Storicamente chi spera è chi attende, chi pericolosamente “aspetta” che qualcuno o qualcosa arrivi a salvare, senza sentirsi impegnato ad essere personalmente spinta e motore.
Culturalmente questa visione dipende da una errata percezione anche del messaggio cristiano – per la verità: un vero e proprio capovolgimento – che ha fatto coincidere questa “attesa” con la rassegnazione. E dunque con l’immobilità.
Nessuna spinta, nessuna testa che si solleva: occhi bassi, mani giunte.
E proprio perché abbiamo sviluppato questa equivocata speranza, che oggi – su più fronti – siamo dissennati dalla disperazione.
Che cos’è?
Scientificamente la disperazione corrisponde alla percezione di impotenza, al sentire che “tanto è inutile” e che al cospetto di ogni moto sfocia nella espressione tanto cara ai cinici: “Chi te lo fa fare?”
Filosofia terrificante che abbonda sulle bocche di quelli sprezzanti, quelli che additano come don Chisciotte quegli altri a cui il vento “soffia nella testa”. Loro, i disperati, hanno bisogno fisiologico di mietere seguaci.
“Chi te lo fa fare?” è una cultura:
quella di chi riconosce che vale la pena solo se “ci guadagni”, vale la pena prendersi a cuore qualcuno o qualcosa solo se il registro delle entrate e delle uscite è in attivo, solo se riguarda i fatti tuoi e non quelli degli altri, solo se hai garanzie e assicurazioni sulla vita e sulle persone.
Insomma: loro sono quelli furbi.
Tutti gli altri sono pazzi. Illusi, visionari, idealisti: tutti gli aggettivi del nostro vocabolario che solitamente adoperiamo per guardare, con tenerezza sì ma anche con compassionevole… disprezzo, quelli che chiamiamo “don Chisciotte” per dire che… fanno ridere.
Eppure, la Speranza così è un equivoco.
Sperare ha la stessa radice etimologica di una parola anglosassone che tutti conosciamo: speed. Coincide con la spinta. Chi spera non attende, si muove, si spinge. Alza la testa e muove le gambe.
Questa “Scuola” nasce per dare voce e visibilità alla “Hope Theory” di Snyder, studioso americano che ha elaborato un costrutto di “Speranza Scientificamente Fondata” che coincide con le competenze dell’azione.
Sì, incanto e azione. Tutte e due, senza contraddizione.
È nata ascoltando i miei studenti all’Università: intelligenti, taluni intelligentissimi, eppure… disperati. Intimoriti dal mondo. Anche quando il mondo è vincibile e non sta aspettando altro se non il loro intervento.
Ho immaginato questa Scuola ascoltando paure “a prescindere”, eredità che noi, figli dei figli del Sessantotto, abbiamo pericolosamente covato: quel senso/non senso che… “tanto non c’è nulla da fare”.
Non è una Scuola per illusi, né Scuola d’illusione.
È Scuola di realtà. Lavoreremo per connettere le storie vere di chi ha vinto i Dissenatori (la citazione è potteriana!) e muovere controcanti alla disperazione.
È gratis.
Roba da matti, secondo quei cinici, anche questa. Lo è perché i testimoni e i maestri che coinvolgeremo sentono la responsabilità di dismettere gli abiti dello spettatore e di stare al “fronte” e non al retrum.
I “matti” che ci hanno ispirato sono tanti e li condivideremo. Erri De Luca e la sua rilettura di don Chisciotte. Morin e le benedizioni del disordine. E poi molti tra scienziati, poeti, matematici e narratori. Ma soprattutto lui: don Tonino Bello, che non stava mai fermo e “a prescindere” stava nella vita scalciando, seppur filosofo e pensatore… non era uno da Cogito-sul-divano.
Con le sue parole ha inizio questa Scuola:
«Oggi si equivoca parecchio sulla speranza. Si pensa sia una specie di ripostiglio dei desideri mancati. Una rivalsa del nostro limite che, mortificato sugli spazi percorribili dai piedi per terra, cerca compensazioni allungando la testa tra le nuvole, o indugiando sulla zona pericolosa dei sogni ad occhi aperti. Una forma di “tiramisù” psicologico, insomma, utile per non lasciarsi travolgere dalla tristezza della vita. Niente di più deleterio. La speranza è parente stretta del realismo.»
Ecco: la speranza è il contrario del destino: è rivoluzione. Sovversione della lamentazione.
Allora non è roba da sognatori, ma roba da muratori.
E questa sì, è una Scuola da muratori! Di braccia che sollevano pesi e li spostano, di gambe e piedi che alzano il sedere e… costruiscono. Costruiscono. Mentre tutti attorno continuano a dire “Chi te lo fa fare?”, vogliamo provare.
No, non perché siamo buoni, o migliori degli altri. Semplicemente: perché non potremmo vivere diversamente. E perché crediamo che… sì, siamo in tanti. Quelli col vento nella testa.
Benvenuti, don Chisciotte.
Hope School è un progetto di ricerca-azione ideato nel 2013 da A. Chiara Scardicchio, ricercatrice di Pedagogia e docente di Progettazione e Valutazione dei Sistemi Formativi e Didattici presso l’Università di Foggia, e realizzato nell’ambito delle iniziative promosse dalle “edizioni la meridiana” grazie ad Elvira Zaccagnino, direttrice delle edizioni e ideatrice di progetti formativi, Monica Filograno, docente di scuola secondaria ed esperta di didattica laboratoriale, e Vittorio Palumbo, educatore, designer e innovatore sociale.
Hope School è ricerca e formazione rivolta agli adulti che alla lamentazione del ‘non ce la possiamo fare’, ‘non ne vale la pena’, ‘chi me lo fa fare’, antepongono il coraggio di fondare scientificamente il proprio sogno, agirlo nel quotidiano e renderlo politicamente possibile, attraverso la creazione di nessi: estetici e pratici, culturali e sociali.
Il fondamento scientifico da cui muove la ricerca è la “HopeTheory” di Snyder, integrata con le ricerche internazionali in tema di resilienza, arte e neuroscienze costruttiviste, gli studi ispirati da Seligman e successori, la seconda cibernetica e le teorie della complessità.
Ispiratori del percorso sono Gregory Bateson, Edgar Morin, Mauro Ceruti, Daniel Siegel, Didi Hubermann, don Tonino Bello, Italo Calvino, Gianni Rodari, Chandra Livia Candiani, Mariangela Gualtieri, Andrea Bajani, Franco Marcoaldi, Franco Arminio, Massimo Recalcati, Erri De Luca, Mario Calabresi, Gabriele Romagnoli, Martha Nussbaum, Nassim N. Taleb, Lorenzo Cherubini (e sì, Jovanotti): catapulte “chisciottimiste”, maestri di ri-scritture del reale.
Hope School da gennaio 2014 ha realizzato un percorso formativo sperimentale e gratuito, durato sei mesi, presso la sede delle edizioni la meridiana; ha dato vita ad una serie di eventi formativi pubblici dentro e fuori la Puglia; ha curato l’evento finale della mostra internazionale “World Press Photo 2015” nella sua tappa barese; ha dato vita, nel settembre 2015, alla I edizione della Hope Summer School, evento residenziale al quale hanno partecipato chisciottimisti da tutta Italia.
Coraggio, Virtù politica e Poesia
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