Come fare il compost domestico e rigenerare il suolo
Non ci può essere un uomo sano in un ambiente malsano. Secondo l’Agenzia europea sul Cambiamento Climatico il mese di luglio è stato il mese più caldo mai registrato su scala globale. Siberia e Alaska continuano a bruciare e l’unico modo di ostacolare questi incendi è ridurre il ritmo del riscaldamento globale, aumentando gli sforzi per tagliare le emissioni di gas serra. Quello che più spaventa è che non si conosce ancora il reale impatto degli incendi; siamo certi, però, che si tratta di una crisi ambientale di devastanti proporzioni. Questa forma di indifferenza nei confronti dei problemi ambientali avviene anche perché l’ecologia è ritenuta una scienza di second’ordine, non la disciplina delle regole del mondo fisico a cui siamo inevitabilmente sottoposti. Tocca ricostruirla in modo scientificamente rigoroso e in fretta. E tocca, soprattutto, ad ognuno di noi fare la sua parte.
Come fare il compost domestico? Ecco alcuni consigli per iniziare
Il compost domestico è un buon modo per andare a scuola di natura e comprendere il meccanismo con cui essa ricicla i suoi residui. Come iniziare? Innanzitutto bisogna sapere che il processo di compostaggio si compone essenzialmente in due fasi:
- la bio-ossidazione: è la fase attiva (active composting time), caratterizzata da intensi processi di degradazione delle componenti organiche più facilmente degradabili;
- la maturazione, durante la quale il prodotto si stabilizza: si tratta della fase caratterizzata da processi di trasformazione della sostanza organica in sostanze umiche (curing phase).
Quindi per ottenere un buon compost con una compostiera domestica bisogna rispettare tre condizioni fondamentali:
- la giusta miscela tra materie carboniose, quelle marroni (i rami, le foglie morte, la paglia), e azotate, quelle verdi (scarti di cucina umidi, l’erba tagliata e i residui dell’orto);
- la giusta umidità proveniente dal materiale verde e dall’acqua (piovana o aggiunta manualmente);
- la disponibilità di ossigeno che si infiltra attraverso la porosità prodotta dal materiale marrone.
Fare il compost di fatto può ricordare il procedimento per fare una lasagna: il primo strato, sul fondo, deve essere costituito da fascine di legna o comunque materiale secco, per facilitare il passaggio di aria ed evitare odori sgradevoli. Negli strati successivi è bene alternare uno strato secco e uno strato umido per apportare sia materiale facile da degradare, che dà energia ai microrganismi, sia scarti organici più ricchi di fibra, necessari per ottenere il compost vero e proprio.
Se volete effettuare un compostaggio coi fiocchi è bene seguire queste semplici regole.
Sul web trovate una gamma vastissima di compostiere che ho provato a selezionare secondo alcune caratteristiche:
- Se avete abilità manuali potete fabbricare la compostiera personalizzata più adatta alle vostre esigenze.
- Se vi interessa compostare anche residui di carne, pesce e formaggio, allora potreste aver bisogno del metodo bokashi, l’antico sistema giapponese per riciclare i rifiuti organici.
- La vermicompostiera consente di ottenere sia humus solido che liquido di ottima qualità attraverso un processo semplice e inodore.
- Se non avete a disposizione un giardino, potete pensare ad una compostiera da balcone, ideale per il compostaggio domestico.
- Esistono anche compostiere di comunità, una soluzione ottimale per consentire il compostaggio a piccole comunità come scuole, università, supermercati, ristoranti e ospedali.
- Anche le feci degli animali domestici sono pienamente compostabili. Esistono in commercio numerosi contenitori adatti a questo scopo, con chiusura ermetica e assolutamente inodore.
Una risorsa non rinnovabile: il suolo
Come ha scritto la FAO nel suo rapporto del 2015, contrariamente a quanto si pensa, il suolo è una risorsa non rinnovabile perché la sua formazione è un processo talmente complesso che richiede da centinaia a migliaia di anni. È ampiamente documentato dalla letteratura internazionale che molti suoli si sono formati alla velocità di un millimetro l’anno. Al contrario, la velocità della sua degradazione è estremamente più rapida; basti pensare, ad esempio, agli eventi catastrofici degli ultimi anni, verificatisi in seguito all’abbattersi di violenti nubifragi: le conseguenti colate di fango sono dovute proprio all’asportazione degli orizzonti superficiali del suolo stesso.
