Cronache dal futuro / 06-05-2021
Continua la raccolta di testi Cronache dal futuro, lo spazio aperto ai ragazzi e alle ragazze che immaginandosi nel futuro raccontano a un interlocutore da loro scelto ciò che hanno vissuto, capito, provato durante i mesi della pandemia che ha imposto di ‘non vivere’ la loro età come i loro coetanei avevano fatto prima. Un tempo diverso raccontato però dai ragazzi attraverso la scrittura e una maschera da loro disegnata. I testi costituiscono un materiale vivo, palpitante e ricco. E ci dicono che “i ragazzi sapranno fare meglio di noi”. Dobbiamo solo ascoltarli. Buona lettura.
Una luce di speranza che spingeva a non mollare
Cari ragazzi,
come state? Spero tutto bene. Da quando mi sono trasferita ho sentito subito la vostra mancanza, anche se in questa nuova scuola ho trovato altri alunni speciali come voi. Con i miei nuovi studenti sto affrontando l’argomento “Covid-19”, così ho deciso di scrivervi una nuova lettera per raccontarvi questa pandemia dal mio punto di vista.
Ma partiamo dal principio, era marzo 2020 quando iniziò tutto. A dire il vero, le prime notizie su questo virus furono diffuse a novembre 2019, ma non ci “toccavano” minimamente, dato che riguardava qualcosa distante da noi 7.500 km. Appena informata della notizia “Chiuse le scuole per una settimana”, fui felicissima, perché insomma, fare una piccola pausa dalla scuola non fa mai male agli studenti e voi lo sapete bene! Inoltre, il giorno dopo, avrei avuto l’interrogazione di scienze, una materia che non apprezzavo particolarmente. Da lì in poi la mia felicità iniziò, però, a svanire: non era più una settimana da passare chiusi in casa, era diventato un mese e poi ne erano diventati due e ancora dopo tre e così via. Le persone iniziarono ad avere paura e ad impazzire, i supermercati svuotati a furia di prendere risorse, i volti “incollati” davanti alla televisione aspettando le conferenze del Presidente Conte, sperando sempre in buone notizie. Le mascherine, cosa che prima della quarantena non avevo mai indossato, diventavano un bisogno primario come quello dell’Amuchina che puntualmente costava molto più di quel che ti aspettassi.
Mi è iniziato a mancare di tutto da quel momento, il sorriso delle persone coperto da una maschera, i tramonti al mare che potevo vedere solo dalla finestra, gli abbracci dei miei nonni e anche tutte le piccole cose quotidiane. Questa è una frase che dicono tutti, ma è proprio vero: ho sentito la mancanza di quelle cose che davo per scontate, come le passeggiate al parco con mia zia, o mia nonna che mi veniva a rimboccare le coperte quando il pomeriggio dormivo da lei dopo un pasto sostanzioso che per me è l’unica a saper fare.
Vorrei anche parlare delle cose belle che mi sono capitate durante la quarantena, ma purtroppo sono ben poche. Mi sono improvvisata chef, pittrice, falegname, cantante e ballerina solo per passare il tempo, anche se ai miei occhi era infinito. Ho scoperto che sono un portento al gioco di carte “burraco” e che so cucinare il sugo meglio di mio nonno, ma forse questo è meglio non dirglielo. Ho capito che mio fratello non era solo il “compagno di stanza”, perché nonostante abbiamo litigato, e tutt’ora litighiamo sempre, lui è una di quelle persone che non mi abbandoneranno mai, una di quelle su cui potrò sempre far conto. Ho scoperto che mio padre sa fare l’imitazione di Ligabue e che sa fare anche dei piccoli trucchi di magia che però non funzionano sempre. Ho capito quanto importanti siano per me le mie amiche, che mi facevano e mi fanno sorridere sempre durante una “giornata no” e ho finalmente capito chi sono le vere persone che tengono a me.
Questa quarantena che ho vissuto tanti anni fa mi ha cambiata totalmente, non avrei mai pensato di poter fare un cambiamento così radicale parlando dal punto di vista caratteriale. Ho scoperto pregi che non sapevo di avere, ma anche difetti come il fatto che spesso mi chiudo in me stessa facendo finta che vada tutto bene. Ecco, questo messaggio è stato quello che ha portato alla speranza di una vita migliore tutti gli italiani: “Andrà tutto bene!” era la frase che, ricopiata su un lenzuolo, le persone appendevano alle finestre o ai balconi, ma dopo pochi mesi questi messaggi furono levati da tutti e quelli che invece rimanevano erano trasandati. Quindi, mentre da un lato mi chiedevo “Dov’è la fiducia della gente? Abbiamo detto che andrà tutto bene, perché è così, no?”, dall’altro lato, pensando ai contagi che salivano, alla voglia di vivere, e ai cuori che non battevano più, ai volti delle persone che non mostravano più emozioni, ho pensato che questa situazione non abbia cambiato solo me, ma tutti, che abbia unito le famiglie ma che le abbia anche distrutte.
Oggi è il 5 gennaio del 2040, dopo tanto tempo siamo riusciti a uscire da questa situazione a cui ripensando mi vengono ancora i brividi. Dentro di me, come dentro tutte le persone che l’hanno vissuta, c’era quella luce di speranza che spingeva a non mollare, ad andare avanti, la volontà di far credere al mondo che si può ritornare a stare bene perché se ci crediamo davvero, tutto come questa situazione può finire.
Detto ciò, vi saluto. Spero di avervi fatto riflettere su questa esperienza non molto positiva, come l’ho vissuta io, e anche i vostri genitori. Ci vediamo presto.
La vostra insegnante, Lara
Per saperne di più sul progetto Cronache dal futuro, leggi l’articolo introduttivo in cui Raffaela Mulato racconta questo progetto per dar voce ai giovani.
Cronache dal futuro è anche una proposta che vorremmo rendere virale (e virtuosa). Che tu sia un docente, un educatore o un genitore, proponila ai ragazzi e invitali a inviare i loro scritti e le loro maschere per email a informazione@lameridiana.it. Troveranno spazio sul nostro blog, dove saranno pubblicati insieme alla maschera che li accompagna.