Cronache dal futuro / 18-02-2021
Continua la raccolta di testi Cronache dal futuro, lo spazio aperto ai ragazzi e alle ragazze che immaginandosi nel futuro raccontano a un interlocutore da loro scelto ciò che hanno vissuto, capito, provato durante i mesi della pandemia che ha imposto di ‘non vivere’ la loro età come i loro coetanei avevano fatto prima. Un tempo diverso raccontato però dai ragazzi attraverso la scrittura e una maschera da loro disegnata. I testi costituiscono un materiale vivo, palpitante e ricco. E ci dicono che “i ragazzi sapranno fare meglio di noi”. Dobbiamo solo ascoltarli. Buona lettura.
Una bomba a mano, casa mia
La mia quarantena? Come l’ho passata? Vissuta? Ci sarebbe una parolina magica da utilizzare, ma è volgare e quindi mi adeguerò all’ambito scolastico: uno schifo.
Mi scusi, prof, per il mio francesismo, ma quella parolina avrebbe espresso la mia situazione, non perché è stato un periodo sempre in caduta, ma per le situazioni createsi intorno a me. Dell’esterno non mi importava neanche tanto, non in senso negativo, perché io stavo sul mio, ascoltavo i telegiornali e rispettavo le regole, mascherina e gel e guanti come fossero una seconda epidermide e via.
Inizialmente ho pensato che questa cosa sarebbe stata fichissima, niente scuola, a casa sul divano, leggere e ascoltare musica, mangiare e dormire, IL PARADISO.
Poi lo step successivo è stato rendersi conto del motivo dello stare a casa, del non andare a scuola, del barricarsi in casa; essere consapevole di quello che era appena iniziato e che molto probabilmente si sarebbe proteso per un tempo luuunghiisssssimoooo.
Il terzo step si chiama “qualunque scusa è buona per uscire”, ma l’ho un po’ saltato questo perché mia mamma era fiscalissima (manco avessi un carabiniere in casa).
Quindi il mio terzo step è stato il rimbombante eco dei telegiornali: ogni mezzogiorno e cena ad ascoltare Zaia, le notizie si ripetevano, i numeri si alzavano, mia mamma continuava a ripeterci almeno 3/4 volte al giorno quello che avevamo sentito già due volte ai telegiornali.
E già dopo due settimane ero stanca di tutto questo. Se dopo due settimane ero così, non si immagina la quarantena.
Una bomba a mano, ecco cosa era casa mia. Mamma e papà a casa per quasi due mesi è qualcosa che non auguro a nessuno. La convivenza era tensione fortissima, tirata come una corda e la corda da parte mia si è spezzata più volte, ma se ne è accorto qualcuno?
Mio papà e io siamo uguali caratterialmente, siamo testardi e cocciuti, ma mentre io riesco a capire le cose nonostante vadano contro i miei pensieri, mio papà no, era un litigio continuo, uno scontro senza frontiere. Mia mamma invece è l’esatto opposto di me, non mi assomiglia per niente, ma nonostante io l’avessi capito da molto, lei ancora non lo capisce, è convinta che le cose che piacciono a lei debbano piacere anche a me, no!
Ho passato i miei giorni il più possibile in camera mia e ho scoperto nuovi lati di me che non conoscevo o che magari non comprendevo bene.
La musica è diventata la mia migliore amica, i libri non li divoravo, li mangiavo direttamente interi, ho sempre amato leggere e riesco ad estraniarmi in una maniera inspiegabile; eseguivo i miei impegni scolastici, mi perdevo a guardare le travi del soffitto pensando alle cose più improbabili ed impensabili, ho fatto qualche videochiamata con le mia amiche, ho riscoperto la mia passione per la pittura e gli acquerelli, sono diventata bravissima a ballare, mi sono arrabbiata contro me stessa e contro il mondo intero; la stanchezza di non poter uscire che ho attenuato con la mia mini-terrazza (l’ho attrezzata al massimo per sentirmi bene in quel piccolo spazietto esterno), mi sono riguardata al computer le mie saghe preferite.
Non l’ho passata molto in famiglia e sinceramente non me ne pento, ho preferito stare bene con me stessa che stare in un ambito stressante e schiacciante a causa dei miei genitori.
L’eccezione è stata mia sorella, lei è il contrario di me: timidina, riservata e calma, lei è stata l’unica con la quale sono riuscita a rapportarmi durante questo periodo, ci siamo supportate a vicenda nel passare questo periodo del cavolo insieme.
Beh, che dire… ho imparato tanto di me stessa e che anche adesso potrei essere indipendente.
Ho potuto vedere da vicino il caos che si è scatenato
Nel 2020 abbiamo visto diffondersi a livello mondiale una grave epidemia, chiamata Coronavirus o Covid-19.
È stato un virus che ha contagiato e purtroppo ucciso un numero consistente di persone, non solo in Italia, ma anche in tanti altri Paesi, portando caos e disagi sociali ai cittadini.
Infatti, oltre ad aver dovuto affrontare la paura di essere contagiati o che una persona a noi cara potesse diventarlo, abbiamo inoltre provato tristezza e disperazione per i tanti decessi accaduti. Come se non bastasse ne abbiamo risentito molto anche a livello sociale: essendoci trovati costretti a stare rinchiusi a casa per un bel po’ di tempo senza poter avere contatti con nessuno.
Un altro aspetto importante penso sia anche il fatto che interi paesi si siano trovati ad affrontare nel giro di poco tempo un’emergenza così consistente senza avere ancora le giuste conoscenze ed i mezzi necessari per contenere il virus e far guarire i contagiati. Il problema è stato proprio questo, ovvero il numero dei malati ora alto e sempre in costante crescita a fronte di un deficit dei mezzi necessari per le cure, scatenando nella società il panico e la paura.
Personalmente ho trovato difficile dover affrontare tutto questo, così giovane con la voglia di stare in contatto con gli altri e, soprattutto in un momento del genere, anche se ciò non è stato possibile, in quanto volontaria della protezione civile ho avuto modo di vedere da vicino la paura tra la popolazione, a volte a mio parere un po’ eccessiva che, in alcuni momenti, ha contribuito ad aggravare certe situazioni. Ho potuto inoltre vedere da vicino il caos che si è scatenato a causa dell’essere stati colti di sorpresa e di conseguenza impreparati di fronte a una situazione così delicata. Ma ciò che non dimenticherò mai sono tutte le vittime.
Per saperne di più sul progetto Cronache dal futuro, leggi l’articolo introduttivo in cui Raffaela Mulato racconta questo progetto per dar voce ai giovani.
Cronache dal futuro è anche una proposta che vorremmo rendere virale (e virtuosa). Che tu sia un docente, un educatore o un genitore, proponila ai ragazzi e invitali a inviare i loro scritti e le loro maschere per email a informazione@lameridiana.it. Troveranno spazio sul nostro blog, dove saranno pubblicati insieme alla maschera che li accompagna.