Cronache dal Futuro / 03-06-2021
Continua la raccolta di testi Cronache dal futuro, lo spazio aperto ai ragazzi e alle ragazze che immaginandosi nel futuro raccontano a un interlocutore da loro scelto ciò che hanno vissuto, capito, provato durante i mesi della pandemia che ha imposto di ‘non vivere’ la loro età come i loro coetanei avevano fatto prima. Un tempo diverso raccontato però dai ragazzi attraverso la scrittura e una maschera da loro disegnata. I testi costituiscono un materiale vivo, palpitante e ricco. E ci dicono che “i ragazzi sapranno fare meglio di noi”. Dobbiamo solo ascoltarli. Buona lettura.
Aprire gli occhi e rendersi conto di quanto sia bello il mondo
Cara Eleonora,
oggi, con questa lettera, vorrei raccontarti di quando avevo la tua età. Avrai sicuramente sentito parlare qualche volta del virus che nel 2020 è arrivato anche in Italia, scatenando il panico a livello mondiale. Quando a volte ti sento esultare per un giorno di vacanza da scuola, per uno sciopero, o ancora per una verifica annullata, mi torna in mente, come se fosse ieri, il giorno in cui a tredici anni anche io stavo esultando e saltando per tutta la casa, contentissima per il compito di matematica annullato.
Era un mercoledì, il 4 marzo precisamente, e non potevo essere più felice di rimanere a dormire fino a tardi, uscire con le mie amiche e guardarmi un film staccando per qualche giorno dall’ansia che avevo per gli esami. La scuola è stata sicuramente un punto importante del periodo lunghissimo in cui il coronavirus ha minacciato le nostre vite, specialmente quelle dei ragazzi che, alla loro età, dovrebbero essere liberi di stare insieme, abbracciarsi, viaggiare e scoprire il mondo e al contempo se stessi: ma non bruciamo le tappe, ti racconterò tutto.
Era l’8 marzo 2020 il giorno in cui è stato annunciato ufficialmente il lockdown: Italia in zona rossa, dicevano tutti i telegiornali. Vietato l’assembramento, vietato anche andare a scuola, vietato lo sport, vietato muoversi di casa; chiusi i bar, chiusi i ristoranti, chiusi centri estetici e parrucchieri, chiusi Comuni.
Adesso che ci penso, la situazione era davvero tanto spaventosa, ma quel giorno non mi ero affatto preoccupata, ero sicura che tutto si sarebbe sistemato a distanza di qualche giorno. Ogni giorno in televisione tutti parlavano del coronavirus, del lockdown e di cifre elevatissime di persone contagiate, a volte asintomatiche, spesso gravi. Le strade della mia città erano sempre vuote e dalla finestra della mia camera guardavo le file lunghissime del supermercato, tutti a un metro di distanza e con la mascherina, annoiati dall’attesa e impazienti di entrare e fare una grandissima scorta di burro e farina che andavano a ruba.
Nel frattempo, la mia vita a casa era noiosa. Ogni giorno speravo accadesse qualcosa che movimentasse un po’ le mie monotone giornate; mi facevo costantemente domande a cui raramente sapevo dare una risposta e soprattutto immaginavo il giorno in cui avrei finalmente rivisto i miei “affetti stabili”, perché è così che venivano chiamati i nonni e gli amici. Una parentesi importante, però, mi sento di aprirla per la scuola, il posto più odiato dai ragazzi, considerato spesso motivo di stress e di ansia, ma al tempo stesso luogo di maggiore organizzazione mentale, luogo di ritrovo e di una costante stabilità: stessi orari, stessi compagni, stessa aula, stesse materie, stesse ambizioni, ogni giorno per anni e anni. Sono poche le certezze che hai da ragazzo, perché hai una vita intera da scoprire, ma la scuola e i suoi ritmi, quelli sono sempre costanti, e soltanto una pandemia avrebbe potuto troncare quella stabilità e quell’ordine. Ogni giorno, per un arco di tempo per me fin troppo lungo, abbiamo fatto scuola in una maniera innovativa: webcam e microfono attivi sempre, verifiche su classroom e la speranza di una connessione il più stabile possibile.
