La scuola che (non) verrà: una riflessione sul Piano Scuola Estate
Caro amico ti scrivo, così mi distraggo un po’…
Iniziava così la famosa canzone di Lucio Dalla che salutava il vecchio anno e invitava a non perdere la speranza nel futuro che arrivava. Io non so bene a chi scriverla, questa lettera, perché negli ultimi tempi se ne sono succedute svariate da parte di insegnanti ai diversi ministri, ma non mi pare che abbiano sortito gli effetti sperati se non un bel numero di condivisioni qua e là sui social.
Vorrei scrivere per distrarmi un po’, ma in realtà lo stato d’animo prevalente è quello di un turbamento profondo che si va ad aggiungere a un assurdo anno scolastico in cui tutti, e dico tutti, coloro che vivono e fanno la scuola hanno imparato a confrontarsi con la resilienza per non lasciarsi travolgere dai continui cambiamenti. Hanno provato a starci dentro, a fare di necessità virtù e a non rimanerne schiacciati. Scuola in presenza, scuola on line, scuola metà on line e metà in presenza, scuola al 25, al 50 e al 75%, scuola aperta, scuola chiusa (ma solo per i giornali), scuola on demand (Puglia docet).
A poco più di un mese dalla fine di questo anno scolastico 2020-2021, in cui abbiamo visto spegnersi non solo le telecamere dei device dei nostri alunni e figli, ma la loro gioia di vivere, leggo dello straordinario Piano Scuola Estate 2021 ideato dal MIUR per la scuola estiva.
Il Piano Scuola Estate 2021 in sintesi
Quando ho sentito per la prima volta parlare della notevole cifra di fondi stanziati e del piano per la “scuola estiva” mi sono data del tempo per capire, non mi sono lasciata prendere dalla smania di criticare a prescindere.
Ogni giorno, articoli su articoli, post su post di docenti e dirigenti… Sapevo che sarebbe arrivata la domanda: “Ma tu cosa ne pensi?”
Dopotutto sono un’insegnante che tra l’altro si occupa di benessere nella scuola da diverso tempo. La mia risposta non è una risposta, ma una riflessione, una presa d’atto, scaturita dopo aver letto il Piano Scuola Estate 2021[1]. In sintesi, si riassume così:
- Fase 1, giugno: Rinforzo e potenziamento delle competenze disciplinari e relazionali
Prevede potenziamento e approfondimenti con attività laboratoriali, scuola all’aperto, studio di gruppo. - Fase 2, luglio e agosto: Rinforzo e potenziamento competenze disciplinari e della socialità
Prevede attività di aggregazione e socializzazione con educazione motoria e gioco didattico, canto, musica, arte, scrittura creativa, educazione alla cittadinanza. - Fase 3, settembre: Introduzione al nuovo anno scolastico
Prevede l’accoglienza e l’accompagnamento al nuovo anno scolastico.
Un concentrato di tecnicismi pseudo pedagogico-didattici che nella mia mente ha dato vita a delle immagini che devo condividere per rendere chiaro quanto profondo sia il mio smarrimento e la necessità, a questo punto, di prendere posizione.
Demolire l’ancien régime della scuola
“Se puoi sognarlo puoi farlo,” diceva Walt Disney. Lo so, lo so, l’innovazione avviene prima nell’immaginazione e poi nella realtà, ma a me questo piano richiama qualcosa di già visto.
Dunque il piano che prevede le scuole aperte d’estate, i cui sostanziosi fondi sono stati messi a disposizione per sopperire alle mancanze di questo anno scolastico, è una dichiarazione di fallimento da parte del Ministero. Il suddetto piano di recupero nella mia testa prende vita così:
- Fase 1, giugno: balli di gruppo;
- Fase 2, luglio e agosto: Fame o Saranno famosi;
- Fase 3, settembre: il Congresso di Vienna e la Restaurazione.
Non pare anche a voi?
L’amara ironia mi apre ad approfondire la riflessione che mi tormenta. Credo nel cambiamento che passa attraverso l’innovazione di metodologie didattiche, una nuova organizzazione degli spazi, una maggiore attenzione alle competenze emotive e prosociali di insegnanti, alunni e genitori (sì, perché la scuola la fanno anche loro, e non ne sono affatto estranei), una massiccia presenza dell’attività motoria e delle attività artistiche in ogni loro forma.
