5 passi per favorire la concentrazione a scuola: il metodo Evermind
È scomparso nei giorni scorsi Thich Nhat Hanh, monaco vietnamita, un nome che ai più non vorrà dire molto ma che ha fatto della “presenza”, ovvero dell’unione di mente e corpo nel vivere l’esperienza presente, il suo modello di vita, promosso per la prima volta proprio da lui nel mondo occidentale attraverso il concetto di Mindfulness, dunque di consapevolezza.
Occorre meditare per essere consapevoli, dunque pienamente attenti a quanto ci circonda e totalmente concentrati nell’attimo del presente? Per questo grande maestro del nostro tempo, autore di numerose pubblicazioni sui temi dell’attenzione e concentrazione, assolutamente no. Occorre invece educarsi ed allenarsi all’essere “qui e ora” qualsiasi cosa si stia facendo: una camminata, una chiacchierata con amici, mentre si sorseggia dell’acqua o si osserva un panorama.
Attenzione e concentrazione non sono doti o talenti, non sono frutto di una fortunata combinazione genetica, non appartengono a specifiche culture o ad avvantaggiate classi sociali: sono abilità alla portata di tutti che vanno coltivate nella quotidianità, con la certezza che questo tipo di “allenamento” non può che migliorarci nello svolgimento di ogni attività, sia questa personale o professionale, di piacere o di impegno nello studio e nelle nostre relazioni con gli altri.
Allenare all’attenzione e alla concentrazione: il metodo Evermind
Richard Davidson, docente di Psicologia e Psichiatria alla University of Wisconsin-Madison, fondatore e direttore del Center for Healthy Minds, afferma che sono sufficienti tre minuti di attenzione consapevole per un periodo di due settimane per vedere già effetti concreti, misurabili e verificabili sulla struttura del nostro cervello. Certo, l’effetto di questi cambiamenti può svanire se non viene sostenuto nel tempo, ma un’attenzione disciplinata e una pratica continua e consapevole, anche per un tempo estremamente breve, sono alla portata di tutti, pur nella frenesia delle nostre giornate e nella moltiplicazione di stimoli che attraggono contemporaneamente e in direzioni diverse la nostra mente.
La proposta di Evermind è una proposta educativa semplice, essenziale e sostenibile, ma è soprattutto una proposta di crescita personale in quanto noi non siamo quello che sentiamo o proviamo, ma quello che vogliamo, perché un atto è umano solo quando è provocato dalla volontà.
Nascono da questa premessa i 5 passi per favorire la concentrazione a scuola, raccolti nel libro Evermind. Educare all’attenzione e alla concentrazione. Si tratta di 5 semplici passi che docenti e studenti possono compiere insieme per incamminarsi sulla vita che orienta volontariamente la nostra attenzione e, dunque, la nostra capacità di apprendere. Un sentiero che può apparire impervio, ma che si rivela a tratti l’unica vera zona di conforto dentro noi stessi.
5 passi per favorire la concentrazione a scuola
I 5 passi per favorire la concentrazione a scuola, raccolti nel libro Evermind, sono una proposta educativa pensata per le classi, ma permeata di convinzione pedagogica, quella convinzione che vede nella padronanza di sé il pieno raggiungimento della maturità personale.
Le attività proposte possono essere incastrate nelle attività curriculari, ricavando dei brevissimi momenti per predisporsi all’apprendimento che seguirà e creando così le condizioni adatte perché attenzione e concentrazione prendano piede nei bambini e nei ragazzi che ci stanno di fronte.
Eccoli qui di seguito:
- Fermarsi. Il primo passo invita a calmare l’agitazione, smettere di fare, di muoversi, di agitarsi. Per farlo, assumiamo, e chiediamo ai nostri studenti di assumere, una posizione in cui si metta il corpo a proprio agio: schiena dritta ma non rigida, con un atteggiamento vigile; si chiudono gli occhi e si respira col naso. Ci caliamo allora nell’esperienza e ci chiediamo: quali sensazioni corporee percepisco? Quali suoni? Quali pensieri mi chiamano altrove?
- Respirare. Dopo essersi fermati, ricerchiamo con i nostri studenti un momento di pace e quiete. Ci concentriamo e chiediamo loro di concentrarsi su qualcosa di presente ma non immobile e mai identico: il respiro. Portiamo l’attenzione sul processo di respirazione: non lo controlliamo o manipoliamo, ma rimaniamo attenti al suo ritmo; seguiamo e invitiamo a seguire ogni singola inspirazione, ogni singola espirazione.
- Sentire. Fermi, concentrati sul proprio respiro, entriamo in contatto con il nostro corpo: sperimentiamo l’attenzione ai suoi segnali, alle sensazioni piacevoli o spiacevoli che possiamo provare. È una visita amichevole al corpo, per riconnettersi alle sensazioni provate, anche a quelle più delicate e impercettibili. Per facilitare questo passo, proponiamo agli studenti di seguire il tocco dell’aria che entra ed esce dalle narici, oppure la sensazione dell’addome che si abbassa e si alza, della gabbia toracica che si espande e contrae.
- Non perdere il filo. L’esperienza di concentrarsi è come un mettere a fuoco l’obiettivo della mente: permette di vedere chiaramente l’oggetto verso cui si dirige l’attenzione. Dopo esserci focalizzati sul respiro, dunque, bisogna fare in modo che l nostra attenzione vi rimanga ancorata: ogni volta che ci si accorge che la mente divaga, se ne allontana, c’è bisogno di ricondurla all’oggetto di attenzione, di riportarla al punto di concentrazione iniziale. Spieghiamo ai nostri studenti che questo momento, quello in cui la distrazione viene riconosciuta, è un momento di consapevolezza fondamentale. Riportarla indietro richiede un atto gentile ma fermo, senza troppa severità o troppa rilassatezza, in cui trovare il giusto equilibrio e il giusto tipo di impegno.
- Vedere e non pensare. Invitiamo i nostri studenti, dunque, a prestare attenzione alle sensazioni fisiche che provengono dal corpo, come i punti di contatto con il pavimento o la sedia. Invitiamoli poi a porre attenzione ai suoni che giungono dallo spazio esterno in cui sono immersi, riconoscendoli nel loro timbro e nel loro ritmo; infine, invitiamoli a portare l’attenzione ai pensieri che attraversano il loro spazio di consapevolezza.
Il percorso si conclude così: al suo termine, la mente sarà di nuovo “fresca”, “leggera”, nella migliore condizione per riprendere il normale svolgimento delle attività scolastiche e tornare ad apprendere.
a cura di Davide Antognazza
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Davide Antognazza è pedagogista, studioso e ricercatore sulle tematiche dell’educazione socio-emotiva e applicazione degli studi sull’intelligenza emotiva e sulle life skills nella formazione degli adulti. È docente ricercatore senior presso il Dipartimento formazione e apprendimento della SUPSI di Locarno.
Per approfondire, ti consigliamo la lettura del libro Evermind. Educare all’attenzione e alla concentrazione a cura di Davide Antognazza e Monica Pongelli.
Immagine: di Matese Fields su Unsplash.