Come ridurre i rifiuti per semplificarci la vita
Nel 2017, 15.000 scienziati hanno firmato il secondo “Warning to humanity” per dirci che l’umanità ha ampiamente fallito nel risolvere le criticità ambientali già previste da decenni. Le previsioni di oggi, rispetto a quelle del passato, sono ancora più allarmanti: secondo uno studio del National Center for Climate Restoration australiano, nel 2050 la temperatura aumenterà di ben 3 gradi centigradi; di questi, 2,4 dovuti alle emissioni di gas serra e lo 0,6 dovuto al “carbon feedback”, cioè la reazione negativa del pianeta al riscaldamento globale.
Eccoci allora alla seconda settimana nel nostro percorso per diventare Cittadini Plastic Free, alle prese con la seconda ‘R’: Ridurre i rifiuti per semplificare. Con la mia famiglia, stiamo cominciando ad entrare nella mentalità plastic free: ci siamo resi conto che, al di là delle apparenze, attuare questi comportamenti è utile solo se semplifica la vita. Non so se succede anche a voi, ma noi trascorriamo gran parte del tempo a spostare oggetti da una parte all’altra e siamo sempre alla ricerca di spazio per mettercene dei nuovi. Diventare cittadini plastic free, allora, non può che aiutarci: significa liberarsi dagli oggetti di cui non abbiamo bisogno per avere più tempo da dedicare alle cose che ci piacciono. E questo non significa semplicemente buttare nei rifiuti e differenziare: al contrario, significa provare a dare una seconda vita alle cose, magari trovando modi in cui possano tornare utili o persone che possano riutilizzarli. Liberarsi degli oggetti che possediamo semplifica la vita: se non sapete da dove cominciare Il magico potere del riordino è un libro che può aiutare.
Come creare meno rifiuti dando nuova vita agli oggetti
Tempo fa, proprio dopo un convegno organizzato da edizioni la meridiana con tema il cambiamento, fondai presso la Chiesa Russa di Bari “Il mercatino del baratto”: un ottimo modo per sbarazzarsi degli oggetti rendendo felice qualcun altro. Ci sono anche altre esperienze, come Avanzi Popolo, che prova a ridurre gli scarti alimentari, dove donare senza che torni qualcosa in cambio crea cooperazione, rafforza il senso di comunità e nutre l’anima.
In famiglia siamo soliti passare in rassegna amici e parenti che potrebbero aver bisogno di qualcosa di cui vogliamo liberarci, un modo, questo, per generare un circolo virtuoso di reciprocità. Per questo fine, esistono però anche gruppi Facebook (per esempio: Te lo regalo se vieni a prenderlo) per chi dona gratis qualcosa di funzionante che non vuole finisca in discarica. Allo stesso modo, negli asili potete lasciare giocattoli e coperte, nelle sale d’aspetto le riviste, nelle biblioteche i libri. Siti come Ebay permettono, sotto Natale, la pratica del regifting, cioè riciclare i regali indesiderati. Oppure potreste barattarli con qualcos’altro come accade su coseinutili.it.
La vendita degli oggetti usati evita che qualcuno immetta sul mercato altri prodotti e consumi, quindi, altre risorse ed energia. Moltissimi i siti di seconda mano e i mercatini dell’usato che potrebbero farvi guadagnare grazie ai vostri “scarti”.
Anni fa lessi di Song Dong, un artista cinese che nell’installazione Waste Not ha raccolto tutti gli oggetti comprati dalla madre in oltre 50 anni di vita, per un totale di circa 10.000 oggetti. La signora apparteneva a quel tipo di cultura per cui conservare tutto è simbolo di saggezza. Se vi suona familiare, allora conoscerete il detto stipa ca truova, conserva che troverai.
Ridurre, però, alleggerisce la mente e la schiena. Quando io e Leonardo percorriamo lunghi viaggi a piedi, portiamo con noi uno zaino di massimo 10 kg. Contiene tutto quello che è indispensabile avere. Una volta la compagnia aerea mi smarrì il bagaglio di 8 kg. Mi sentii perduta; poi ricomprai tutto eliminando il superfluo e, alla fine, il nuovo zaino pesava solo 6kg e contenevano tutto il necessario per trascorrere serenamente un mese di viaggio. Tutto quello che non hai lo chiedi. Ecco un’altra cosa a cui dobbiamo pensare quando vogliamo a tutti costi un oggetto: perché non lo chiediamo in prestito a qualcuno (un vicino, un famigliare, un amico)? In cambio potremmo offrire qualcosa che possediamo. Così facendo, rivitalizzeremo anche i rapporti di buon vicinato cominciando noi a proporre degli scambi di beni e servizi. Le buone pratiche vanno innescate: quando la miccia si accende non la ferma più nessuno.
Ridurre i rifiuti: verso una nuova economia di condivisione
Per dirla in un altro modo, ridurre i rifiuti significa che i beni vanno condivisi: è il nostro pianeta a chiedercelo. Non ci sono risorse sufficienti sul pianeta per possedere tutti trenta paia di scarpe. Chi sta pensando “ma così si ferma l’economia!”, la risposta è: no! Così evitiamo di andare incontro alla nostra estinzione.
Consumare meno risorse facendo crescere meno il PIL non significa far fallire l’economia, come ci dice Mauro Bonaiuti nel suo libro “La grande transizione”: avendo più tempo per le cose importanti, viaggeremo di più (magari con trasporti pubblici), ci concentreremo sulle relazioni – famiglia e amicizie – e avremo bisogno di più momenti di svago, più servizi legati al turismo, alla cultura, al benessere delle persone e dell’infanzia.
Quando ne abbiamo troppi, sono gli oggetti a possedere noi. Liberandocene torneremo a sentirci leggeri, privi di responsabilità verso cose inanimate e privi della paura di perderle, romperle, rovinarle, senza l’ansia di doverle pulire, sistemare, riparare e poi buttare. E se ciò che possedete comincia a dominarvi, potreste sempre prendere esempio dal minimalista Dave Bruno, che è riuscito a vivere con sole 100 cose. La sfida è appena cominciata.
…A proposito, chi ha bisogno di sedie?
Ilaria D’Aprile, laureata in Scienze Forestali e Ambientali presso l’Università di Bari e con Master in Educazione Ambientale per la promozione di uno sviluppo sostenibile presso l’Università di Bologna, è esperta in educazione alla sostenibilità e realizza progetti di formazione per insegnanti e studenti curiosi. Con edizioni la meridiana ha pubblicato “Abbecedario verde. Salvare la Terra partendo dalla scuola” (2011) e “Apprendere con gioia. Outdoor Education nei cortili scolastici” (2020).
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Photo credit: Song Dong – Waste Not, 2005, Barbican Art Gallery, 2012 / di Jane Hobson