Il gruppo a scuola: come trasformare ragazze e ragazzi in un gruppo pensante
Insegnare senza essere esperti dei processi socio-affettivi non pare proprio possibile. Se manca questa competenza si ricollegano i problemi di apprendimento unicamente a carenze non rimediabili delle famiglie, a certificazioni di disturbi che isolano i singoli, a «questioni di disciplina» che stigmatizzano senza aiutare. Si tende a separare chi ce la fa e chi no, come se il farcela fosse questione individuale. In realtà, non meno di ieri, a scuola l’attore mobilitante è il gruppo: nell’includere e motivare facendo emergere le risorse di ognuno, nell’escludere e demotivare disperdendo le risorse del singolo. Come porre allora al centro una gruppalità motivante?
All’interno del mondo scolastico vengono educate gruppalmente intere generazioni. Pochi docenti, però, sono esperti su come trasformare un insieme di giovanetti in un gruppo pensante. È dunque necessario soffermarsi su come educare le emozioni che si sprigionano in un luogo – la classe – quando più menti si incontrano al suo interno. Ognuna con la sua storia. Tutte con le loro aspettative. Nessuna priva di ansie.
Ogni alunno entra in un’aula portando la propria esperienza di vita in contesti collettivi e, consciamente o inconsciamente, si ripropone come nei gruppi già precedentemente frequentati. Per questo inizialmente si inquieta, non ritrovando le medesime abitudini. Poi si disorienta alla ricerca di come stare in quel contesto. Insiste quindi ostinatamente e si ripropone nelle medesime vesti cognitive ed emotive già indossate. Infine, solo se riesce a cambiare atteggiamento, la sua mente si modifica e con essa la struttura gruppale che si è sedimentata al suo interno. A questo punto l’alunno è pronto per scoprire l’ignoto, cambiare mentalità e apprendere.
La classe, allora, è il luogo per far emergere come si sono costruiti i gruppi interni di ognuno e per modificare queste strutture aiutandole a maturare ulteriormente. La classe scolastica è un ambiente che viene creato artificialmente sulla base di alcune convenzioni e di molte variabili costituite dal tempo pieno, dai moduli, dalla lingua prescelta, dalle attività opzionali, dal corso di studi, dalla specializzazione. All’interno dell’aula più persone interagiscono tra di loro condividendo delle norme per poter accedere alla cultura. Potranno però assorbire nozioni, costruzioni psichiche, informazioni solo se nel farlo potranno «agganciarle» al loro mondo emotivo. Diversamente le informazioni o proprio non si fissano o cadono dalla mente immediatamente dopo averle attaccate, come fossero dei volatili post-it.
Le dinamiche affettive del gruppo pensante
Trasformare un agglomerato di persone in un collettivo cooperante dipende dalla coesione che il team docenti riesce a sviluppare trasformando un’orda selvaggia in un gruppo pensante.
L’armonizzazione tra allievi avviene grazie al lavoro relazionale che il docente svolge, giorno dopo giorno. L’insieme dei soggetti convenuti nell’aula diviene dunque un gruppo pensante in proporzione a quanto il docente sa occupare il suo posto sia come persona carismatica, sia come insegnante esperto nel campo disciplinare, sia come coordinatore delle dinamiche emotive che nel processo di apprendimento vanno via via strutturandosi.
La possibilità di provare piacere nell’imparare
Nessun docente, pertanto, può pensare all’apprendimento senza tener conto della struttura gruppale e della dinamica affettiva che in essa si dispiega. Ogni insieme di persone è attraversato da correnti affettive che si possono ignorare finché travolgono, disperdono, disturbano il gruppo o si possono «addomesticare» entrando in relazione con loro. Gli stati d’animo, se avvertiti e colti, sono elementi naturali dei contesti collettivi che facilitano o ostacolano il processo di apprendimento in relazione a quanto vengono trasformati in elementi narrabili o vengono ignorati.
Per ogni docente, quindi, cogliere la rappresentazione dello stato emotivo che si sta sedimentando in classe significa accogliere paure e desideri, ritrosie e spavalderie, attaccamenti e rifiuti degli allievi, imparando a nominarli (almeno dentro di sé) per poi restituirli attraverso una specifica forma culturale offerta dalla propria disciplina scolastica. La cultura che riesce a dare spiegazioni su se stessi, sull’altro da sé, sul mondo circostante diventa sete di sapere, curiosità di conoscere, desiderio di svelare l’ignoto. Si crea perciò la gioia d’imparare. E con essa il piacere di scoprire ciò che ancora non si conosce. Il desiderio di sapere diviene allora metodo che accompagna per tutta la vita.
Paola Scalari
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Paola Scalari è psicologa, psicoterapeuta, psicosocioanalista ed esercita a Venezia. Docente in Psicoterapia della coppia e della famiglia e supervisore alla Scuola di Specializzazione in Psicoterapia della COIRAG Istituto di Milano e di Tecniche di conduzione del gruppo operativo nella consociata ARIELE Psicoterapia di Brescia. Da anni è consulente, docente, formatore e supervisore di gruppi ed équipe di associazioni, enti ed istituzioni che operano nei settori sanitario, sociale, educativo e scolastico.
Insieme a Francesco Berto ha pubblicato – per le edizioni la meridiana – ConTatto. La consulenza educativa ai genitori (2008), Parola di bambino. Il mondo visto con i suoi occhi (2013) e altri titoli.