Il fiore della sposa | Dal diario di Herat di Gholam Najafi
Venerdì 29 ottobre cammino con questi nuovi miei vicini di casa. Un loro figlio l’anno scorso era venuto per visitarli; veniva dalla Germania e in quei giorni ha visto rovesciare la politica afghana. Era fuggito verso l’Iran clandestinamente, da lì poteva proseguire fino alla sua casa in Germania.
I contrabbandieri non erano stati bravi a fargli passare il confine al primo tentativo: il giovane, insieme a tanti altri, era stato respinto ed era ritornato a casa. Dopo qualche settimana aveva riprovato, ma la madre aveva vissuto settimane di terribile angoscia, fino a ridursi alla disabilità: non poteva più muovere le mani e i piedi, passando giorno e notte a pensare alla sorte del figlio. Ora vive un lento recupero, ma è troppo mal ridotta.
Il figlio, poi, è arrivato in Iran sano e salvo al secondo tentativo, ma la madre probabilmente rimarrà disabile per il resto della sua vita. Per fortuna è vivo il marito anziano e può appoggiare la mano al suo braccio per fare due passi intorno alla casa con i nipotini. L’anno scorso era lei che portava in lavanderia i vestiti del marito, e quest’anno lui lava e stende sotto il sole i vestiti di lei.
Ecco, quanto una madre pensa a noi e come noi siamo in cerca di una buona madre come lei, dolce come un fiore. Quando gli altri suoi familiari vanno in luoghi lontani, lei rimane da sola a casa a pensare, di notte non dorme dai troppi pensieri perché il figlio non può tornare spesso e lei non può uscire.
Ho continuato la mia passeggiata fino al grande santuario di Sayed Morteza. Quest’anno i lavori della costruzione sono completati rispetto alle mie vecchie fotografie; l’anno scorso ero venuto in un momento in cui potevano accedere a questo santuario solamente le donne, mentre ora tutti possono farlo, dunque una piccola ripresa di socialità.
Intorno a questo santuario sorgono tantissime tombe di martiri. Cammino sulle tombe per studiarne la cronologia, i nomi, i cognomi, i luoghi degli avvenimenti durante le varie battaglie combattute.
Normalmente, due giorni alla settimana qui arrivano parecchie persone: il mercoledì perché è il giorno giusto per chiedere il perdono dei propri peccati e il venerdì perché è il grande giorno della settimana per pregare dall’alba al tramonto. In questi due giorni arrivano tanti in pellegrinaggio e all’ingresso ti controllano e ricontrollano in modo che gli attentatori non abbiano la possibilità di entrare e causare una nuova ricostruzione.
In un angolo c’è la cucina per cucinare i cibi e il pane da distribuire a tutte e tutti, davanti alla cucina dove mi trovo sono accatastati dei vecchi libri e posso osservare il desiderio dei bambini e di molte persone analfabete di prendere in mano uno di questi libri usati. Ogni bambino e ogni donna vorrebbero imparare a leggere il messaggio del padre o del marito o di altri cari, ma chi può davvero capire i desideri nel loro petto?
Sono tutti libri che riguardano la religione sciita, come questo stesso santuario è un santuario per gli sciiti. In un altro angolo restano i segni di quattro antichi minareti di cui non si sa bene la storia né i motivi della distruzione durante chissà quale guerra. Dovrei studiare molto per conoscere meglio la pianta di questo luogo.
Uscendo dal santuario mi imbatto in un gruppo di anziani venditori ambulanti, un’intera famiglia che vive con quel lavoro. Al ritorno incontro una giovane ragazza che torna dalla raccolta di zafferano dalla città di Khâje Sabur: è la stagione dei suoi bei fiori.
Il proprietario della terra che produce questa pianta magica guadagna in questo periodo mille e cinquecento euro in un giorno solo, Herat sembra essere una terra speciale per lo zafferano. È una pianta che ogni giorno produce nuovi fiori: chi può conoscere la sua radice, l’anno dopo ricava più fiori. In un’altra città di Herat, Towrgondi, al confine con il Turkmenistan, crescono altri fiori particolari come il fiore della sposa.
Questa è Herat, che rende fertili tutti i suoi angoli per il bene dei suoi cittadini: si dice che ogni maturità delle piante può far superare la fame.
Non piove quasi mai, ma le nuvole passano in questo cielo, arrivano da una terra per andare in altre terre e sconvolgono il cuore della gente, perché queste nuvole nere creano l’illusione che pioverà, anche se non piove mai. Così oggi il cuore mi spingeva a narrare errando nei luoghi sacri.
Gholam Najafi
Gholam Najafi è nato in Afghanistan. Ha trascorso l’infanzia lavorando come pastore e contadino. Dopo la morte del padre, all’età di dieci anni, è fuggito dal suo paese d’origine verso il Pakistan, l’Iran, la Turchia, la Grecia e infine l’Europa. Dal 2006 risiede in Italia, a Venezia, con la sua famiglia adottiva. Si è laureato in soli due anni in Lingua, cultura e società dell’Asia e dell’Africa mediterranea e si è specializzato in Lingua, economie e istituzioni dell’Asia e dell’Africa mediterranea all’Università Ca’ Foscari. Attualmente collabora con il progetto “HERA” nel contesto della migrazione, presso l’Università di Padova e si dedica a scrivere racconti e poesie sulla situazione afghana.
Nei suoi libri racconta la sua storia e la sua vita tra due culture e due famiglie. Scopri i libri di Gholam Najafi e sfoglia la sua ultima pubblicazione, Il sorriso di Melograno.
Leggi tutti i frammenti del Diario di Herat.
Foto: Gholam Najafi