Dar voce alle cose: un esercizio di improvvisazione teatrale per bambini
Noi umani, non siamo gli unici ad essere stati costretti ad un brusco cambiamento di abitudini di vita. Provate a pensare a cosa può essere oggi la vita di un sapone. O degli introvabili guanti di lattice. E gli abbracci, i baci, le strette di mano? Tutte queste cose, da un giorno all’altro, si sono trovate a vivere una vita completamente diversa. Allora, cosa potrebbero raccontare di questa esperienza? Cosa rimpiangono? Cosa hanno scoperto di nuovo? Come si sentono?
Perché un esercizio di improvvisazione teatrale per bambini?
Nella vita non possiamo avere tutto sotto controllo e preparato prima. Le cose che capitano non sono mai del tutto prevedibili. Allora, esercitarsi all’imprevisto, entrare in una scena senza sapere prima cosa succederà, ci permette di allenarci ad affrontare eventi nell’insicurezza, sfruttando la paura che il vuoto può generare. Significa anche andare alla ricerca della consapevolezza che la creatività umana ha sempre più possibilità del previsto, soprattutto se si tiene conto dell’altro, se si impara ad accoglierne le proposte e a pensare di migliorarle, pensando l’incontro personale non come una somma di esperienze, ma come una moltiplicazione.
Ecco allora lo spunto educativo, quanto mai attuale, dell’improvvisazione: trovare la miglior forma di collaborazione possibile per attraversare insieme l’insicurezza.
Le maestre che volessero assegnare un compito di teatro da fare a casa possono invitare i propri alunni a fare questo gioco in molti modi: in forma scritta, come esercizio di drammaturgia, oppure, consigliato, in forma di scena teatrale, eventualmente chiedendo di farne una ripresa video da condividere con i compagni.
Genitori e figli possono farne un gioco molto divertente, sia dal vivo, che in video. L’importante, per tutti, è partire da un gioco improvvisato, decidendo solo gli elementi indispensabili per avere uno spunto di inizio per poi lasciarsi trasportare dalla storia, fin dove va a finire… se finisce.
“La piccola voce”: un’attività da fare a casa o dal vivo
Questo gioco è parte del repertorio classico dell’improvvisazione teatrale. Per svolgerlo servono due attori, uno in scena e uno fuori scena, magari seduto tra il pubblico, comunque giù dal palco. Chi non può allestire un palco teatrale in casa può usare qualsiasi luogo, basta che siano chiari i ruoli del gioco.
L’attore in scena sceglie o si fa suggerire un luogo dove potrà improvvisare le proprie azioni. L’attore fuori scena dovrà decidere a chi o a cosa dare voce (nel gioco classico si può interpretare una formica o un bottone su un tavolo). L’attore che fa la ‘piccola voce’ non deve rivelare all’altro chi sarà; dovranno quindi incontrarsi e iniziare un’interazione.
L’attore fuori scena deve impegnarsi a far fare delle cose al suo compagno con il solo uso della voce. Naturalmente, se l’attore in scena compirà delle azioni in rapporto all’oggetto o all’esserino a cui dà voce, quello dovrà reagire di conseguenza.
Per esempio, se nella scena l’attore si trova in bagno e inizia a lavarsi i denti, chi sta fuori potrebbe dare voce allo spazzolino da denti e iniziare un dialogo chiedendogli di usare meno dentifricio.
La proposta di questo periodo è di dare voce ad alcuni oggetti della nostra vita quotidiana, la cui condizione, a causa del coronavirus, è cambiata radicalmente. Ecco alcuni esempi (l’elenco può essere ampliato a piacere):
- la cartella della scuola;
- i piedi;
- le mani;
- il naso;
- la bocca;
- l’Amuchina;
- i guanti di lattice;
- il sapone;
- il bacio;
- l’abbraccio;
- la stretta di mano;
- la tortiera ritrovata.
Se volete condividere il risultato del gioco, o se viene affidato come compito di teatro e cinema da fare a casa e da consegnare alla maestra, si può utilizzare un telefono o un tablet per farne un video.
Fare un esercizio di improvvisazione teatrale per bambini con tecniche diverse
Il dialogo
Questo esercizio può essere fatto in molti modi: ne suggerisco alcuni, in ordine di difficoltà.
Innanzitutto l’esercizio classico, in forma di dialogo tra due personaggi di cui uno è una persona che a un certo punto sente la voce di un oggetto e inizia a parlarci insieme e a fare delle cose.
Per capirci meglio: un bambino sta davanti al lavandino, perché deve lavarsi le mani. Apre l’acqua che deve diventare ben calda. Il suo compagno nel gioco, un fratello, una sorella o un genitore fuori scena, decide di dar voce al sapone. Mentre il bimbo sta per prendere il sapone, si sente la voce di chi sta fuori. Comincia quindi un dialogo simile a questo:
Sapone: “Oh, no, ancora!”
Bambino: “Lo sai che dobbiamo lavarci spesso le mani, c’è il Coronavirus.”
Sapone: “Sì, ma non c’è tregua, è già la sesta volta oggi!”
Bambino: “Se non ci fossi tu, caro sapone, pensa che guaio.”
Sapone: “Beh, sono contento di esserti utile. Allora usami, dai, che ci facciamo un bel balletto, però questa volta fammi fare anche dei salti, così ci divertiamo di più.”
Il bambino prende la saponetta e oltre a lavarsi le mani le fa fare dei salti, se il sapone cade nel lavandino:
Sapone: “Ahi, che botta! Stai attento, per favore.”
