Quale scuola ci aspetta dopo il Covid19? Sogniamola come suggeriva Danilo Dolci
In questo momento storico, fatto di sospensione delle relazioni personali “da vicino fisicamente”, di interruzione della condivisione di spazi reali, di interruzione della routine quotidiana dell’essere docenti e discenti, sembra di vivere in una bolla fluttuante nel vento. Poco può una bolla sospinta da forze non controllabili, sospinta con il timore di svanire dimenticata e disperdersi senza lasciare traccia alcuna del suo essere al mondo.
Tante le domande e le emozioni che si accavallano: tra queste la paura che, vivendo in questa bolla, si faccia l’abitudine a rimanere isolati e nel torpore. Si affacciano timori sul futuro immediato, con la consapevolezza che nulla resterà come prima.
In poche settimane le nostre solite abitudini sono state stravolte e famiglie, ragazzi e docenti si sono trovati a gestire nuove situazioni e a concepire la scuola, l’apprendimento e l’insegnamento in forma altra, per lo più inedita.
La didattica a distanza: tra rischi e paradossi
L’affrettarsi nel dare “normalità” e continuità alla vita scolastica con la didattica a distanza, sperimentando, quasi nella solitudine personale o collegiale delle singole scuole, ha generato il proliferare di esperienze anche discutibili per la ricaduta sullo sviluppo delle personalità di bambini e ragazzi, costretti a loro volta a “restare a casa”, lontano da compagni, amici, docenti e attività ricreative, di cui solitamente beneficiavano in orario extrascolastico.
Si è determinato un paradosso: ai bambini e ai ragazzi veniva rimproverato di essere una generazione eccessivamente appartata dalla vita sociale reale, connessa con il mondo attraverso la tecnologia; in questo momento storico viene chiesto loro, invece, proprio di essere connessi per entrare in relazione con docenti e compagni, per avere accesso alle conoscenze da acquisire.
Tanti docenti si stanno prodigando nell’autoformazione, si cimentano nell’uso di piattaforme e applicazioni per essere in contatto con alunni e studenti. L’entusiasmo della sperimentazione, dell’autovalutazione delle proprie competenze si mescola alla fatica, alla preoccupazione e all’inquietudine di non essere all’altezza del proprio ruolo.
Se per la scuola secondaria di primo e secondo grado il compito dei docenti è facilitato dall’autonomia e dalle competenze che i ragazzi già possiedono nell’uso delle tecnologie, per tanti insegnanti di scuola dell’infanzia e di scuola primaria il contatto con gli alunni avviene tramite la disponibilità dei genitori.
Viviamo, in questa modalità di fare scuola, il rischio di “perdere” proprio i bambini le cui famiglie sono più fragili dal punto di vista culturale, quelle “ai margini” della società volta all’efficienza e all’efficacia produttiva.
A chi ha un ruolo educativo il compito di ‘sognare’ il domani
Le ricadute in un futuro prossimo di questo nostro modo di vivere, sia dal punto di vista psicologico e sociale – e, aggiungiamo, anche spirituale – saranno oggetto di studio di tantissimi esperti e valutate con il rigore scientifico che non si può concretizzare nel presente, perché siamo tutti ancora emotivamente coinvolti.
In questa situazione di “certa” precarietà, è lecito dare spazio ai propri sogni per prospettare un cambiamento nel modo di concepire la nostra vita personale, di comunità, di cittadini?
In questo momento matura la consapevolezza che, “dopo”, nulla sarà come prima ed è compito di chi ha ruoli educativi “sognare” e prospettare possibilità diverse.
Quale tipo di sogno individuale e collettivo possiamo elaborare, per dirla come Danilo Dolci? Quale scuola posso e possiamo sognare per il futuro prossimo, quando si ritornerà, e si ritornerà, alla vita sociale fatta di presenza, prossimità, posture, emozioni, contatti, sguardi?
La situazione attuale si concretizza nel nostro “fare scuola a distanza” in modo altalenante, tra vissuti e stati d’animo contrastanti e differenti per i diversi attori: docenti, alunni e studenti, genitori. Tutti i protagonisti agiscono nella realtà e nella relazione insegnamento/apprendimento secondo quello che ciascuno sa e quello che ciascuno può.
Chi ha responsabilità educative ha il compito di ripensare e prospettare scenari che potrebbero essere utopia, ma diventano necessari per un cambio culturale di “rigenerazione sociale”. Scrive Danilo Dolci in “Nessi fra esperienza etica e politica”:
“Comunicare è legge della crescita, è legge della vita. Ogni esprimersi di un rapporto nuovo ci è un frammento della verità. Riconosco me dall’altro, riconosco l’altro in me. Il mio vedere interpreta ogni altro: mi nutre e, guardandolo, lo nutro. Nel rapporto reciproco cresciamo, non solo in conoscenza. La verità diviene, è una conquista continua. La maieutica è condizione e metodo di strutturante ricerca.”
Il dopo, quindi, è volgere una maggiore consapevolezza e attenzione ai processi comunicativi messi in atto in una relazione educativa, non fatta di trasmissione di conoscenze ma di rapporti e dinamiche nella quale la crescita è reciproca, sempre per fare riferimento alla pedagogia di Dolci.
Il comunicare è intimamente connesso alla creatività e ai processi di crescita che sono strettamente collegati tra loro per lo sviluppo del singolo e della comunità in un processo di affermazione del sé attraverso una interazione dialogica continua.
La comunicazione autentica si realizza quindi nell’attenzione maggiore al linguaggio da utilizzare, linguaggio che comprende sia il verbale che il non verbale: la parola si accompagna all’intonazione della voce, alla mimica, alla postura. Il linguaggio verbale si arricchisce della capacità narrativa in divenire, che deve coinvolgere sempre, in modo autentico, gli attori della comunicazione.
Quale scuola ci aspetta dopo il Covid19? Partiamo da un sogno
È lecito sognare quindi una scuola attenta alle parole, parole che costruiscono scenari e futuro nell’ottica nonviolenta; parole che si concretizzano in scelte di apprendimento atte a favorire la creatività e la crescita di ciascuno, ma anche della comunità tutta.
È lecito sognare relazioni dove la bellezza si attualizza nelle scelte di ciascuno e della comunità, dove nessuno rimane fuori, neanche i genitori, e dove l’integrazione sociale è attenta all’autonomia del singolo. Vivere la realtà scolastica come non separata dalla restante comunità sociale per il raggiungimento e la realizzazione di quei valori che sono concretamente prescritti nella Costituzione.
È lecito sognare, in questo momento storico? Penso di sì, perché alimentare la speranza attraverso il sogno che si concretizza è compito educativo a cui, in questo momento, tutti siamo chiamati. Dalle parole che cominciamo ad usare oggi dipenderà il futuro che vogliamo che accada.
a cura di Angela Cosmai
Bibliografia:
Danilo Dolci, Dal trasmettere al comunicare, Edizione Sonda, 2011
Danilo Dolci, Nessi fra esperienza etica e politica, Piero Laicata Editore, 1993
Gabriella Falcicchio, Profeti scomodi, cattivi maestri, edizioni la meridiana, 2018
Angela Cosmai è docente di scuola primaria presso il 2° Circolo Didattico di Bisceglie (BT). È in servizio dal 1983.
Sui temi dell’educare con e per la nonviolenza, puoi sfogliare alcune pagine di “Profeti scomodi, cattivi maestri” di Gabriella Falcicchio (edizioni la meridiana, 2018).
Immagine: Il falso specchio, René Magritte (1929).