Cronache dal Futuro / 11-03-2021
Continua la raccolta di testi Cronache dal futuro, lo spazio aperto ai ragazzi e alle ragazze che immaginandosi nel futuro raccontano a un interlocutore da loro scelto ciò che hanno vissuto, capito, provato durante i mesi della pandemia che ha imposto di ‘non vivere’ la loro età come i loro coetanei avevano fatto prima. Un tempo diverso raccontato però dai ragazzi attraverso la scrittura e una maschera da loro disegnata. I testi costituiscono un materiale vivo, palpitante e ricco. E ci dicono che “i ragazzi sapranno fare meglio di noi”. Dobbiamo solo ascoltarli. Buona lettura.
Fuggire un po’ da casa
Quando si iniziavano a sentire le prime notizie sul virus sembrava quasi fantascienza: giravano video di gente che sveniva a terra per strada con le convulsioni, o immagini di medici con tute bianche che li proteggevano dalla testa ai piedi. Pian piano con il passare delle settimane vedevo sempre più gente passeggiare con la mascherina, fino a che è diventato obbligatorio portarla per tutti, oltre che all’interno dei locali, anche passeggiando. Uscendo mi sembrava quasi di girare per una città post apocalittica: tutto era cupo. Inizialmente non ci si poteva muovere dalla propria città e con il passare dei giorni si è arrivati a non potersi allontanare più di 200 metri da casa, tranne che per andare a fare la spesa o per necessità importanti: dovevi sempre portarti dietro autocertificazione, mascherina e disinfettante o guanti. La spesa è stata la mia salvezza durante quel periodo: andare al supermercato era diventata l’unica scusa per riuscire a fuggire un poco da casa.
Tutti vedevano la quarantena come un’occasione per ricongiungersi con la famiglia e migliorare il rapporto, ma per noi è stato diverso. Arrivavo la sera distrutta, le giornate funzionavano così: ci si svegliava la mattina e si faceva videolezione, si pranzava tutti assieme, il pomeriggio si lavorava nell’azienda di mio padre per dargli una mano e, finito il lavoro, con mio fratello ci siamo messi a restaurare un vecchio capanno di mio nonno; la sera, invece, si mangiava guardando un film. Questa bella atmosfera da famiglia perfetta però è durata poco: dopo un po’ ti pesa non avere i tuoi spazi, ci siamo trovati costretti a dividere una casa piccola in quattro, spesso ho dovuto chiudermi in bagno o rimanere a congelare in giardino pur di fare una videochiamata con gli amici, perché ai miei e mio fratello davo fastidio. Eravamo diventati tutti nervosi, si litigava per ogni piccola cosa e siamo arrivati a non parlarci per giorni. Poi è arrivata Pasqua ed è stata una giornata magnifica: siamo riusciti a parlare dei nostri problemi, abbiamo preparato il pranzo tutti e quattro assieme, non era mai capitato di fare Pasqua così con la famiglia ristretta, penso sia l’unica giornata per cui ho “ringraziato” il covid-19. Nel complesso non lo ricordo come un periodo terribile, ma pensando bene a come è stata vissuta è stato un periodo pesante.
Ho riscoperto il valore del “non dare niente per scontato”
Ai miei figli, o ai miei nipotini (di sangue e di cuore), racconterò com’è stato vivere nel 2020 durante la pandemia causa covid-19.
È stata una novità per tutti noi, per me e per la mia/nostra famiglia, per i miei amici, per i professori della mia scuola. È stato un periodo molto, molto brutto, tanto quanto le guerre, malattie e tragedie che studierai quando sarai più grande; ha cambiato il mondo e il modo di vederlo da parte delle persone e la modalità di relazionarsi tra di loro. Anche solo una chiacchierata, un’uscita in tutta tranquillità e spensieratezza, si era trasformata in un ‘sì ok ci vediamo, ma è pericoloso, dobbiamo stare attenti, per noi e per gli altri’. Gli abbracci, i baci, semplici strette di mano (i quali erano la quotidianità, gesti ormai dati per scontati) divennero un qualcosa da evitare assolutamente, per evitare di contagiarsi l’uno con l’altro.
La mancanza di contatto fisico è stata dura per me, in quanto sono, come ben sapete, una persona che tiene molto ai rapporti umani e non poter anche solo stringere i miei amici, i miei nonni, è stata una tortura. Purtroppo, vostra nonna si era ammalata a causa di questo brutto e cattivo virus, ma fortunatamente guarì (anche se le sue condizioni, già più che precarie, hanno comunque fatto il loro corso, indipendentemente dal virus)… Durante la quarantena ho riscoperto il valore del ‘non dare per scontato niente’ e di ‘cogliere l’attimo’, perché non si sa mai cosa potrebbe succedere e che anche le cose più normali e considerate banali sono preziose e hanno un ruolo fondamentale.
Come passavo le mie giornate? Beh, la scuola era chiusa, ma continuavamo comunque a fare lezione tramite il computer [dal quale facevamo anche le verifiche e le interrogazioni], a studiare e fare i compiti. Ci si svegliava normalmente al solito orario e si assisteva alla lezione fatta dai professori direttamente da casa loro; al pomeriggio si svolgevano i compiti o ci si inventava qualsiasi cosa pur di far passare il tempo (che io ho passato coltivando sempre di più la mia passione per la musica, la Corea, il Giappone, gli anime/manga, film, serie TV, giochi da tavolo, e ovviamente studiare…). Rivedere tutti quanti dopo lunghi mesi di ‘reclusione’ e di ‘solitudine’ è stato un avvenimento bellissimo e commovente! Rivedere tutte le amiche ed amici (che voi conoscete come zie e zii) è stata un’emozione immensa! Adesso le cose sono FORTUNATAMENTE migliorate e, anzi, tutti quei problemi sono svaniti, ma è stato un periodo che passerà alla storia e rimarrà indelebile nelle vite di molti, di tutti noi…
Per saperne di più sul progetto Cronache dal futuro, leggi l’articolo introduttivo in cui Raffaela Mulato racconta questo progetto per dar voce ai giovani.
Cronache dal futuro è anche una proposta che vorremmo rendere virale (e virtuosa). Che tu sia un docente, un educatore o un genitore, proponila ai ragazzi e invitali a inviare i loro scritti e le loro maschere per email a informazione@lameridiana.it. Troveranno spazio sul nostro blog, dove saranno pubblicati insieme alla maschera che li accompagna.