Cronache dal Futuro / 20-05-2021
Continua la raccolta di testi Cronache dal futuro, lo spazio aperto ai ragazzi e alle ragazze che immaginandosi nel futuro raccontano a un interlocutore da loro scelto ciò che hanno vissuto, capito, provato durante i mesi della pandemia che ha imposto di ‘non vivere’ la loro età come i loro coetanei avevano fatto prima. Un tempo diverso raccontato però dai ragazzi attraverso la scrittura e una maschera da loro disegnata. I testi costituiscono un materiale vivo, palpitante e ricco. E ci dicono che “i ragazzi sapranno fare meglio di noi”. Dobbiamo solo ascoltarli. Buona lettura.
La paura: una delle nemiche peggiori
Cari nipotini,
immagino che vi siate chiesti almeno una volta che cosa è successo nel 2020 in Italia e in tutto il mondo; che cosa abbiano provato le persone che hanno vissuto la pandemia di quegli anni in prima persona. Ebbene, io sono qui per parlarvene.
Sapevo che sarebbe arrivato questo momento, non ne ho dubitato un istante e forse ho anche sperato che non arrivasse, perché non è molto piacevole ricordare quegli eventi. Quei momenti in cui lo slogan “Andrà tutto bene!” non faceva altro che rappresentare l’opposto di ciò che realmente accadeva. Inizialmente, le persone erano molto spaventate: smisero di abbracciarsi, alcune perfino di salutarsi, si aveva paura perfino di se stessi, dei propri vestiti, della propria bocca e del proprio naso. Si poteva uscire di casa solo per fare la spesa e, mentre camminavi per strada, la gente ti guardava strano. Gli occhi erano l’unica cosa che si poteva vedere, il resto del volto era coperto da una mascherina, e le mani sembravano quelle dei puffi, erano ricoperte di lattice azzurro e mentre la gente camminava era più diffidente del solito e badava a tenersi ben distante dagli altri. I bar erano chiusi, le panchine sbarrate da nastro che impediva alle persone di sedersi, i vecchietti infatti non erano per strada a spettegolare, i ragazzi erano tutti a casa perché le scuole erano chiuse.
Anche la zia andava a scuola in quel periodo: avevo tredici anni, più o meno la vostra età e ci trovammo tutti improvvisamente a dover “andare a scuola” tramite internet. Mi ricordo che davanti alla posta non c’erano persone ad aspettare e anche le Chiese non potevano accogliere gli afflitti. I medici morivano mentre cercavano di non far morire le persone e intanto parti del mondo, soprattutto la Cina, cercavano di venirci in aiuto. E no, purtroppo non è un mondo immaginario e neanche la trama di un libro di fantascienza: è la descrizione di ciò che accadeva in quei giorni nel mondo, in Italia; è la descrizione di un mondo colpito da un virus, il “Corona” o “Covid-19”, un virus che ci stava impedendo di fare molte cose, ci stava facendo impazzire, ad alcuni perdere le speranze, a molti morire…
Poi la situazione cambiò un po’, ma non molto, le persone continuavano a morire ed erano stanche, avevano paura. C’era chi non rispettava le regole e chi si era stancato di rispettarle, ma bisognava continuare ad andare avanti, a sperare in quel momento in cui avremmo potuto camminare per le strade senza avere nulla sulla faccia, tornare tra i banchi di scuola e abbracciarci senza preoccuparci. Quella paura opprimeva le persone, offuscava la vista e la riempiva di tenebre che impedivano di stare bene. C’era chi diceva che il Covid ci aveva cambiati, ma io non ci ho creduto neanche un attimo. Non era affatto vero, tutti continuavano a lamentarsi di tutto, anzi il Covid diventò quasi un pretesto, una scusa per litigare e non appena fu elaborato un vaccino che sembrava essere utile, partì subito la contesa fra continenti, nazioni, regioni.
La paura era davvero una delle nemiche peggiori, eppure anche io ebbi paura. Mi ricordo di quella mattina di marzo, in cui non eravamo ancora in lockdown, ma ci saremmo entrati di lì a breve: facemmo una fuga, una fuga dall’aria di casa. Volevamo staccarci da quello che stava accadendo nel mondo, così io, mia sorella e mamma, prendemmo la macchina e andammo al mare a respirare un po’ d’aria pulita, cercando di sfuggire almeno per un’ora dalla questione coronavirus. Per strada però le mascherine ambulanti non facevano che ricordarcelo. Mi ricordo che non camminai sul marciapiede, come si fa di solito in una passeggiata al mare, ma camminai sulle pietre e respirai l’aria del mare. Ogni tanto mi fermavo su uno scoglio più alla punta e lo guardavo, guardavo il mare e pensavo a quanto è immenso e a come ci collega alle altre nazioni, pensavo a quanto è bella quell’acqua limpida e mi venne in mente l’estate, mi venne in mente quel bagno fatto alle sette di sera con un’acqua limpidissima, e a come mi sentivo tranquilla mentre nuotavo nella sua infinità, a quanta forza e confusione cela in se stesso.
Anche nella mia testa c’era tanta confusione, che solo il mare poteva placare, così chiusi gli occhi e mi misi in ascolto. Ascoltai il mare, ascoltai me stessa e mi calmai, riuscii a rilassarmi e forse non ci fosse stata quella passeggiata avrei affrontato quel periodo di quarantena che ne venne dopo, in maniera molto più cupa. Non nascondo che temetti che quella fosse l’ultima passeggiata in assoluto: pensai che non fosse da escludere che anche io mi potessi ammalare “E se morissi?”, mi chiesi. Così, forse scioccamente, pensai che se avessi lasciato delle cose in sospeso, qui sulla Terra, come tornare a nuotare nell’acqua limpida del mare, realizzare i miei sogni, passare del tempo con le persone che amavo, forse, dovendo ancora concludere quelle cose, non sarei morta o comunque avrei avuto delle ragioni per lottare e continuare a vivere. Mi aggrappai a me stessa e ai miei sogni per quel futuro incerto, ma intanto così riuscii ad uscirne forte.
Bene, cari nipoti, la mia storia è finita qui, ma ci sarebbe ancora molto altro da raccontare.
Per saperne di più sul progetto Cronache dal futuro, leggi l’articolo introduttivo in cui Raffaela Mulato racconta questo progetto per dar voce ai giovani.
Cronache dal futuro è anche una proposta che vorremmo rendere virale (e virtuosa). Che tu sia un docente, un educatore o un genitore, proponila ai ragazzi e invitali a inviare i loro scritti e le loro maschere per email a informazione@lameridiana.it. Troveranno spazio sul nostro blog, dove saranno pubblicati insieme alla maschera che li accompagna.