Educare al rispetto nell’era del dissing
Mettere insieme offese in rima per un pubblico che si diverte ad ascoltare la maestria linguistica di un rapper, lesiva nei confronti di un altro rapper o di un altro personaggio pubblico che attrae l’antipatia condivisa, si chiama dissing. È opportuno ricorrere al dizionario Treccani:
“Nella cultura hip-hop e, in particolare, nella musica rap, canzone, brano che ha l’obiettivo di prendere in giro, criticare o addirittura insultare una o più persone, di solito appartenenti all’ambiente stesso della musica rap.”
Sono andata a cercare oltre al suo significato la sua etimologia, e il famoso dizionario nazionale va avanti così:
“Dall’ingl. dissing, voce originaria del vernacolo afro-americano, diffusa dall’hip-hop, probabilmente ricavata per scorciamento da (to) disrespect (‘mancare di rispetto’).”
Dissing o bullismo? Il confine sottile nelle scuole
I social network sono pieni di esempi famosi di dissing anche nel nostro Paese. Mi imbatto in un articolo della famosa rivista “Rolling stone” e trovo questo incipit: “Fabri Fibra contro Tormento, Kaos One contro Jovanotti, DJ Gruff contro Articolo 31. Denigrare i rivali è un’arte. Ecco chi la pratica meglio. Non è il caso di farne un dramma: come dice Jay-Z, è solo wrestling.”
È solo wrestling? Bene, immaginate questo wrestling in classe, in una classe alla primaria per esempio; immaginate come si traduce se sei un bambino che non ha strumenti per comprendere che quello che sta facendo contro i suoi compagni non è solo un gioco, solo finzione, ma un mucchio di parole orrende e volgari, ripetuto quotidianamente, che servono a far divertire i tuoi spettatori a scapito di un altro o un’altra compagna.
Immaginate che gli spettatori non ritengano che sia un problema, poiché si tratta di quel gioco che fanno i rapper sui social, anzi è qualcosa che fa sentire potenti, capaci di usare le parole, il famoso dissing. Peccato che tale pratica è lesiva dell’altro se il ricevente non autorizza il gioco, se l’altro è semplicemente un destinatario passivo di una interazione a cui non ha chiesto di partecipare. Questo accade nelle scuole italiane, dalle elementari fino alle secondarie di primo e secondo grado ogni giorno. Ogni giorno c’è qualcuno dei nostri figli ed alunni che pratica o subisce dissing pensando che sia del tutto normale.
Educare al rispetto nell’era del dissing
Se usiamo una parola in una lingua non nostra non vuol dire che essa sarà meno tagliente o violenta. Se usiamo una parola o ripetiamo una pratica vista sui social non vuol dire che questa sia inoffensiva, soprattutto se non abbiamo né l’età né gli strumenti di codifica e decodifica di un qualcosa che proviene dal mondo adulto. Spogliandoci dalla veste da educatori perbenisti, sarebbe interessante se i nostri figli e alunni apprendessero le tecniche raffinate di discussione e argomentazione dai rapper; sarebbe uno strumento formidabile per migliorare i loro eloqui e le loro competenze espressivo-comunicative.
Il problema non arriva da questo, infatti, ma viene dalla violenza verbale di cui il dissing si contraddistingue come vessillo di qualità. Il campanello d’allarme è per noi adulti, insegnanti, genitori, educatori, psicologi e pedagogisti: abbiamo il dovere di portare nelle nostre classi questi esempi di comunicazione per far comprendere a tutti la differenza tra spettacolo e realtà, tra gioco e vita, non demonizzando la categoria dei rapper che evidentemente fanno breccia nei cuori e nelle teste dei più piccoli come simboli da emulare, ma mettendo in evidenza e sfruttando l’occasione, ancora una volta, per rieducare e rieducarci a una comunicazione gentile, meno violenta e soprattutto al rispetto dell’altro chiunque sia e soprattutto che sia o no di nostro gradimento.
L’educare passa anche attraverso queste strettoie: adulti attenti e consapevoli possono fare la differenza.
Lucia Suriano
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Lucia Suriano è docente nella scuola secondaria di secondo grado. Ha iniziato a ricercare e sperimentare modalità e strumenti che realizzino il vantaggio dell’Educare alla felicità (in ambito educativo scolastico). Ribalta stereotipi e falsi miti educativi per una scuola capace di includere realmente tutti partendo dalla potenza della fragilità. Per edizioni la meridiana è autrice di Educare alla felicità. Nuovi paradigmi per una scuola più felice (2016) e Lasciarsi ribaltare. La Scuola è aperta a tutti (2020).