I servizi sociali ed educativi nel post-coronavirus: in equilibrio tra bisogni e diritti
I servizi sociali ed educativi nel post-coronavirus saranno caratterizzati da una larga produzione e diffusione di linee guida, con lo scopo di evitare possibilità di contagio adottando standard organizzativi e comportamentali in ogni luogo in cui si trovano e si incontrano più persone. In generale, per un tempo ancora indefinito, ci dovremo abituare ad un altro tipo di socialità, a relazioni senza contatto, a dialoghi con barriere, ad esperienze di “vicinanza a distanza” o di “prossimità da remoto”.
Nello specifico, bisognerà affinare metodi e strumenti che sappiano coniugare azioni e relazioni interpersonali con le esigenze di prevenzione collettiva e sanità pubblica.
Il post-coronavirus tra bisogni, diritti e opportunità
Ma lo sforzo richiesto ai professionisti del sociale è assai più arduo, a mio avviso, perché ha a che fare con il delicato argomento dell’equilibrio fra bisogni, diritti, opportunità.
L’effetto alone di una “regolamentazione sociale per linee guida” sarà particolarmente pervasivo e destabilizzante, nel medio-lungo periodo. Mentre stabilisce uno standard di comportamento, cogente a salvaguardia di un diritto alla salute (declinato esclusivamente come assenza di malattia!), infatti, sembra comprimere e rendere secondari tutti gli altri diritti, inibendo motivazioni e spinte al cambiamento.
Il servizio sociale da sempre accompagna la persona, i gruppi, le comunità, in percorsi di riconoscimento dei propri e altrui bisogni, da declinare e interpretare nell’alveo dei diritti, ricercando e muovendosi verso opportunità di esperienza e crescita.
Se i bisogni non si ergono a diritti si accontentano della beneficenza. Se dal bisogno si passa alla consapevolezza di un diritto ma non vi sono opportunità, ci si impantana nell’assistenzialismo.
Quando poi i diritti sono solo meramente declamati è compito nostro reclamarne l’attuazione, chiedendo politiche e pratiche amministrative che offrano condizioni e opportunità perché i diritti siano fruibili.
Tuttavia, questa crisi pandemica ha precluso opportunità, ha compresso diritti e in molti casi ha negato bisogni. Ampliando la schiera dei fragili e dei vulnerabili.
I servizi sociali ed educativi nel post-coronavirus: nuove strategie per nuovi rischi
Quando abbiamo interrotto i procedimenti di tutela per i minori, quando abbiamo sospeso gli incontri con il genitore non collocatario, quando abbiamo congelato la vita dei bambini in comunità, quando abbiamo lasciato anziani e disabili senza servizi domiciliari, quando abbiamo sospeso i progetti di emancipazione di ogni singolo cittadino, con il fine precipuo di salvaguardare la salute collettiva, abbiamo di fatto operato una gerarchia di diritti. Uno su tutti più importante, gli altri a seguire e solo ad alcune condizioni.
Non è mio intento ragionare se questo sia stato giusto o meno, nell’interesse pubblico di salute. Osservo, però, che se le politiche di ripresa non colgono l’importanza di tale dimensione e non intervengono sul fronte dei diritti e delle opportunità, il rischio concreto è che il post-emergenza sanitaria (orientato solo a prevenire il contagio) registri un breakdown sociale e psicologico che segnerà il nostro Paese per un lungo periodo.
Se è vero che questa “povertà da Covid-19” non è costituita solo da assenza o penuria di reddito da lavoro, ma vede anche rinuncia a cure essenziali, mancanza di autostima, isolamento, assenza di relazioni e di affetti, limitata partecipazione, difficoltà a ridefinire le proprie competenze lavorative, allora è necessario accompagnare le misure di rinforzo economico-produttivo con adeguate misure di rinforzo sociale a sostegno dei diritti individuali, abbandonando l’idea che il welfare sia ancillare rispetto al mercato e che i trasferimenti monetari siano sufficienti ad affrontare la crisi sociale.
Da parte sua il Servizio sociale dovrà scommettere su nuove pratiche che rimettano in equilibrio generativo bisogni, diritti e opportunità, riscoprendo la funzione di advocacy e ricollocandosi al fianco dei cittadini in una logica comunitaria che riaffermi l’importanza dell’esercizio dei diritti per la “salute sociale” collettiva.
a cura di Giuseppe De Robertis
Giuseppe De Robertis è assistente sociale presso il Comune di Andria (BT), coordinatore équipe integrata su abuso, maltrattamento all’infanzia e violenza di genere, consigliere nazionale dell’Ordine Assistenti Sociali e già Presidente dell’Ordine degli Assistenti sociali di Puglia dal 2005 al 2015.
Per edizioni la meridiana, è curatore con Antonio Nappi del volume “Welfare come diritto. Scenari e sfide del Servizio Sociale Professionale”, parte della collana curata dal Croas Puglia.
Immagine: Walk the line di Rene Schute.