Potrebbe poi intervenire anche la schiuma per dire la sua e, perché no, anche l’acqua calda.
Chi fa la piccola voce deve immedesimarsi e cercare di esprimere pensieri, desideri, opinioni dell’oggetto e impegnarsi a far compiere azioni alla persona. Insisto su questo punto perché non si tratta solo di un gioco di dialogo a parola, ma è necessario che si crei una relazione fisica e che si producano delle azioni.
L’intervista
La scena può essere fatta anche in forma di intervista, basta prendere due sedie. Su una sedia sta l’intervistatore mentre sull’altra si posiziona l’oggetto (per intervistare un bacio bisogna usare un po’ di creatività in più, si può per esempio disegnare l’impronta di un rossetto rimasto su un fazzoletto). Chi sta fuori scena risponderà alle domande dell’intervistatore.
L’intervistatore potrà preparare una piccola introduzione per presentare il nome della trasmissione e il personaggio del giorno. Questa variante si presta più facilmente alla ripresa video.
Quindi, intervistatore sulla sedia e, poniamo, una mascherina sull’altra sedia. Si avrà un dialogo tipo questo:
Intervistatore: “Buongiorno, benvenuti alla nostra trasmissione CoronaReview, oggi abbiamo in studio un personaggio molto importante in questo periodo, il sig. Mascherina Bloccavirus. Come si sente oggi che, d’un tratto, tutti la cercano?”
Mascherina: “La fama non mi fa montare la testa, cerco di fare le cose che ho sempre fatto, stare sul naso, coprire la bocca, cose così, normali.”
Intervistatore: “Lei è abituata a stare in faccia ad un carrozziere, che effetto le fa girare sul muso di una donna anziana che va a fare la spesa?”
E così via.
Il monologo
Il monologo è un flusso di pensieri che un personaggio dice ad alta voce. Tra le tre modalità è la più difficile perché si è da soli in scena, ma si è anche più liberi, perché non bisogna ascoltare e capire cosa dicono gli altri. L’impegno è quello di riuscire a raccontare tutto quello che viene in mente dal punto di vista del personaggio.
D’altro canto, questa variante del gioco de “La piccola voce” può essere messa in scena facilmente anche da chi è figlio unico e non ha a portata di mano genitori, trovando un utile alleato in un tablet o in un cellulare per fare una ripresa video. Basterà inquadrare l’oggetto che si vuole far parlare, per esempio la bicicletta, e iniziare a parlare come se la voce fosse di quell’oggetto. Immaginiamo un monologo che va così:
Bicicletta: “Wow, sono giorni che giro per i corridoi della casa, non pensavo fosse così divertente. Certo non è come viaggiare veloce nel parco o sul marciapiede sotto casa, ma ho fatto cose che non avevo mai provato. Anche girare in soggiorno mi piace molto, tranne quando vado vicino al tavolino degli Svarovski della mamma del bambino, ecco, lì ho un po’ paura, spero che i miei pedali non tocchino mai la gamba del tavolo, sarebbe un macello…”
In questo caso chi fa la ripresa video può fare anche la voce.
Se si dispone di un cavalletto o di un supporto per lo strumento di ripresa, si può provare ad interpretare personalmente l’oggetto scelto. Diventa così anche più facile dare voce a cose invisibili come il “silenzio”, che è un personaggio molto famoso in questi giorni, o l’“inquinamento”. Bisogna cercare di assumere la forma fisica della cosa a cui si vuole dare la voce e provare anche a cambiare la propria voce, rendendola il più possibile simile a quella che potrebbe avere l’oggetto (un coronavirus, ad esempio, parlerà in modo diverso da un ospedale).
Così basta accendere lo strumento di acquisizione, presentarsi, se si vuole dicendo: “Io sono un bacio”, magari a bocca stretta, come per schioccarne uno, e iniziare a parlare dicendo tutto quello che un bacio, di questi giorni, pensa e potrebbe raccontare. Per esempio così:
“Schioccavo allegro sulle guance e sulle labbra, ero bello da vedere, tutti mi volevano ricevere e donare. Ma oggi sono ricercato dalla polizia, mi tocca stare nascosto e non farmi vedere, sono un fuorilegge, io che portavo amore e simpatia…”
Trovata la forma fisica e la voce del personaggio, può essere portato anche sulla sedia dell’intervista.
Naturalmente tra tutti questi personaggi si può scegliere di interpretare anche uno dei protagonisti indiscussi della scena attuale: il Coronavirus, ma, mi raccomando, assolutamente con le dovute e richieste precauzioni.
Buon divertimento.
a cura di Luigi Maniglia
Approfondimenti:
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Luigi Maniglia, attore, autore, musicista, esperto di TdO; mediatore familiare e formatore in ambito di mediazione dei conflitti interpersonali. Sviluppa percorsi basati sulla capacità di improvvisare nel laboratorio di ricerca teatrale “Fanfulon – un principio di movimento” (www.fanfulon.com) e nell’associazione “Epeira_Incontrare il conflitto” (www.epeira.eu). In formazione presso la scuola di improvvisazione teatrale Teatribù di Milano (www.teatribu.it).
Per approfondire le tematiche dell’improvvisazione e scoprire altri giochi teatrali per bambini in ambito educativo ti consigliamo “Improvviso educativo. Per una didattica ‘reidratante’” di Luigi Maniglia e Valentina Chioda (edizioni la meridiana, 2019).