delle nuove generazioni
di Mario Polito
Scopri di più e sfogliane alcune pagine