Esserci nonostante la distanza: la sfida di chi educa
Per chi lavora nel sociale occupandosi di storie, vite, relazioni, cura, educazione, il distanziamento non è opzione da contemplare. Eppure, come cooperativa, abbiamo dovuto fare uno sforzo di adattamento allo stato di emergenza su diversi fronti:
- nelle nostre comunità per minori e mamme con figli, dove la distanza non è praticabile si vive pressoché blindati. La quotidianità – cuore ed essenza dell’azione educativa che cerca nella sicurezza della routine di ristabilire un ordine dove l’ordine è saltato – è stata drasticamente stravolta. Soprattutto la scuola, primaria possibilità di recupero ed integrazione sociale, è “saltata”.
- nei nostri servizi educativi aperti al territorio, il servizio per la prima infanzia, le attività ludico-ricreative, l’attività di supporto allo studio sono stati sospesi e l’interruzione ha generato un grande vuoto che si aggiunge a quello lasciato dalla chiusura delle scuole.
Esserci nonostante la distanza
Allora, dopo lo smarrimento iniziale, l’imperativo degli educatori all’interno di questi scenari è stato esserci:
- per i bambini e ragazzi in comunità, abbiamo continuato ad essere famiglia, l’unica possibile in questo momento, a prenderci cura, ad aiutare ad intravedere possibilità, a dedicare più tempo in una prossimità fisica ed emotiva ancora più forte;
- per i colleghi, perché in questa sfida inedita scopriamo ancora una volta che imparare a sentirsi gruppo fa la differenza;
- per i piccolissimi del centro prima infanzia, agli occhi dei quali le educatrici sono improvvisamente sparite, abbiamo ripreso attraverso audio, canzoni, storie, video ad essere una presenza, un suono, una carezza nelle loro piccole vite;
- per i ragazzi del servizio di supporto allo studio che si sono ritrovati privi di uno spazio relazionale utilissimo per raggiungere i loro obiettivi di apprendimento abbiamo deciso di utilizzare gli strumenti digitali a nostra disposizione per creare un ponte, per riannodare i fili, per sostenere la gestione della didattica a distanza, entrando nei loro spazi e nel loro mondo;
- per i genitori che sentono di aver perso le fila, di non riuscire a stare dietro a tutto, non manca il nostro supporto telefonico, lo scambio, l’alleanza.
Anche se sono venuti meno i programmi non sono venuti meno per noi i legami e la responsabilità che il compito di educare richiama.
Per questo anche il tema della didattica “a distanza” ci interroga. Istituti scolastici ed insegnanti si sono mobilitati con estrema dedizione e tenacia e, con gli strumenti messi a loro disposizione, hanno provato a ritrovare modalità di contatto con alunni e famiglie, a ristabilire e riprendersi il proprio compito anche in condizioni di emergenza.
Tuttavia, in questo ribaltamento il rischio di accentuare le disuguaglianze è dietro l’angolo: in questo nuovo spazio virtuale qualcuno resta inesorabilmente tagliato fuori. Si è detto a più voci che a rimanere fuori sono i ragazzi che non hanno gli strumenti tecnologici adeguati, quelli che non possono accedere facilmente alla “rete”, ma, a ben vedere, a restare indietro sono quelli che non sono connessi ad una “rete” di supporto sociale e familiare che adeguatamente li sostiene e per i quali non basteranno le attività di recupero e integrazione degli apprendimenti, perché ciò che è rimasto indietro è la relazione.
Relazione, scambio e fiducia: gli strumenti per colmare la distanza
Dire che la scuola è saltata vuol dire che è venuto meno non un semplice contenitore culturale ma anche e soprattutto il luogo dove fare esperienze “altre” di relazioni con adulti e pari che funzionano come fattori protettivi, in particolare laddove la rete familiare e sociale è carente. Chi già prima era più fragile oggi rischia di piombare in un vuoto relazionale incolmabile, senza coordinate in una situazione di incertezza e di paura.
Relazione a distanza, un ossimoro con il quale stiamo tutti facendo i conti.
L’auspicio e la sfida è dunque che scuola, insegnanti, educatori e tutte le agenzie educative provino ad esserci con ogni mezzo, in modo meno istituzionale e più “anarchico”, sovvertendo gli schemi organizzativi, fuori dai protocolli, dalle piattaforme, dalle nozioni. È necessario immaginare una istruzione-educazione sì virtuale, ma che faccia comunque sentire l’abbraccio e la vicinanza, recuperando il contatto con alunni, ragazzi, genitori, adulti di riferimento e riscoprendo un’alleanza che è quanto mai fondamentale in questo tempo inedito e inaspettato. Solo la relazione, la fiducia, lo scambio possono rappresentare il ponte che colma la distanza.
a cura di Anna Maria Ricciotti
Anna Maria Ricciotti è educatrice, Presidente e Responsabile generale delle comunità di accoglienza e dei servizi educativi per l’infanzia della Cooperativa Sociale Zorba di Terlizzi (BA).
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Immagine: Color Study, Squares with Concentric Circles di Vassily Kandinsky (1913)