Cronache dal futuro / 29-04-2021
Continua la raccolta di testi Cronache dal futuro, lo spazio aperto ai ragazzi e alle ragazze che immaginandosi nel futuro raccontano a un interlocutore da loro scelto ciò che hanno vissuto, capito, provato durante i mesi della pandemia che ha imposto di ‘non vivere’ la loro età come i loro coetanei avevano fatto prima. Un tempo diverso raccontato però dai ragazzi attraverso la scrittura e una maschera da loro disegnata. I testi costituiscono un materiale vivo, palpitante e ricco. E ci dicono che “i ragazzi sapranno fare meglio di noi”. Dobbiamo solo ascoltarli. Buona lettura.
Una città che non ho mai riconosciuto come casa
Il mio 2020 è stato quella lunga passeggiata tra gli alberi di una città che non ho mai riconosciuto come casa. È stato la paura di tutti quei momenti in cui non volevo stare da sola, ma dove, inevitabilmente, lo ero. È stato il sole che ha cominciato pian piano a tramontare. È stato lo scoprire un panorama che era solo per me. È stato il guardarmi indietro per paura di vedere ancora qualcosa, o qualcuno. Ed è stato respirare un’aria che, devo dire, mi sembrava diversa. Non saprei descrivere in altro modo quei lunghissimi 365 giorni, perché per me sono stati esattamente come quella passeggiata.
Ho sempre pensato che avrei riservato tante parole per un evento tanto unico quanto raro, ma la verità è che non ce ne sono per raccontarlo. Non ci sono pensieri per immaginarlo e non ci sono abbastanza memorie per riviverlo. Neanche adesso, a distanza di vent’anni, sono capace di dirti abbastanza e mi scuso immensamente per questo. Ma come faccio a scrivere di mille sfaccettature? Di mille sensazioni? Di mille emozioni? È stata un’esperienza troppo particolare per ognuno di noi, tanto che non mi ritengo ancora abbastanza degna di ricordare dolori o perdite che non ho vissuto. So solo che ti posso parlare di me, di quella ragazza inconsapevole e spero con tutta me stessa che in fondo sia abbastanza.
Mi piace ricordarmi in quel gennaio come in balia della leggerezza, dell’amore e forse della felicità, perché febbraio è stato la calma prima della tempesta, seguito da un marzo privo di un’espressione concreta. Tanto travolto dall’agitazione, dall’insicurezza e dalla confusione, marzo è stato quel brutto sogno che quando eravamo piccoli ci ha fatto svegliare tremanti di paura. Solo che stavolta non sono stati i nostri genitori a metterci di nuovo a letto, ma i nostri pensieri, tutti quelli che abbiamo cercato di nascondere, di non vedere, di sotterrare e che alla fine, in ogni caso, sono tornati a galla. Non si può sfuggire dal nostro specchio, dalle nostre verità e tutte quelle notti passati a svegliarci di colpo ci hanno solo aiutato a ricordarlo. Ci hanno messo a nudo e nonostante fossimo con noi stessi, per un po’, ci siamo vergognati, fino a quando ci siamo lasciati andare in quella nuova normalità. Mentirei se ti dicessi che non mi sono crogiolata nella strana tranquillità di quel tempo infinito e che non mi sono goduta i momenti con le poche persone vicine a me. E mentirei nel dire che non ci hanno fatto bene, perché ci siamo riavvicinati o forse conosciuti come non avevamo mai fatto. Siamo stati i pezzi di un puzzle da anni lasciato su un vecchio tavolo e che quell’anno abbiamo finalmente voluto finire, tanto che ad oggi posso dire di esser fiera di veder quel quadro completo.
Non so dirti se tutto questo sarà mai abbastanza, forse abbiamo ancora tanto da imparare, ma credo che questo piccolo grande granello di sabbia abbia comunque aiutato a riempire la nostra spiaggia. Non sono tante le parole che ho voluto spendere per questa lettera: sono del parere che scoprirai tutto a tempo dovuto. Arriveremo a rivedere il sole, a notare di più il cielo, che non sarà lo stesso di prima, ma che ci terrà compagnia comunque. A volte non avremo nulla da dire, altre invece non riusciremo a trattenere l’emozione. Ci renderemo conto di ciò che vogliamo donare agli altri, di dove vogliamo stare e di voler conservare questa leggerezza. Questo 2020 mi ha donato dubbi, risposte e una meravigliosa comprensione. Alla prima prossima camminata, o forse no, per la ragazza qualche anno prima della passeggiata.
Un’occasione per conoscersi meglio
Cara Federica,
sfogliando per caso nei miei ricordi mi è tornata in mente una esperienza “storica” e mi piacerebbe condividere con te la storia. È iniziato tutto d’un tratto. Era l’anno 2020, avevo 13 anni, un virus dalla Cina e… bum! Scuole, palestre… tutto chiuso. Così è iniziato il lockdown qui in Puglia e in tutta Italia.
I primi giorni non mi sono pesati affatto. Ero contenta che non si andasse a scuola e anche che non avrei passato il giorno del mio compleanno a studiare. Dopo circa un mese, però mi sono stancata: non ero abituata a stare in casa per così tanto a lungo e certe volte non riuscivo nemmeno a dormire. Però poi ho iniziato a vedere la quarantena come un’occasione per rilassarmi, senza stress e tensioni: non dover scegliere l’outfit per la scuola, non dover preparare lo zaino la sera e poter dormire di più!
In quarantena ho scoperto quali sono le cose più importanti per me, cioè cantare, ascoltare musica, fare sport, truccarmi: è vero, le giornate erano monotone, ma non ho sentito la mancanza dei miei amici, perché ho delle sorelle fantastiche che mi fanno compagnia. Un periodo nefasto e terribile per tanti aspetti, ma mi sono conosciuta meglio: sono una solitaria e adoro fare ciò che mi piace. Questo mi basta per essere felice, ieri e oggi.
Per saperne di più sul progetto Cronache dal futuro, leggi l’articolo introduttivo in cui Raffaela Mulato racconta questo progetto per dar voce ai giovani.
Cronache dal futuro è anche una proposta che vorremmo rendere virale (e virtuosa). Che tu sia un docente, un educatore o un genitore, proponila ai ragazzi e invitali a inviare i loro scritti e le loro maschere per email a informazione@lameridiana.it. Troveranno spazio sul nostro blog, dove saranno pubblicati insieme alla maschera che li accompagna.