Accompagnare i bambini ad uscire di casa con il mito della caverna di Platone
“Arriva il nonno, mamma. Vero che tra qualche ora possiamo abbracciarlo e fare le coccole perché il virus va via?”
Questa la domanda che mi ha posto mio figlio nel sapere dell’incontro che lo aspettava. Il nonno come i pacchi della spesa: dopo qualche ora senza toccarlo sarebbe diventato sicuro e avvicinabile senza timori. Non amo i racconti personali, ma questo mi sembra, nella sua semplicità e tenerezza, emblematico di quella confusione mista a desiderio che può passare nella mente dei più piccoli in questi giorni.
Il mito della caverna di Platone per accompagnare i bambini ad uscire di casa
Fase 2: le porte delle nostre case si iniziano ad aprire anche per le bambine e i bambini, che, con le dovute attenzioni, potranno tornare a percorrere gli ambienti urbani che da molte settimane non hanno più potuto frequentare. Ma come accompagnare i bambini ad uscire di casa dopo tanto tempo?
In molte occasioni ho filosofato con bambini e ragazzi partendo dall’ascolto del mito della caverna. Non me ne voglia Platone e chi meglio di me lo conosce, ma penso che questo racconto possa dirci qualcosa anche su questo tempo e su come lo stanno vivendo le giovani generazioni.
“In una caverna immagina dei prigionieri nati e cresciuti lì”. Ecco: il numero di coloro che sono nati nella chiusura di questi giorni è certamente limitato, sebbene si potrebbe a lungo fermarsi a pensare anche a questi piccolissimi e alle loro famiglie. Ma anche per coloro che non sono venuti al mondo nella chiusura imposta, il tempo di permanenza tra le quattro mura di casa è stato decisamente lungo, soprattutto se pensato in proporzione alla durata delle loro vite e alla velocità con cui si cresce e si cambia nell’infanzia e nell’adolescenza. Nelle loro case, nelle loro stanze, i bambini hanno vissuto le loro personalissime caverne, costruendosi routine più o meno stabili e serene, abituandosi o tollerando la permanenza in spazi noti e al contempo completamente da riscoprire, visitando e rivisitando i modi in cui stare in relazione con coloro che abitavano i medesimi spazi.
E la realtà, rimasta fuori, in quegli spazi è stata portata, così come ai prigionieri platonici erano portate le ombre. È entrata nella vita dei più piccoli l’ombra della scuola, appiattita in due dimensioni e riproposta nell’assenza di contatto corporeo, è entrata l’ombra del lavoro dei familiari, trasferiti anche loro nella bidimensionalità del lavoro agile o oscillanti tra ciò che è sicuro al di qua della porta di ingresso e ciò che è necessario fare al di là di essa; è entrata l’ombra degli avvenimenti della società e del mondo, avvolti in atmosfere spesso cupe, incerte, dolorose, o rimbalzati tra canti, arcobaleni, comunità virtuali.
L’uscita dalle caverne: riabituarsi alla luce
Dentro queste caverne la vita è andata avanti, così come ha potuto, così come ha voluto.
“Poi, a un certo punto, un prigioniero viene trascinato fuori”. Alla luce del sole rimane abbagliato e impiega un po’ di tempo ad abituare i propri occhi a quella che chiamano realtà. I suoi occhi erano abituati alle ombre…
I nostri bambini e i nostri ragazzi me li immagino lì dove si trovava quel prigioniero. Sulla soglia delle loro case e alle prese con una luce alla quale non sono più abituati, ma che li attira e li chiama. Alle prese con la ricerca del senso di quella frase che li ha accompagnati per settimane, “andrà tutto bene”, ma nella quale spesso non era del tutto chiaro, per il mondo dei grandi, in che modalità le cose sarebbero andate bene. Una frase per la quale in pochi hanno avuto il coraggio di pronunciare il pezzo mancante: “non avere paura”.
Eccola, la paura, una delle grandi escluse dalle narrazioni che in questo tempo sono state rivolte ai bambini. Una parola difficile da pronunciare, ma importante da riconoscere. Paura di ammalarsi, sì. Ma anche paura di fare ammalare gli altri. Non è forse questo quello che è stato ripetuto a lungo rispetto ai più giovani: soggetti sani, asintomatici, ma pericolosi per gli altri? E cosa potranno pensare, allora, bambini e bambine quando incontreranno i loro nonni e dovranno tenerli a distanza, quando si affacceranno ai parchi gioco e li troveranno transennati, perché passare su uno scivolo o un’altalena può essere pericoloso per se stessi e per quelli che verranno dopo? E ancora, come si sentiranno a lasciare le loro tane, dove magari hanno goduto della presenza inusuale di mamma e papà in casa tutto il giorno con loro? Dove hanno saputo ricostruire i loro mondi, dove si sono sentiti dire che erano al sicuro come in nessun altro posto sarebbero stati?
Porsi in ascolto dei più piccoli attraverso la filosofia
Il prigioniero liberato è sulla soglia, impaurito e confuso, ma prova a poco a poco a prendere confidenza con la luce. Spesso, nei laboratori filosofici, i bambini aprono itinerari differenti rispetto a quello di Platone, lasciandosi incuriosire proprio dall’andirivieni tra il dentro e il fuori della caverna e trovando nelle relazioni del prigioniero la chiave per esplorare al meglio entrambe le realtà.
Anche sulla soglia delle nostre case, proviamo a metterci in ascolto dei loro abitanti più piccoli. Accompagniamo i loro occhi nel loro oscillare tra la luce e le ombre dando spazio alle loro domande e alle loro paure, così che possano sentire la forza dell’essere presi per mano e la sicurezza dell’essere sostenuti. Con onestà e chiarezza. Accompagniamo i loro corpi e i loro pensieri fuori da quelle porte e in mezzo alle loro strade, lasciando aperta la possibilità di riprenderselo, quel mondo fuori dalla caverna, di reclamarne il diritto, di dire la propria su come tornare ad abitarlo insieme. Non come pacchi della spesa, ma come persone, di ogni età.
a cura di Chiara Colombo
Chiara Colombo è pedagogista, formatrice, dottore di ricerca in sociologia. Con Fiorenzo Ferrari è stata tra i primi in Italia a realizzare progetti e a scrivere di filosofia con i bambini, ideando e sperimentando un originale approccio all’esperienza filosofica quale educazione interculturale attraverso corpo, intelligenze e pensiero.
Per edizioni la meridiana, è co-autrice di “Penso dunque siamo. Percorsi e giochi di filosofia con i bambini” (2019).
Immagine: Plato’s cave – capital volume di Cveto Vidovic.