Manovre di contrasto alla povertà: siamo ad un bivio
Sono moltissime le domande che affollano le nostre menti in questi giorni ma l’unica certezza è che, sia sul versante dell’evoluzione della diffusione del Covid-19, sia su quello degli effetti economici e sociali della crisi conseguente ad esso, bisognerà rassegnarsi ad affrontare il “disagio dell’incertezza” a molti livelli: individuale e collettivo, sociale ed economico, scientifico e operativo. Questo significa allora schiacciarsi su un “presente senza prospettive”, rinunciando a qualunque ambizione trasformativa?
Nient’affatto. Come scriveva J. M. Keynes: “Quando i fatti cambiano, io cambio opinione. Lei che fa?”
Moltiplicare la potenza dell’obiettivo di fronte alla riduzione del campo visivo
Ecco, di fronte a fatti in trasformazione o a fatti nuovi sia il modo in cui ci si approccia ad essi per studiarli, sia il modo in cui si opera su di essi dovrebbero adattarsi al cambiamento. Questo può essere l’unico antidoto al disfattismo che rischia di radicarsi in queste settimane.
Non è vero che non c’è scampo, quindi. Bisogna cominciare a mettere in atto azioni che, nonostante la “riduzione del campo visivo” (e anzi proprio per questo), permettano di “moltiplicare la potenza dell’obiettivo”, come ha scritto Antonio Munoz Salina.
Se questo è vero per la maggior parte dei fenomeni sociali, lo è ancor di più per quello della povertà. Proviamo a capire perché. Negli ultimi anni, nel nostro Paese, abbiamo assistito all’esplosione del fenomeno della povertà assoluta (la condizione di coloro che non hanno neanche il minimo per poter vivere dignitosamente nel loro contesto di vita) e alla sua normalizzazione: non più solo famiglie numerose residenti al Sud e con componenti disoccupati, ma anche famiglie che vivono al Nord, con due figli e con membri che lavorano (su questo cfr. Gori 2017).
Se questa era la situazione a marzo 2020, adesso il quadro si sta completamente trasformando perché, rispetto alle crisi 2008-2009 e 2011-2012, questa volta si tratta di una crisi che sta colpendo l’economia reale, causando sia la contrazione della capacità produttiva del nostro paese (il PIL) che, contemporaneamente, l’erosione dei redditi delle famiglie e i loro risparmi. Questo significa che:
- si intensificherà la povertà di coloro che già versavano in tale condizione;
- in assenza di un adeguato sforzo di contenimento ad opera dello Stato, con interventi subitanei e adeguati, nuove fasce della popolazione (milioni di persone) scivoleranno in una situazione di povertà economica inedita per loro, a causa della perdita improvvisa di lavoro e della contrazione delle attività produttive.
Come programmare le future manovre di contrasto alla povertà
Che cosa fare dunque? Aumentare la potenza dell’obiettivo potrebbe voler dire, per esempio:
- non limitarsi ad analizzare la povertà sintetizzandola nelle sue tendenze generali, ma, con il supporto di adeguati metodi statistici, recuperare la forza esplicativa delle analisi scientifiche per risalire alle catene causali e quindi stimolare cittadini, amministratori, decisori pubblici.
- Adottare una prospettiva di lungo periodo per leggere la povertà, al fine di seguire le traiettorie di vita delle persone e verificare l’efficacia degli interventi pubblici in loro favore.
- Ove possibile, riconnettere sempre di più gli interventi di welfare con lo sviluppo di forme di economia civile produttiva come già accade in molte esperienze locali (cfr. Fondazione di comunità di Messina e S-Nodi a Torino): bisogna riportare energie lavorative disperse e inutilizzate all’interno di sistemi economico-produttivi locali in grado di coniugare sviluppo economico e coesione sociale.
Le povertà post Covid si presenteranno polverizzate, saranno cioè ovunque, dove prima non si poteva immaginare.
Un bivio si apre di fronte a tutti coloro che si occupano sui territori o a livello nazionale di contrasto alla povertà: riaggregarle per ricomporle in un mosaico ordinato e unitario, oppure sottrarle alla vista spazzandole frettolosamente sotto il tappeto di micro misure pubbliche o tradizionali interventi di erogazione immediata senza nessun futuro, né per le persone né tantomeno per la tenuta democratica del nostro Paese.
a cura di Nunzia De Capite
Nunzia De Capite, sociologa, specializzata in metodologia della ricerca sociale, lavora dal 2005 per Caritas Italiana. Si è occupata di progetti sperimentali di inserimento lavorativo di persone in situazioni di disagio, una ricerca-azione sulla condizione delle periferie delle aree metropolitane, della costruzione di indici di disagio socio-economico territoriale e dal 2015 coordina la redazione del Rapporto annuale Caritas sulle politiche contro la povertà.
Sui temi del risparmio e della crisi, ti proponiamo “SOS Salvadanaio. La felicità del risparmio in tempi di crisi” di Massimo Melpignano (edizioni la meridiana, 2016).
Immagine: dettaglio di Attesa di Lucio Fontana (1967).