Ci credo, e con me molti si impegnano, ci provano ogni giorno a fare una scuola che vada verso il futuro e non verso il furto del tempo di chi ci è affidato. Ma in questi stessi giorni in cui si parla di restituire socialità, dimensione umana extra, la scuola “tradizionale” è alle prese con le misurazioni di fine anno scolastico, con le prove invalsi che quantificano in modalità standardizzata gli apprendimenti. Allora spiegatemi: c’è qualcosa che non mi torna chiaro. Innoviamo d’estate e restauriamo in autunno, inverno e primavera?
Quei fondi, quella spinta alla realizzazione del cambiamento, servono, ma servono alla scuola per smantellare l’ancien régime, non per creare un’ulteriore spaccatura tra ciò che si può fare d’estate e ciò che non si può fare durante tutto il resto dell’anno scolastico. Mi dispiace, ma questo è il vero effetto che si produrrà.
Vi dirò di più. Visto che a questo punto sento salire un senso di vergogna verso i bambini e i giovani, vedo in questo piano una mancanza totale di consapevolezza dei bisogni reali della scuola, che non è più neanche quella che ha dovuto affrontare il periodo del lockdown. Insieme alla scuola, anche i suoi attori non sono più gli stessi. Vedo in questo piano non un sogno di cambiamento, ma un insieme di pressapochezza e fragile visione: un incubo, insomma.
Anche la scelta grafica di chi ha curato la rappresentazione delle idee è da mercatino dell’usato di prima generazione, perché ora anche i mercatini dell’usato possono essere dei luoghi di scoperte interessanti. Invece i grafici del Ministero hanno scelto in due diverse versioni una lampadina, un mondo e un turista (o non so bene chi sia), una scuola a forma di casetta e due meravigliosi bambini inchiodati dietro un bel banco del 1800.
Bene, anzi male: questa rappresentazione grafica dice che non abbiamo capito molto di cosa la scuola deve imparare a fare e a far fare per evolversi.
Ciò di cui la scuola non ha bisogno: tornare alla normalità
Un allevatore, quando progetta che tipo di allevamento mettere su, sceglie se fare un allevamento in batteria o, come ingannevolmente ci propinano, “a terra” o, se realmente intende fare la differenza, avere un allevamento all’aperto o biologico. Un allevatore non sceglierebbe mai la versione mista, e per giunta stagionale; sa che non produrrebbe che un disorientamento negli animali e mancanza di produttività. Bene, passatemi il paragone: i nostri allievi non meritano la triste sorte che neppure gli animali subiscono.
La scuola del nostro Paese ha bisogno di cambiare, è vero, ma non nel look. Ha bisogno di essere rifondata, curata, nutrita. Non ha bisogno di tornare ad essere “normale”.
In quanto docente, a questo punto, devo esercitare nel pieno possesso delle mie facoltà mentali le competenze professionali per cui quotidianamente sono responsabile del futuro di questo Paese e senza nessun timore, anzi per dovere etico e morale, devo letteralmente bocciare questo piano. Sceglierò di non farne parte non perché sono stanca, non per l’inadeguatezza del mio stipendio, ma per la pericolosa idea retrograda di scuola che porta con sé.
a cura di Lucia Suriano
insegnante della scuola pubblica italiana, se ancora ne esiste una
[1] Per leggere l’intero Piano Scuola Estate 2021 visita il link: https://pianoestate.static.istruzione.it/il-piano.html
Leggi anche:
- Tornare a scuola senza tornare indietro di Mariagrazia Marcarini
- Un patto di corresponsabilità per il futuro della scuola di Chiara Colombo
- Una scuola in cui si apprende con gioia di Ilaria D’Aprile
Lucia Suriano è docente nella scuola secondaria di primo grado. Ha iniziato a ricercare e sperimentare modalità e strumenti che realizzino il vantaggio dell’Educare alla felicità (in ambito educativo scolastico). Ribalta stereotipi e falsi miti educativi per una scuola capace di includere realmente tutti partendo dalla potenza della fragilità. Per edizioni la meridiana è autrice di Educare alla felicità. Nuovi paradigmi per una scuola più felice (2016) e Lasciarsi ribaltare. La Scuola è aperta a tutti (2020).
Immagine: Deleece Cook su Unsplash.