Cronache dal futuro / 22-04-2021
Continua la raccolta di testi Cronache dal futuro, lo spazio aperto ai ragazzi e alle ragazze che immaginandosi nel futuro raccontano a un interlocutore da loro scelto ciò che hanno vissuto, capito, provato durante i mesi della pandemia che ha imposto di ‘non vivere’ la loro età come i loro coetanei avevano fatto prima. Un tempo diverso raccontato però dai ragazzi attraverso la scrittura e una maschera da loro disegnata. I testi costituiscono un materiale vivo, palpitante e ricco. E ci dicono che “i ragazzi sapranno fare meglio di noi”. Dobbiamo solo ascoltarli. Buona lettura.
L’anno del Coronavirus
Ciao Jane,
Sono la tua vecchia nonnina Letizia. La tua mamma mi ha detto che avresti voluto che io venissi a scuola per raccontare il mio vissuto al tempo del Covid-19. Purtroppo, questo non è possibile per i miei problemi alle gambe. Perciò sono qui, sulla mia vecchia poltrona, a scriverti una lettera che domani leggerai a scuola insieme ai tuoi amici.
Ricordo ancora il suono del tappo dello spumante nella stanza allo scoccare della mezzanotte, quando abbiamo accolto il 2020. Io e i miei genitori festeggiavamo con amici l’arrivo del nuovo anno, ma nessuno sapeva ciò che quell’anno stava per portare. Eravamo tutti entusiasti, non si capiva niente, c’erano frastuono, allegria e speranza in un anno migliore, che poi si sarebbe presentato come l’anno del Coronavirus. Inizialmente si diceva “che vuoi che sia, è solo un virus!”. Sì, è stato solo un virus, un essere invisibile che ci costringeva a rimanere chiusi e bloccati in casa.
Può sembrare una cosa facile: all’ inizio tutti lo pensavano, fino a quando la curva dei morti e dei contagiati non si è alzata. In quel momento la paura si è impossessata dei nostri corpi. Sono state chiuse tutte le attività, erano rimaste aperte solo quelle di prima necessità. Non si poteva uscire, il tempo si era fermato. Prima della pandemia, invece, lo rincorrevamo come il leone rincorre la preda. Avevamo paura che non bastasse per svolgere i nostri impegni quotidiani. Invece, in quel periodo, ci siamo annoiati. Tutti abbiamo cercato di svolgere nuove attività: io, per esempio, ho iniziato a lavorare a maglia (con scarsi risultati). C’è chi ha iniziato “challenges”, come quella di palleggiare con la carta igienica (chi lo dimentica: per un periodo Instagram era pieno di video del genere). Le emozioni erano sempre le stesse. Erano nascoste da una maschera, che trasformava i nostri volti in visi ignoti. Molti legami si sono affievoliti mentre altri rinforzati.
Durante la quarantena, l’Italia era molto unita. Si organizzavano concerti sul balcone per sentirsi più vicini nella battaglia contro il nemico invisibile e si appendevano striscioni con su scritto “ANDRÀ TUTTO BENE”. Ma tutti si chiedevano se a quella frase bisognasse aggiungere un punto interrogativo. Per fortuna adesso è tutto passato.
Come vedi piccola mia, sono qui, a scriverti questa lettera per far riaffiorare ricordi, che per la vecchiaia, tra un po’, andranno via, ma voglio che tu non dimentichi. Questo virus ha portato via molte persone innocenti. Morte in solitudine, nei letti freddi degli ospedali, senza parenti che avrebbero potuto alleviare il loro dolore con un sorriso e un abbraccio. Perciò ricorda, piccola mia. Ricorda: perché questo periodo non venga avvolto nel vortice dell’oblio. Racconta ai tuoi figli e nipoti quello che è stato il 2020.
Un giorno siamo ritornati a scuola
Ciao diario,
oggi ti parlo proprio dal 2050. Sì, sono diventata parecchio grande, ma vorrei parlarti del 2020. Sì, quell’anno terribile che io definirei come se fosse stata la Terza Guerra Mondiale. Vorrei parlarti più della scuola, quel momento difficile che abbiamo dovuto passare in classe o in video lezione. In video lezione era bello, facevi meno ore di studio, potevi approfittare che i prof non c’erano, ok, ma non era proprio bellissimo. Io ebbi difficoltà con lo studio e non riuscivo a seguire bene il programma.
Ma poi un giorno siamo ritornati a scuola: era tutto cambiato, ognuno doveva portare la propria mascherina, o come la chiamano. Non potevamo più fare alcune attività molto divertenti, non potevamo toccarci, dovevamo stare a un metro di distanza, anzi facciamo due metri: era un incubo! Eravamo rinchiusi in questo posto, non potevamo neanche alzarci alla ricreazione, ma per fortuna i prof hanno chiuso un occhio e qualcosa ci hanno fatto fare, ma non molto purtroppo. Non vedevo l’ora che quell’anno finisse. Ma ora vado. A presto, diario!
Per saperne di più sul progetto Cronache dal futuro, leggi l’articolo introduttivo in cui Raffaela Mulato racconta questo progetto per dar voce ai giovani.
Cronache dal futuro è anche una proposta che vorremmo rendere virale (e virtuosa). Che tu sia un docente, un educatore o un genitore, proponila ai ragazzi e invitali a inviare i loro scritti e le loro maschere per email a informazione@lameridiana.it. Troveranno spazio sul nostro blog, dove saranno pubblicati insieme alla maschera che li accompagna.