Cronache dal Futuro / 08-04-2021
Continua la raccolta di testi Cronache dal futuro, lo spazio aperto ai ragazzi e alle ragazze che immaginandosi nel futuro raccontano a un interlocutore da loro scelto ciò che hanno vissuto, capito, provato durante i mesi della pandemia che ha imposto di ‘non vivere’ la loro età come i loro coetanei avevano fatto prima. Un tempo diverso raccontato però dai ragazzi attraverso la scrittura e una maschera da loro disegnata. I testi costituiscono un materiale vivo, palpitante e ricco. E ci dicono che “i ragazzi sapranno fare meglio di noi”. Dobbiamo solo ascoltarli. Buona lettura.
Un periodo nero
Nel marzo del 2020 ebbe inizio un periodo molto buio per il nostro Paese ma anche per tutto il mondo. Alla festa di carnevale, il 27 febbraio, tutto era molto incerto, non si sapeva ancora bene di cosa si trattasse: il coronavirus veniva ancora visto come una cosa lontana da noi, ma dopo tre giorni le cose cominciarono a peggiorare. Mi ricordo molto bene la sera in cui Conte firmò per il decreto dello stato di emergenza. Mi sembrava tutto molto strano e surreale. Dopo solo due settimane, però, ho toccato con mano tutta la situazione. I miei genitori iniziarono a stare male. Mia mamma cominciò a non sentire né il gusto, né gli odori, ma non ero molto preoccupata perché non si sapeva ancora che uno degli effetti era questo. Pensavamo fosse solo un po’ di raffreddore, che avesse il naso chiuso, ma nulla di più. Quando mio papà cominciò ad avere la febbre la situazione era ben chiara a tutti. Conte continuava ad emanare DPCM e tutto il nostro Paese capì che eravamo in uno stato di emergenza.
A casa mia si respirava un’aria pesante, a volte quasi mi sentivo soffocare. Il giorno in cui mio papà ebbe la febbre a 40 la mia paura di perderlo aumentò sempre di più. Stava malissimo. Non avevo mai visto una persona soffrire così tanto. Insieme a mia madre decidemmo di portarlo in ospedale, la febbre non scendeva e ormai noi a casa non potevamo più curarlo. In ospedale è rimasto per più di 15 giorni. Avevo sempre il nodo alla gola. Quando i medici chiamavano mia mamma, le davano solo notizie negative. Finché un giorno chiamarono e diedero una buona notizia dopo un mese e mezzo di agonia. Non me ne ero resa minimamente conto, di quanto tempo passò, non sapevo mai che giorno era. A fine aprile mandarono a casa mio papà. Eravamo contenti ma non troppo. Purtroppo le conseguenze di tutto questo male iniziarono a vedersi. Prendeva così tante pastiglie, in media 10 al giorno. Mia mamma era ancora senza gusto e olfatto ed era bruttissimo. Non ho mai sofferto così tanto, per così tanto tempo. La scuola era l’ultimo dei miei pensieri. Studiare era impossibile, anche perché avevo dei mal di testa allucinanti dovuti al virus. Anche stare davanti al computer per cinque ore al mattino a volte era impossibile. All’inizio i professori non sapevano nulla, perché pensavo di riuscire a tenere la scuola e la situazione a casa separate ma più avanti andavo con il tempo più era dura sopportare tutto. Quando lo dissi mi si tolse un peso dallo stomaco. I miei professori capirono la situazione e mi aiutarono. Ho apprezzato davvero molto il loro aiuto e l’aiuto dei miei compagni.
Non l’ho vissuta assolutamente bene, questa esperienza, se così si può chiamare. Inoltre ad agosto, quando finalmente ero riuscita a trovare un po’ di stabilità, venne a mancare la mia bisnonna. Era come una nonna per me. È stata una grande perdita. Dal periodo che va da marzo a maggio io non ricordo molto di quello che succedeva nel nostro Paese. Sembra incredibile ma fu proprio un periodo nero. Ho riflettuto molte volte sul perché tutto questo male è capitato proprio a me. Non ho mai fatto nulla di cattivo a nessuno. Non capisco proprio. Forse non ci sono spiegazioni e nessuno mai mi darà una risposta. Però a me va bene anche così. Ho superato questa grande sfida a cui la vita mi ha sottoposto e credo di averla superata bene.
