Cronache dal Futuro / 18-03-2021
Continua la raccolta di testi Cronache dal futuro, lo spazio aperto ai ragazzi e alle ragazze che immaginandosi nel futuro raccontano a un interlocutore da loro scelto ciò che hanno vissuto, capito, provato durante i mesi della pandemia che ha imposto di ‘non vivere’ la loro età come i loro coetanei avevano fatto prima. Un tempo diverso raccontato però dai ragazzi attraverso la scrittura e una maschera da loro disegnata. I testi costituiscono un materiale vivo, palpitante e ricco. E ci dicono che “i ragazzi sapranno fare meglio di noi”. Dobbiamo solo ascoltarli. Buona lettura.
Vivere con se stessi quando non hai altra scelta
All’inizio è stato spaesante, non avevo compreso la situazione e non sapevo come comportarmi. Quanto sarebbe durato, come avrei passato il tempo, se fosse peggiorato il virus: erano tutte cose che non sapevo. Non è stato semplice, ogni giorno desideravo sempre di più poter avere una casa per me, anche solo un piccolo appartamento, per poter assaporare la solitudine come si deve. Niente litigi o limiti inutili: io e la mia testa. La mia noia e i miei problemi, le mie paure e le mie ansie, non quelle degli altri.
Tralasciando alcuni doveri come la didattica a distanza, lo studio e le faccende domestiche, devo ammettere di essermi sbizzarrita. Sono fiera di me. Non smettevo di cucinare, ho scritto, disegnato, provato a dipingere, ascoltato album interi senza fare molto altro nel mentre e ho scoperto nuova musica. Ho provato a imparare una nuova lingua. Di certo non volevo impararla seriamente, non avevo chissà che obiettivi, ma il giapponese mi ha sempre affascinato quindi perché no? Era quasi terapeutico, perché non lo studiavo come una materia scolastica, ma scrivevo lentamente sul mio quadernetto, con disegni e colori, senza fretta, poco alla volta. Non riuscivo a stare così tanto ferma, mi allenavo e giravo per casa sperando di sfogarmi in qualche modo. A volte pulivo la casa, sistemavo o riordinavo la camera, senza un vero e proprio motivo. Ho anche riletto alcuni libri: avevo finito il lievito madre.
Tra le cose che la quarantena mi ha insegnato è vivere con se stessi quando non hai altra scelta. Ho sempre paura di perdere tempo ed essere obbligata a stare in casa mi ha permesso di imparare a godermi certi momenti di puro pensiero. Senza fare nulla. Ho trovato nuovi metodi per rimanere in contatto con le persone, e ho notato che tutti, ragazzi, adulti, professori e talvolta anche anziani, hanno imparato ad utilizzare la tecnologia in modo più responsabile ed intelligente. Mi sono concentrata su me stessa, cosa che nella nostra società non è sempre visto positivamente. Mi spiego meglio: viviamo in un mondo dove la produttività non deve cessare. Siamo come macchine, sempre pronti a raggiungere determinati obiettivi, che guarda caso, non riguardano mai la crescita personale o la propria salute mentale, ma i soldi, il lavoro, il successo, il potere. Finalmente ho fatto qualcosa per me. Dopotutto, è stata una situazione terribile e abbiamo dovuto sopportare le conseguenze anche dopo la quarantena. Però, nonostante possa risultare contraddittorio, mi piaceva quella bizzarra sensazione di follia. Follia vigorosa e sana. Per concludere, avere degli animali domestici può salvarti, invece, dalla follia dannosa, quella nociva.
Siamo stati obbligati a pensare collettivamente
Iniziava il 2020… All’epoca le persone si preoccupavano solo di ciò che succedeva nelle vicinanze. In Cina, un paese con più di un miliardo di persone, si parlava del ritorno della SARS, una malattia che si era trasmessa dall’animale all’uomo. La Cina era in ginocchio con migliaia di contagi e le persone continuavano a non far niente, anzi incolpavano le persone che mangiavano animali inusuali, senza pensare che all’epoca c’era un intenso traffico tra i Paesi e a dominare diversi mercati era proprio la Cina. Due mesi dopo si manifestano altri casi in alcuni Paesi, ma ancora nessuno si preoccupava davvero… In un attimo i casi, in paesi come l’Italia, diventarono migliaia. Ovviamente la mancanza di prevenzione ha aggravato la situazione e iniziarono i primi lockdown, periodi in cui le persone erano obbligate a rimanere a casa, era permesso uscire solo per determinate necessità, come fare la spesa. Il 2020 è stato un anno atipico. Si può chiamare anche l’anno delle denunce.
Ho sempre pensato che nulla succeda per caso e quella malattia il suo perché ce l’aveva. Eravamo abituati a pensare che fossimo ‘evoluti’, pensavamo che con la tecnologia e tutte le scoperte mediche che avevamo fatto tutto era possibile, pensavamo di essere padroni del mondo, di poter vivere senza preoccuparsi degli altri, tutti pensavano a se stessi. Ma con questa emergenza siamo stati obbligati a pensare collettivamente: il nostro benessere dipendeva dagli altri e il benessere degli altri dipendeva da noi. All’epoca non solo i malati vivevano un periodo difficile, ma anche le persone a casa. Ho sentito di molte persone che hanno sofferto di depressione, ancora nel 2020 le persone venivano oppresse per il loro credo, ancora nel 2020 le persone venivano giudicate per il loro credo. Spero che un anno così non si ripeta mai più.
Per saperne di più sul progetto Cronache dal futuro, leggi l’articolo introduttivo in cui Raffaela Mulato racconta questo progetto per dar voce ai giovani.
Cronache dal futuro è anche una proposta che vorremmo rendere virale (e virtuosa). Che tu sia un docente, un educatore o un genitore, proponila ai ragazzi e invitali a inviare i loro scritti e le loro maschere per e-mail a informazione@lameridiana.it. Troveranno spazio sul nostro blog, dove saranno pubblicati insieme alla maschera che li accompagna.