Cronache dal futuro / 21-01-2021
Continua la raccolta di testi Cronache dal futuro, lo spazio aperto ai ragazzi e alle ragazze che immaginandosi nel futuro raccontano a un interlocutore da loro scelto ciò che hanno vissuto, capito, provato durante i mesi della pandemia che ha imposto di ‘non vivere’ la loro età come i loro coetanei avevano fatto prima. Un tempo diverso raccontato però dai ragazzi attraverso la scrittura e una maschera da loro disegnata. I testi costituiscono un materiale vivo, palpitante e ricco. E ci dicono che “i ragazzi sapranno fare meglio di noi”. Dobbiamo solo ascoltarli. Buona lettura.
Fui costretta a riscoprire la persona che ogni giorno vedevo riflessa allo specchio
Cari ragazzi, oggi la zia vuole raccontarvi un periodo molto “bizzarro” (se così posso definirlo) della mia vita.
Era l’anno 2020, al tempo frequentavo la quarta superiore all’Istituto Turistico “Mazzotti”. Le giornate le trascorrevo come una qualsiasi adolescente: andavo a scuola, studiavo, uscivo con gli amici, viaggiavo… non mi sarei mai aspettata che queste cose così banali da un momento all’altro mi sarebbero state tolte.
La causa? Il coronavirus, un virus scoppiato in Cina che in pochi giorni ha iniziato a fare migliaia di morti.
Come tutte le cose, finché non le viviamo sulla nostra pelle o non ci sono vicine, le sottovalutiamo e non le prendiamo seriamente. Così feci anche io i primi mesi, quando il virus si stava espandendo ma non vi era ancora traccia nel nostro Paese. “In Italia non arriva”: la frase che spesso ripetevo tra me e me. Purtroppo però dopo poco questo virus arrivò.
In poco tempo le vite di tutti noi cambiarono, molti posti nei quali andavamo abitualmente furono costretti a chiudere, le notizie dei mass media erano per lo più focalizzate sulle vittime della pandemia. I letti degli ospedali erano colmi di infetti e la paura di trovarsi presto in quei letti cresceva…
Ecco che tutto si chiude, comprese le persone a casa. Inizia la quarantena.
Non era possibile avere alcun contatto fisico o visivo con le altre persone, se non online.
In poco tempo cominciarono a mancarmi le abitudini quotidiane e tutte le persone che ne facevano parte. Ebbi però modo di “conoscere meglio” le persone che da sempre vivevano con me, ma che nella vita di tutti i giorni ero abituata a vedere al massimo un’ora al giorno.
Passai molte giornate a scoprire: la bravura di mia madre nei giochi da tavolo, la bravura del fidanzato di mia madre ai fornelli e trovai una nuova amica, mia sorella maggiore.
Riscoprii in modo diverso ognuno di loro, ma non solo. Fui costretta a riscoprire la persona che ogni giorno vedevo riflessa allo specchio. Imparai ad apprezzarla struccata, in pigiama e con un’acconciatura inguardabile. Scoprii che aveva inventiva. Decisi infatti di sperimentare cose nuove: in cucina, negli sport e molto altro.
La verità è che, per quanto quel periodo non sia stato facile, mi ha dato molte lezioni di vita. Mi ha insegnato a non abbattermi al primo ostacolo e a trarre il positivo da ogni situazione. Inoltre mi ha insegnato ad apprezzare ogni piccola cosa. Tutto nella vita ha un valore.
La mia stanza mi sembrava una cella
Era il lontano 2020, un anno pieno di sorprese. Se a gennaio mi avessero detto cosa mi aspettava, non ci avrei mai creduto. A fine febbraio il famigerato coronavirus è arrivato in Italia. Nessuno sapeva cosa aspettarsi. Anche io non sapevo cosa pensare. All’inizio veniva descritta come una malattia mortale pericolosissima, poi come semplice virus influenzale.