Il virus ha bloccato la frenesia del quotidiano
Quando ti guardo e vedo come ti diverti a giocare nell’erba, il ricordo passa a quella che è stata la mia giovinezza. A quando avevo la tua età, a quand’ero molto più giovane e da un giorno all’altro si è passati da vivere le nostre quotidianità ad essere travolti da quella che è stata una delle pandemie più tragiche degli ultimi decenni. Avevo da poco compiuto 18 anni, avevo solo qualche anno in più di te, e da qualche tempo ai telegiornali si parlava di questo strano virus che stava colpendo la Cina. La percezione che ho avuto io, come credo tante altre persone, è stato il fatto che la Cina è un paese lontano, era un disagio che non ci toccava. Quello che non abbiamo calcolato è stato che un virus come quello che è stato il Covid circolava trasmettendosi per via aerea e in pochissimo tempo siamo stati costretti ad un cambiamento drastico.
A inizio marzo è partito il famoso lockdown, un periodo eterno per chi l’ha vissuto, che ha costretto a casa milioni di persone; abbiamo vissuto momenti di smarrimento, disagio, maleducazione e sofferenza. Tanti morti e la cosa che più intristiva era il fatto che rimanevano da soli in quegli ultimi momenti. Questo virus ci ha destabilizzati: ha bloccato quella che è la frenesia del quotidiano costringendoci in modo forzato a prenderci una pausa. Tantissime imprese hanno chiuso, milioni di persone hanno perso il lavoro riducendo molte famiglie in condizioni precarie.
Io al tempo ero una ragazzina: a 18 anni andavo a scuola e anche per noi le cose sono cambiate. Prova a immaginare: è domenica e stai ripassando per l’interrogazione del lunedì quando il ministero fa uscire un comunicato dicendo che le scuole non sarebbero state aperte. Quale miglior notizia per un ragazzo che non ha voglia di farsi interrogare? Ed è stato quello che più o meno abbiamo pensato tutti. Vacanze. Il problema è questo, dai ragazzi agli adulti questo problema è stato sottovalutato e nonostante le centinaia di morti c’erano ancora dei pazzi che continuavano a negare l’esistenza di un problema così. Dopo una prima settimana di smarrimento, le scuole si sono riorganizzate ed è partita la famosa didattica a distanza. Sinceramente non è che l’abbia particolarmente amata, anche perché immagina stare ore e ore davanti al computer senza possibilità di scambiarti due parole con nessuno, sempre con gli occhi fissi sullo schermo a guardare i tuoi compagni che ora sono sostituiti da semplici quadratini.
È stata dura sia a livello di studio in sé, ma sai com’è tua zia che parla un sacco ed ha bisogno di abbracciare le persone. Per me è stata tosta a livello umano. Per te oggi è scontato andare dalla tua ragazza e baciarla, durante la quarantena del 2020 era assolutamente vietato. Non potevamo uscire, andare a correre, vedere o parlare con nessuno che non fosse del nostro nucleo famigliare. Sono successe di quelle cose che vedi nei film americani, quelli che ti piacciono tanto. Assalto ai supermercati, scaffali vuoti, mancavano farina e lievito. E poi la guerra delle mascherine, chi credeva servissero e chi invece le snobbava. Nonostante questo ne siamo usciti, provati, ma ne siamo usciti. Ed è questo che ti voglio dire: ci saranno momenti duri che dovrai affrontare, ma non perdere mai la speranza perché per noi è stata essenziale per riuscire a sopravvivere.
Per saperne di più sul progetto Cronache dal futuro, leggi l’articolo introduttivo in cui Raffaela Mulato racconta questo progetto per dar voce ai giovani.
Cronache dal futuro è anche una proposta che vorremmo rendere virale (e virtuosa). Che tu sia un docente, un educatore o un genitore, proponila ai ragazzi e invitali a inviare i loro scritti e le loro maschere per e-mail a informazione@lameridiana.it. Troveranno spazio sul nostro blog, dove saranno pubblicati insieme alla maschera che li accompagna.