Costruire una cultura delle differenze educando all’amore
Lo scorso gennaio Malika Chalhy, una ventiduenne di Castelfiorentino, è stata cacciata di casa e disconosciuta dalla famiglia perché omosessuale.
Dalle ricerche risulta che nel nostro Paese ci sono 7513 coppie dello stesso sesso con 529 figli, ma in realtà sembra che un milione di persone si dichiari omosessuale o bisessuale e che altri due milioni dicano di avere sperimentato rapporti o attrazione sessuale per persone dello stesso sesso.
La letteratura dice che l’orientamento omosessuale – cioè l’attrazione emotiva, romantica e/o sessuale verso persone dello stesso genere – non è una scelta. È una scelta accettare il proprio orientamento omossessuale e sviluppare un’identità integrata, o rifiutarlo per pregiudizi di ordine morale, sociale, religioso propri e/o di altri. È chiaro che accettare e integrare l’identità omosessuale all’interno della struttura di personalità ha un’influenza positiva sul benessere psico-fisico delle persone (e delle comunità).
Malika Chalhy, accettando il proprio orientamento sessuale e innamorandosi di una ragazza, è stata cacciata di casa, nel tentativo della sua famiglia di cacciare con lei la paura per ciò che non si conosce, non si capisce, per ciò che è sconosciuto e diverso.
Per questo è importante aprire spazi per l’emergenza di una cultura della differenza, che riconosca la molteplicità e la variabilità dei modi con cui le persone organizzano i propri rapporti primari (Rapaport, 1989) ed educare all’amore nelle sue molteplici forme.
Spazi per raccontarsi e costruire una cultura delle differenze educando all’amore
Nonostante l’amore sia al centro di molte questioni, non esiste nessuno spazio sociale formale in cui i bambini e i ragazzi (e gli adulti) possano parlare, giocare, imparare l’amore.
Per questo, qualche anno fa, insieme ad Agnese Bizzarri ho scritto I pirati e l’amore. Storie per dire ai bambini dell’amore (edizioni la meridiana, 2018), con l’idea di costruire uno strumento attraverso cui i bambini e i ragazzi, insieme agli adulti di riferimento (madri, padri, nonni, maestri, operatori dei Servizi Sociali e Sanitari, bibliotecari, ecc.) potessero parlare dell’amore. Potessero, soprattutto, costruire un universo di senso attuale intorno a un tema così complesso, diventando ragazzi prima e adulti poi con un’idea dell’amore ‘nuova’, cioè che tiene dentro le trasformazioni sociali e culturali, e quindi liberi.
Oggi, a raccontarmi della vicenda di Malika è mia figlia.
“Mamma, vieni, siediti, devo farti sentire una cosa incredibile,” mi dice. “Una madre ha cacciato sua figlia di casa perché ama una ragazza. Ha detto queste parole: non la conosco, per me è morta, ti auguro un tumore, meglio una figlia drogata che lesbica. Mi parli di altra gente? Sono fortunati perché hanno figli normali, e solo noi s’ha uno schifo. Mamma, ma come fa una madre a dire queste cose a una figlia e a cacciarla di casa perché ama una ragazza? Cosa cambia? Cosa c’entra? Perché? Non si può amare chi si vuole? Tu cosa faresti? Cosa mi diresti?”
Mia figlia ha quattordici anni e vive in un mondo apparentemente libero dove tutto è apparentemente raggiungibile, dove i confini sono apparentemente saltati e i riferimenti sono diventati altri, rispetto a quelli di qualche generazione fa. I nostri punti di riferimento erano i genitori con le loro regole, gli insegnanti, per alcuni la politica, per altri la religione. I loro riferimenti sono internet, i social, gli influencer.