Secondo la FAO, oggi il 33% del territorio risulta moderatamente o altamente degradato, a causa di erosione, salinizzazione, compattazione, acidificazione e inquinamento chimico dei suoli. Nel rapporto si legge anche che, in base alle attuali tendenze demografiche e alla crescita prevista della popolazione mondiale (che supererà i 9 miliardi di persone entro il 2050), si stima un aumento del 60% della domanda di cibo, foraggio e fibre entro il 2050. Si legge ancora che ci sono ben poche possibilità di espandere le aree agricole, tranne che in alcune zone dell’Africa e del Sud America. Eppure molti di questi terreni non sono adatti all’agricoltura e i costi ecologici, sociali ed economici per renderli produttivi saranno altissimi. Nell’agricoltura mondiale, la sostenibilità nel gestire e nel produrre è diventata, quindi, assolutamente fondamentale per invertire la tendenza del degrado del suolo e per garantire la sicurezza alimentare mondiale, sia attuale che futura.
L’uomo che ha fermato il deserto
Compostare per ricostruire il suolo deve diventare un’attitudine fondamentale nel curriculum dell’abitante del pianeta Terra. Molti sono gli esempi provenienti da tutto il mondo di uomini e donne straordinari che sono riusciti a sottrarre i suoli al deserto per trasformarli in terra fertile da coltivare. Uno è Yacouba Sawadogo, l’uomo che fermò il deserto. Negli anni ‘70, in Burkina Fasu, una delle zone più povere del pianeta, una lunghissima carestia fece avanzare il deserto a causa di arature sbagliate, mancate rotazioni, eliminazione di piante frangivento, pascolo eccessivo e sovrappopolazione. Yacouba, a differenza di molti altri contadini che lasciarono i loro villaggi, decise di intervenire e così recuperò dal passato le buche “Zai” e i “cordons pierreux”: linee di pietre delle dimensioni di un pugno disposte lungo la stessa quota altimetrica. I cordoni riescono a formare un sistema per la cattura dell’acqua piovana, la quale cade copiosa in alcune stagioni. La pioggia spinge quindi fango e detriti verso le micro-dighe di pietra. I punti di accumulo dei detriti diventando più fertili e più soffici e permettono così la germogliazione delle piante rustiche. In questo modo si innesca un circolo virtuoso: le piante che nascono rallentano le piogge, le loro radici scompattano il suolo e permettono una maggiore infiltrazione dell’acqua. L’acqua, a sua volta, consente ad altre piante di crescere. È in questo modo che Yacouba insieme ad un’attiva comunità è riuscito a creare foreste su terre precedentemente sterili e abbandonate. Oggi tra Burkina Fasu e Niger prosperano rimboschimenti con oltre 60 specie di alberi e cespugli. Si tratta senza dubbio di una delle più diversificate foreste piantate e gestite da un contadino nel Sahel.
Dalla sua storia è stato tratto il film documentario “The man who stopped the desert”, realizzato dalla 1080 Films nel 2010 e vincitore di 7 premi cinematografici.
In conclusione il nostro pianeta è come un’astronave che sta andando in riserva, dove piloti e passeggeri se ne infischiano degli indicatori lampeggianti e degli allarmi acustici diramati dagli scienziati che chiedono una sosta per manutenzione degli ecosistemi, una bonifica per ridurre l’inquinamento della cabina e un rifornimento di energia rinnovabile. Per dirla con le parole di Winston Churchill:
“L’epoca della procrastinazione delle mezze misure, del mitigare, degli espedienti inutili, del differire sta giungendo al termine. Ora entriamo in un periodo di conseguenze. Non possiamo evitare questo periodo; ci stiamo dentro adesso.”
E pertanto, aggiungo, cominciamo tutti a fare la nostra parte, concentrati sull’obiettivo: salvare la Terra adesso.
Ilaria D’Aprile, laureata in Scienze Forestali e Ambientali presso l’Università di Bari e con Master in Educazione Ambientale per la promozione di uno sviluppo sostenibile presso l’Università di Bologna, è esperta in educazione alla sostenibilità e realizza progetti di formazione per insegnanti e studenti curiosi. Con edizioni la meridiana ha pubblicato “Abbecedario verde. Salvare la Terra partendo dalla scuola” (2011) e “Apprendere con gioia. Outdoor Education nei cortili scolastici” (2020).
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