Il fatto che il nostro diritto all’istruzione non sia venuto a mancare e il fatto che lo Stato si sia impegnato nel rendere concreto il concetto di scuola del futuro, non può sostituire la necessità degli sguardi complici prima di un compito in classe, invece che il confronto diretto in qualsiasi situazione. La scuola, quella vera, vive di rapporti veri che uno schermo certamente non è in grado di dare, e io questo l’ho imparato mentre al mattino, dopo aver fatto colazione ed essermi lavata, indossavo una felpa e accendevo il computer, mentre rimpiangevo la sveglia sempre troppo presto e l’adrenalina della mattina per non perdere il treno, quando poi ho iniziato il mio percorso liceale. Nessuno di noi si sarebbe mai immaginato che il luogo che più abbiamo odiato ci sarebbe mancato così tanto, ma nel 2020, non eravamo ancora bravi a far caso alle piccole cose, lo siamo diventati soltanto col tempo.
Adesso, sicuramente, ti starai chiedendo cosa facessi tutto quel tempo da sola chiusa in casa, ma ti dirò, fortunatamente riuscii a cogliere alcuni lati positivi del periodo della quarantena. Infatti, ricordo di aver scoperto di avere un sacco di interessi e molte passioni a cui non mi ero mai completamente dedicata. Una di queste è, per esempio, la cucina. Passavo pomeriggi interi a sperimentare dolci di tutti i tipi e spaziavo dai biscotti, al tiramisù e ai pandispagna, ma mi sono dedicata anche alla pittura, per esprimermi al meglio e riuscii anche a continuare il mio percorso di danza tramite il computer in videochiamata. Vedevo spesso film e tantissime serie TV, cercavo di rimanere in contatto con le mie amiche in ogni modo e passavo nottate intere a scorrere la galleria del mio cellulare, ricordando momenti felici a cui non avevo dato il giusto valore e mi fermavo sempre a riflettere circa quante cose reputavo banali prima della quarantena. Sarebbe bello poterti dire che tutto questo è bastato a rendere giorni monotoni speciali come quelli che ero abituata a vivere, ma non sarei sincera con te e io voglio esserlo.
Nonostante tutta la tristezza che ha portato il virus con sé, però, ha lasciato in ognuno di noi insegnamenti di vita profondi, che vorrei anche tu comprendessi e facessi tuoi. D’un tratto le nostre vite cambiarono e al tempo stesso fu come se finalmente fossi stata capace di aprire gli occhi e rendermi conto di quanto fosse bello il mondo: il vento che scompiglia i capelli appena piastrati, il sole bollente sulla pelle, il contatto fisico con i miei amici, l’emozione e l’adrenalina di ritornare in presenza, la spensieratezza dei pomeriggi passati a chiacchierare in un bar di fronte ad una tazza di caffè e un pezzo di torta. E allora, cara Eleonora, è questo l’insegnamento che oggi, con questa lettera, vorrei darti:
impara a vivere come fosse il tuo primo e ultimo giorno allo stesso momento, con la voglia di scoprire ogni momento cose nuove e straordinarie.
Viaggia, canta, balla e sii felice; agisci d’impulso, ma con consapevolezza, non avere mai rimpianti, né tantomeno rancori. Studia con curiosità ed interesse, goditi i compagni, l’ansia prima di una verifica importante e la sveglia alle sette del mattino, anche se vorresti dormire altre tre ore. Soprattutto, però, impara ad apprezzare le piccole cose, perché è lì che è nascosto il senso della vita.
Per saperne di più sul progetto Cronache dal futuro, leggi l’articolo introduttivo in cui Raffaela Mulato racconta questo progetto per dar voce ai giovani.
Cronache dal futuro è anche una proposta che vorremmo rendere virale (e virtuosa). Che tu sia un docente, un educatore o un genitore, proponila ai ragazzi e invitali a inviare i loro scritti e le loro maschere per email a informazione@lameridiana.it. Troveranno spazio sul nostro blog, dove saranno pubblicati insieme alla maschera che li accompagna.