I figli, oggi come non mai, vivono dentro un universo che i loro genitori non conoscono e che rappresenta un “sociale”, un spazio fuori dalla famiglia che abitano mentre diventano adulti, troppo largo per poter essere conosciuto e controllato. Consapevoli del divario immenso che si è creato tra le generazioni (leggi anche: Gli iGen: chi sono e di cosa hanno bisogno?), ciò che noi adulti possiamo provare a fare, oltre naturalmente ad ascoltarli con autentica curiosità, è aiutarli a costruire un universo di senso, attraverso un dialogo aperto e costante sulle cose della vita, su quanto accade loro intorno, prendendo spunto da vicende come quella di Malika, con il supporto della cultura e dei libri – ché a questo servono: ad avere uno sguardo complesso sulle cose, a sviluppare un pensiero critico e non banale – perché possano orientarsi e non perdersi, o anche a perdersi ma poi ritrovarsi.
L’accettazione di sé in un contesto familiare libero
Così provo a spiegarle che la mamma di Malika, forse, non ha avuto possibilità – per la sua stessa storia e le sue vicende di vita, che non conosciamo – di sviluppare un pensiero largo sulle cose. Allora semplifica, riduce, nega, rimuove, scinde, proietta, espelle (letteralmente buttando fuori la figlia di casa) ciò che non riesce a capire.
Provo a spiegarle che proprio per questo è necessaria la cultura, ed è necessario che si creino le condizioni politiche e sociali perché tutti possano avervi accesso. Perché leggere la poetessa Saffo che nell’isola di Lesbo, circa 2500 anni fa, componeva versi per le donne che amava (Alcuni di cavalieri un esercito, altri di fanti, / altri di navi dicono che sulla nera terra / sia la cosa più bella, mentre io ciò che / uno ama[1]) non solo è bellissimo, ma allarga il pensiero. A questo serve studiare: a mettere insieme i pezzi, a trovare un senso a cose che sembrano a prima vista incomprensibili.
Nel libro I pirati e l’amore abbiamo provato a raccontare che l’amore ha tante forme e tanti contenitori: i contenitori, cioè gli oggetti dell’amore, sono persone, perché non si ama un genere specifico ma una persona. Ciascuno può essere ‘orientato sessualmente’ e cioè avere un’attrazione emozionale, romantica, sessuale verso il suo stesso genere, un altro oppure più generi insieme. La definizione dell’orientamento sessuale è un processo complesso, che implica un numero infinito di variabili e che per potersi compiere in modo positivo per il benessere di una persona presuppone un contesto familiare libero. Un contesto, cioè, in cui, attraverso un forte senso di fiducia e di rispecchiamento coerente dell’immagine di sé del bambino prima e dell’adolescente poi, da parte degli adulti di riferimento, si sviluppa consapevolezza di sé e forza dell’Io.
Al contrario, un contesto familiare carico di aspettative e proiezioni dei desideri dei genitori sui figli non permette di sentirsi amati per quelli che si è. E un figlio che non si sente amato per ciò che è, e veste i panni cuciti da altri, non si sentirà mai libero di esprimere se stesso, così come nello studio e nel lavoro, anche nell’amore. Sarà sempre sofferente e arrabbiato.
Per accettare consapevolmente e felicemente di amare chi si vuole, insomma, bisogna essere stati amati per quello che si è.
a cura di Elisa Ceci
[1] La cosa più bella (fr. 16 voigt), Saffo
Per creare spazi di dialogo sull’amore con bambini e adolescenti leggi:
- I pirati e l’amore. Storie per dire ai bambini dell’amore di Agnese Bizzari e Elisa Ceci
- Bum bum. Le prime volte dell’amore di Monique Pistolato
Elisa Ceci è psicologa, psicoterapeuta, analista di gruppo, psicosocioanalista, socio fondatore dello Studio Psicoform, Responsabile e Psicologa di un Servizio Sociale di Tutela Minori, curatrice del blog Caffè Libero.
Per edizioni la meridiana, con Agnese Bizzarri, è co-autrice de “I pirati e l’amore. Storie per dire ai bambini dell’amore” (2018).
Immagine: tabitha turner su Unsplash.