Verso metà marzo iniziò la famosa quarantena. Non sapevamo quanto saremmo stati isolati. Inizialmente avevo vissuto il lockdown come un’opportunità per dedicare più tempo a me stessa e infatti le prime due settimane feci un po’ di attività fisica, lessi un libro, guardai dei film. Stavo bene, ma poi la scuola, con le lezioni online, divenne sempre più pesante. Ore e ore passate al computer, verifiche e interrogazioni. In più, la mancanza degli amici e del ragazzo iniziava a pesare.
La mia stanza mi sembrava una cella dov’ero prigioniera di me stessa. Comunque mi ritengo tutt’oggi fortunata ad aver passato la quarantena a casa mia e in salute. So benissimo che c’era chi doveva rimanere in ospedale in terapia intensiva o chi stava perdendo i propri cari, senza poterli salutare. Quel periodo è stato utile perché ci ha fatto imparare il valore delle piccole cose: un abbraccio, una lezione a scuola, una passeggiata all’aria aperta, la libertà.
Per questo è importante ricordare il 2020: sicuramente per le vittime, i malati e i veri supereroi che hanno lottato ogni giorno contro un nemico enorme ma invisibile, ma anche per ricordare una nazione prigioniera, ferma.
Pensavo che tutti avrebbero seguito le regole
Figliolo, mi ricordo l’anno del 2020 come fosse ieri. Avevo quasi 18 anni e, a gennaio come tutti gli anni precedenti, pensavo che sarebbe stato l’anno migliore di sempre: il mio anno. Così, purtroppo, non fu. A gennaio iniziarono a parlare del “coronavirus” proveniente dalla Cina, forse, o comunque da Oriente. Voci dicevano che sarebbe stato un raffreddore – magari un po’ più forte, ma pur sempre un raffreddore.
Ad oggi posso dire: “Raffreddore? Magari lo fosse stato!”. In men che non si dica ci ritrovammo – e quando uso “ci” intendo proprio tutti – in piena emergenza sanitaria. Quello che doveva essere un semplice raffreddore divenne pandemia globale. Scuole chiuse, discoteche chiuse – a proposito dei miei quasi 18 anni –, fabbriche chiuse, supermercati aperti solo per i beni di prima necessità e, insomma, il resto era completamente off-limits.
Immaginavo già le famiglie sull’orlo della disperazione. Avevo paura per la mia salute, per mamma e papà, per mio fratello, per i nonni che erano ad alto rischio. Avevo paura soprattutto per mamma che lavorava al supermercato e mi chiedevo come fosse possibile che dovesse andare a lavorare durante una tale emergenza mondiale. Non scorderò mai gli occhi azzurri di mamma quasi annegati dalle lacrime. Aveva paura per lei, per noi.
Era un periodo così difficile che pensavo che tutti avrebbero seguito le regole, ma non fu così. Erano obbligatori guanti e mascherine per andare ovunque (ammesso che si uscisse, chiaramente) e, ancora, c’erano persone che si rifiutavano di farlo.
La popolazione stava uscendo di testa: chi sputava addosso alle persone (perché il virus si trasmetteva per via aerea) e, credimi che è successo, chi sputava sui carrelli della spesa, sulla frutta… eravamo tutti – o almeno quasi tutti – chiusi in casa per un periodo necessario sì, ma interminabile. Le scuole non erano pronte e attrezzate e lo studio diminuì, il lavoro era pressoché inesistente e la gente cominciava a perderlo. La gente aveva paura di morire, si suicidava. Era il caos generale.
Per saperne di più sul progetto Cronache dal futuro, leggi l’articolo introduttivo in cui Raffaela Mulato racconta questo progetto per dar voce ai giovani.
Cronache dal futuro è anche una proposta che vorremmo rendere virale (e virtuosa). Che tu sia un docente, un educatore o un genitore, proponila ai ragazzi e invitali a inviare i loro scritti e le loro maschere per email a informazione@lameridiana.it. Troveranno spazio sul nostro blog, dove saranno pubblicati insieme alla maschera che li accompagna.