Accompagnare il cambiamento: dall’adattamento all’antifragilità
Un economista diceva che un cammello non era altro che un cavallo uscito fuori dal lavoro di una commissione. Spesso nelle riunioni, per accontentare tutti, si giunge ad un accordo di basso profilo: ecco il cammello. Ma è sempre così? Ci sono tempi in cui, per accompagnare il cambiamento, ci viene richiesto di pensare e agire in modo creativo, ricercando l’efficacia prima dell’efficienza. In questo articolo cercherò di spiegare perché a volte è meglio montare su un cammello che vantare di avere un cavallo.
Perché cambiare?
Un oggetto che non cambia è privo di vita. Nella realtà c’è una tensione creativa che si irradia a partire dalla correlazione tra due poli: continuità e discontinuità. Pensiamo ad una persona: è sempre lei nel corso della vita (continuità), ma nel tempo si trasforma (discontinuità). Anche le istituzioni, i sistemi educativi e gli stili di vita devono cambiare per essere fedeli all’uomo e all’oggi della storia, altrimenti sono destinati a finire.
Spesso le trasformazioni sono causate da eventi inaspettati – alcuni li definiscono “cigni neri” perché capaci di sconvolgere la vita e cambiare le percezioni – e passano attraverso alti e bassi, crisi e rotture, portando a esiti inaspettati. La non linearità del cambiamento richiede di assumere uno sguardo capace di trarre beneficio dall’inatteso, facendo sì che le crisi percepite si trasformino in opportunità.
Tre modelli di approccio al cambiamento
Stiamo vivendo l’esperienza traumatica della pandemia: un evento emergenziale che per sua natura “fa emergere” qualcosa che prima non volevamo/eravamo in grado di scorgere. Attraverso i cambiamenti imposti dall’imprevisto sono emersi tre modelli di approccio.
Il più immediato è stato quello dell’adattamento: il processo con cui si è cercato di ristabilire una situazione di maggiore equilibrio o di ridurre il danno. Quando la zona di comfort e i copioni relazionali sono stravolti, la prima reazione è rifugiarsi nelle proprie sicurezze. L’adattamento mira a consentire la continuità, o per lo meno tenta di fare le stesse cose di prima, anche se in modo diverso. Il modello adattativo richiede elasticità e grande pragmatismo. Per contro, esso è in larga misura ‘passivo’: non è in grado di anticipare gli eventi ma solo di adattarvisi, facendo per lo più ricorso all’esperienza. Il motto che distingue questo approccio è ‘andrà tutto bene’. Esempi di adattamento li abbiamo riscontrati nelle celebrazioni in streaming, nei riti relazionali come gli aperitivi (a distanza), o nell’aver trasferito in rete le lezioni scolastiche mantenendo l’impianto di quelle in presenza.
Quando la realtà impone un cambiamento più intenso l’approccio che emerge è quello della resilienza, termine che significa ‘rimbalzare’. Questo modello indica la capacità di affrontare i traumi e superare le difficoltà riorganizzandosi così da uscirne nel modo più integro possibile. Tutto ciò richiede un supplemento di forza interiore e motivazione. L’approccio resiliente non cambia la logica dominante, semplicemente le resiste. La battuta simbolo diviene il classico: ‘ce la faremo’.
Quando il livello di complessità e di intensità del cambiamento diventano un fatto di sistema, il modello più adeguato diventa quello della antifragilità. In questo approccio il punto non sta nel non subire danni, ma nel progredire grazie ad essi: non si tratta di adattarsi o di superare i traumi, ma di usarne l’energia per generare nuove possibilità di senso. L’antifragile di fronte agli eventi imprevisti o agli shock, ovvero di fronte al cambiamento, migliora! Assumere l’ottica dell’antifragilità impone un cambio di paradigma e una visione alternativa. La fragilità è ciò che ci rende più umani e adeguati ad abitare il cambiamento: è la nostra possibilità di venire feriti a renderci forti quando la affrontiamo in modo solidale. Uno slogan antifragile potrebbe essere: ‘andrà tutto nuovo’. Esempi ne abbiamo riscontrati in persone che si sono ritrovate per narrarsi quanto stavano vivendo, creazione di nuove reti sociali tra soggetti ed enti che prima operavano in solitaria.
Consigli pratici per accompagnare il cambiamento
Alla luce di quanto descritto condivido ora alcuni consigli pratici per approcciarsi in modo adeguato alla gestione del cambiamento.
Per realizzare un cambiamento creativo (o antifragile) sarà necessario in primo luogo non partire dai bisogni, ma dai sogni. Il primo passo per un cambiamento efficace consiste nel focalizzare e nel condividere una visione sul futuro che preservi dall’adattamento o da uno schiacciamento funzionale sulle esigenze di autopreservazione.
In secondo luogo sarà necessario che i processi decisionali sulle scelte di cambiamento avvengano in modalità decentrata, coinvolgendo tutti coloro che ne sono coinvolti: mettendo in rete le fragilità dei singoli sarà possibile individuare nuove strategie.
Inoltre, sarà necessario far sì che i processi di cambiamento messi in atto non divengano troppo complicati. Una pianificazione eccessiva di grandi progetti toglie respiro ai processi. Mettere in rete le singole fragilità origina organizzazioni complesse, che non devono divenire complicate.
Infine, il modo di procedere dovrà essere caratterizzato dallo stile della sperimentazione: gli errori diverranno informazioni preziose che contribuiranno ad attuare piccole scelte di cambiamento capaci di aprire nuovi scenari che altrimenti non potrebbero essere scorti. Il nostro è un tempo in cui essere liberi di sbagliare, esplorando nuovi modelli e nuovi paradigmi di pensiero e di azione, per creare le condizioni per piccoli ma significativi germogli di cambiamento creativo.
Per queste particolari caratteristiche, oggi, montare su un cammello (ovvero uno stile di gestione del cambiamento creativo e antifragile) è più opportuno che scegliere un cavallo, il quale, se pur più efficiente nell’immediato, risulterà meno efficace nel lungo termine.
a cura di Stefano Bucci
Stefano Bucci è dottore e ricercatore in teologia pastorale, specializzato sui temi della gestione del cambiamento e della creatività. Membro del Centro Studi Missione Emmaus che opera nel campo dell’accompagnamento dei processi di cambiamento di realtà ecclesiali in ambito italiano ed europeo.
Per saperne di più visita:
Sfoglia alcune pagine di “Ci vuole audacia” di don Tonino Bello (edizioni la meridiana, 2019).
Immagine: La chiave dei campi di René Magritte (1936)